L'utopia minacciata della Chiesa olandese di Carlo Falconi

L'utopia minacciata della Chiesa olandese LA RINUNCIA DEL CARD. ALFRINK L'utopia minacciata della Chiesa olandese La lettera con cui il cardinale Alfrink, primate d'Olanda, ha annunciato due giorni fa ai suoi diocesani di aver presentato a Paolo VI le proprie dimissioni da arcivescovo di Utrecht per raggiunti limiti d'età non poteva riuscire più drammatica, pur avendo voluto evitarlo ad ogni costo. Egli ammette infatti anzitutto di aver atteso fin quasi alla vigilia del suo settantacinquesimo compleanno di soddisfare tale obbligo, lasciando cosi intendere di aver voluto rimanere al proprio posto di combattimento sino all'ultimo. Subito dopo poi dà via libera a tutte le apprensioni per quel che dovrebbe seguire al suo gesto: «Nel prossimo futuro saranno prese decisioni importanti sull'avvenire della nostra vita religiosa. Vi chiedo di pregure affinché lo Spirito Santo animi coloro che decideranno in merito alla futura direzione dell'arcivescovado di Utrecht». Evidentemente egli non ha alcun dubbio sulla pronta accettazione delle sue dimissioni. Non solo, ma è chiaro che le «importanti decisioni» accennate debbono essere tali, per quanto gli è già noto, da costituire un'autentica svolta nella sua Chiesa e cioè una drastica retrocessione nelle posizioni preconciliari. Secondo il suo stile, niente di personale in queste indirette decorazioni. Alfrink è stato senz'altro uno dei cardinali più in vista dai tempi di Giovanni XXIII ad oggi. Per questi quindici anni, le cronache hanno registrato quasi di continuo il suo nome. Ma iiessuno ha mai potuto accusarlo di cercare il primo piano o l'applauso, tanto meno poi di sfruttare le situazioni di antagonismo indiretto in cui fosse venuto a trovarsi suo malgrado nei riguardi dell'attuale pontefice. Il suo atteggiamento ha persino fatto credere ad alcuni che fosse soltanto il cireneo cli una situazione più forte di lui e che condividesse appena qualcuno degli obiettivi perseguiti dai suoi correligionari e connazionali d'avanguardia. Cosi come altri pensarono e pensano che egli si sia semplicemente quanto meritoriamente assunto il ruolo di mediatore fra la sua Chiesa e il vertice vaticano. Ma solo non conoscendolo o non conoscendo certi suo: interventi pubblici, estremamente equilibrati ma talora di un'amarezza estrema e insieme di un'aperta der.uneia per eerti metodi romani, si può fraintenderlo a questo modo e credere in particolare ch'egli si attardi orò a commuoversi esclusivamente sul suo forzato ritiro Alfrink invece è soprattutto affranto di dover lasciare la direzione della sua Chiesa nel momento più critico della sua storia contemporanea, un momento che la trova paralizzata all'esterno dai continui divieti vaticani alle sue iniziative (i Catechismi e le riforme liturgiche, la faeoltatività del celibato ecclesiastico, ecc.) e minata all'interno dalla presenza di una minoranza che Roma è riuscita a introdurre come un cavallo di Troia nel corpo compatto del suo episcopato (i due vescovi conservatori di Rotterdam e Roermond). Battutasi con estrema energia fino a qualche anno fa. la Chiesa olandese non ha ceduto però soltanto sotto i colpi di catapulta ricevuti da Roma, ma anche per l'isolamento in cui ha finito per trovarsi in seguito al voltafaccia di alcune Chiese sorelle. Soprattutto dopo il cedimento di quella francese, conquistata dalle blandizie preferenziali accordatele da Paolo VI, quando solo sulle sue forti strutture poteva fare affidamento per offrire il prototipo dell'ecclesiologia della Chiesa locale, l'Olanda non può non avere i giorni contati. Cosa possono significare per lei, infatti, l'appoggio della Chiesa belga, o meglio del suo primate, o le mani tese da lontano dell'America e dell'Africa? Il suo destino prima o poi è di finire sommersa. Ora che « il dito del cardinale nelle dighe » non fermerà più la pressione dirompente dell'acqua, chi potrà più illudersi delle sorti che attendono il grande esperimento di democratizzazione e di responsabilizzazione egualitaria attuato dalla Chiesa d'Olanda specialmente attraverso le strutture del suo Consiglio pastorale? Il cardinale Alfrink, tuttavia, non ha lottato negli ultimi quindici anni soltanto per la spregiudicata ma idealistica avventura della Chiesa olandese. Egli è sempre stato consapevole di lavorare contemporaneamente anche per la Chiesa universale e per la stessa Chiesa romana, sollecitandole con l'esempio della sua comunità a quelle trasformazioni che il Concilio giovanneo ha fatto intravedere come decisive per le sorti dell'incontro di salvezza col mondo. Un'utopia troppo bella per essere vera? Forse. Ma a un capo onesto e idealista come lui, che è sempre stato pronto a pagare di persona, nessuno, anche se avesse errato, può negare l'onore delle armi. E al paragone può far rabbrividire il pensiero che altrove si possa credere di salvare tutto, nel grande caos odierno, con una semplice sostituzione di persone. Qualcosa di simile, come è stato detto, a uno spostamento di poltrone sulla coperta del Titanic. Carlo Falconi Il dil Alfik Il cardinale Alfrink

Persone citate: Giovanni Xxiii, Paolo Vi