Come vivere con la boniba

Come vivere con la boniba LA "CONDIZIONE ATOMICA» HA TRENTANNI Come vivere con la boniba La psicoanalisi ha insegnato a vedere la guerra come una malattia: è il tentativo di esportare in altri il male che è in noi Franco Fornari: «Occorre cambiare radicalmente l'uomo, i suoi simboli, le sue abitudini e anche la sua immaginazione» Milano, luglio. La guerra, si elice, è una malattia. Ma basta la paura atomica per curarla, negli accessi di lebbre più alta? Vicino al sofà eli uno degli psicoanalisti italiani più noti. Franco Fornari, cerchiamo una risposta che scavi dentro l'antica distinzione amici-nemici. «La condizione atomica — dice Fornari — è oggi più chiara che mai, più presente nei problemi collettivi; non con la minaccia della distruzione, piuttosto con la necessità di cambiare radicalmente l'uomo ». Dalle prime angosciose reazioni di moralisti e scienziati dopo lo scoppio di Hiroshima, esattamente trent'anni la, il modo di considerare la bomba si è evoluto anche per merito della psicoanalisi. Oggi non vale essere apocalittici, cioè predicatori della distruzione; bisogna essere realisti, convivere con la bomba, come con lo strumento per paradosso più utile al cambiamento delle strutture sociali e psicologiche, Fornari ha scritto numerosi libri sull'argomento (Psicoanalisi della guerra atomica, Dissacrazione della guerra;; è uno degli autori più citati, e più cari agli iniziati. La sua chiave per interpretare la violenza e l'atomica, fabbricata e rifinita una decina d'anni fa, è calata nella tradizione freudiana con accenti assolutamente personali. La guerra è una forma paranoica che colpisce i gruppi e le nazioni: i cittadini « esportano » sul nemico il male che è in loro; e nel modo cruento dello I scontro si liberano e si giù- \ stificano. L'arma atomica, che rende I possibili le più deliranti fan- : tasie distruttive, obbliga gli I uomini, se non vogliono ve- I rire tutti, a « reimportare il conflitto », li costringe cioè a convivere col loro male, con le nevrosi e le incertezze. Ma è possibile? Che giorni prevede lo psicoanalista per la società, posto che non è facile né utile stendere tutti gli uomini (politici in testai sul lettino delle confessioni liberatrici? « La condizione atomica ci costringe a cambiare i nostri modelli, a rivedere le nostre fantasie ». Fornari ri¬ pesca nell'antichità, nella storia fatta per simboli. « Nell'Egitto dei faraoni l'unico realista era il contadino del Nilo, che si basava per le sue previsioni sulle coordinate spazio-temporali, sulle alluvioni, sul limo, sui cicli di fertilità. Gli altri, i potenti, avevano coperto di miti la realtà per appropriarsela con la forza ». Oggi il contadino del Nilo è l'uomo della civiltà industriale, il quale ha messo definitivamente in crisi la parte « immaginativa » della cultura. La differenza tra la civiltà industriale e Quella preindustriale e preatomica è che la prima ha un obbligo mai rispettato dalla seconda: sottoporre continuamente a verifica le sue ipotesi e le sue azioni. Per esempio: noi sappiamo che un certo tipo di sviluppo può inquinare l'ambiente, e non facciamo dell'ecologia un mito {almeno, non dovremmo), ma una serie di ipotesi da controllare volta per volta e da seguire con la volontà politica. Questo impegno verso la razionalizzazione del mondo idi cui la bomba, secondo Fornari. è solo una premessa paradossale) contrasta tuttavia con tante vecchie abitudini, con il costume e : la logica dì un uomo preato- \ mico. Perfino tanti giovani quando chiedevano nel '68 l'immaginazione al potere o sognano ora un salto brusco | di strutture sociali, che av- I venga quasi per reinvenzio- I ne fantastica, dicono un afo- ! risma seducente, ma in contrasto con la razionalizzazione della realtà. Un altro esempio storico. Gli aztechi si tramandavano la leggenda di un uomo bianco con la barba che avrebbe portato la giustizia e il benessere; vennero i bianchi spagnoli, che li sterminarono tutti. « Nelle civiltà industriali — dice Fornari. forzando il paragone — una premessa come quella azteca, fondata sul mito e sull'immaginazione, andrebbe subito verificata e cadrebbe». Salvando gli aztechi. Tuttavia chiediamo: è seriamente ipotizzabile una rivoluzione razionale dell'uomo? Potrebbero esserci popoli che rifiutano, più o meno consapevolmente, la scienza. « No — aggiunge lo psicoanalista — anche la Cina ha la bomoa atomica, non ha rinunciato ai risultati tecnologici della razionalizzazione. Se avesse rifiutato la bomba, sarebbe rimasta esclusa dalla storia, non solo per ragioni di potenza ». Fornari da qualche tempo ha aggiunto alla speculazione sull'atomica e al lavoro di analista, anche un diretto impegno nelle istituzioni, nella critica delle microstrutture, come egli dice: le aziende, le scuole, i sindacati. Una domanda che gli pongono spesso i suoi allievi all'Università di Milano è se il sistema capitalistico sia compatibile con la condizione atomica e con la necessità di razionalizzare il mondo. Lui risponde senz'ombra di polemica, col sorriso ironico dello scienziato, da cui si vorrebbe essere contagiati: « La scienza dubita certamente che la proprietà dei mezzi di produzione sia compatibile con uno sviluppo ordinato. Le spinte individualistiche, gli egoismi sociali ostacolano la pace all'interno dei gruppi, esasperano i conflitti, sollecitano forme insopprimibili di invidia ». Scelta razionale Ma nella predicazione sui sistemi egualitari sarà assente, secondo lo psicoanalista, ogni disegno di messianismo e di speranza utopistica: tutto, speranze ed emozioni, va verificato sulla realtà, sui progressi possibili. C'è ima continua riecessità di coesistenza dentro le società e tra gli Stati, che bisogna favorire e accettare con una scelia razionale. Anche il compromesso storico, secondo Fornari, è il segno di una sollecitazione generale alla convivenza. A questo punto, i giovani che rifiutaiio la « condizione atomica ». vedendola come un alibi dell'immobilismo polìtico, sentono che l'analista li ha portati sul confine difficile dei loro vai (ori. delle loro scelte d'azioi ne. Qual è il rapporto tra J ideologia e « immaginazio; ne»? Cioè: in che misura le , ideologie raccolgono la pari te mitica e preatomica delI l'uomo? Tra utopisti e analisti, si capisce, c'è uno scarto di 1 metodo. Osserva lo studioso I : \ | I I ! che ogni ideologia ed ogni scelta politica si realizzano nella persona, in una persona, ogni volta diversa e particolare. Fondendo dentro di sé teoria ed egoismo, l'individuo cerca di rendere « privato » quello che è pubblico. Il contrasto, anche in I una società di uguali, sarà sempre tra il privato dell'uomo singolo e il pubblico delle sue scelte politiche collettive. Per esempio: la scienza è oggettiva, ma appena un uomo (un politico, un barone universitario) se l'appropria, diventa anche soggettiva. « In questo posto, su questa poltrona, con queste idee, posso esserci solo io » dice Fornari. usando, come il contadino del Nilo, le coordinate spazio-temporali. Quale garanzia? Va bene. La sfida atomica ci spinge verso una società razionale e verso la coesistenza di persone uguali: ma come guarire i « primati » della loro immaginazione soggettiva? Detto per noi cittadini: come garantirci contro le prevaricazioni dei potenti, contro l'uso delle armi atomiche da parte dei Capi di Stato? Secondo Fornari. mettendo lutti / dunque, anche i politici) in condizione di riconoscere il proprio lato privato e conoscendolo di esorcizzarlo. E' un bell'impegno di igiene collettiva. Vuol dire la perdita di ogni facile illusio¬ ne redentrice, una dura convivenza con la realtà e con i contrasti che essa (per l'assenza del mito) ci procura. Bisogna, seguendo gli psiioanalisti, accettare che siamo tutti nevrotici perché non possiamo far la guerra; accettare di venire a patti con gli altri, con i « nemici ». I Tanto per dire: la nuova si- i Inazione impone dì trattare \ con gli arabi nella crisi pe- | trolifera. come con interlo- \ cutori di pieno diritto. Essi | non possono più caricarsi, I per liberarci dalla nevrosi, ! del male che è dentro di noi. Violenti idealisti Fornari ha anche proposto dei metodi, una « tecnica R », per aiutare gli uomini ad uscire dai vecchi schemi psicologici. Secondo gli psichiatri americani del Committee on Social Issues è sempre vera la proposizione dell'Unesco che « le guerre nascono nelle menti degli uomini ». I violenti sono « idealisti sognatori » e « mancano di fiducia nella forza del nostro sistema ». E' un malato chi pensa di « far sopravvivere la propria way of life al massacro di un confronto nucleare ». Dopo tutto questo, Fornari è ottimista? Sì, con moderazione. Il mondo spinge i governanti alla saggezza, ma naturalmente non è da escludere il rischio che qualche politico abbia un « privato » troppo geloso delle sue prerogative. Non è da confinare nella fantascienza il pericolo che qualche responsabile, cui è affidata la stanza dei bottoni nucleari, improvvisamente « impazzi sca ». « Diventare matto pei un governante è più pericoloso oggi di una volta. Pericoloso per l'umanità ». In un film di Kubrick, Il dottor Stranamore, c'era un generale che impazziva, perseguitato dall'idea che il nemico lo volesse avvelenare, anche inquinandogli l'acqua potabile. Spiega lo psicoanalista: « Ci sono dentro di noi dei simboli che ci possiedono. Nella pratica analitica c'è il caso di chi ha paura di andare in tram: quando si chiudono le porte crede di soffocare. Egli, sappiamo, assegna al tram il simbolo di un'altra cosa, magari del grembo materno dov'era rinchiuso. Ma il simbolo scatta anche sotto l'apparenza più normale e controllata. Un mio conoscente, un intellettuale filocinese, andò in Cina. Apprezzò il Paese e la cortesìa degli abitanti. Quando si mise a tavola e vide i cinesi mangiare, gli venne irresistibilmente l'idea che mangiassero bambini. E non potè più restare un minuto a Pechino. Ecco un esempio di reazione privata, dove la razionalizzazione è sconfitta dall'immaginazione ». Fornari ci pensa su e fa una smorfia: « Al fondo della storia, io vedo sempre la minaccia di Hitler. Sono ottimista, ma da Hitler nessuno ci garantisce mai del tutto ». Stefano Reggiani Robert Oppcnheimer, «padre» della bomba atomica, accanto al suo maestro Albert Einstein (Archivio La Stampa

Luoghi citati: Cina, Egitto, Hiroshima, Milano, Pechino