La società e i partiti

La società e i partiti DOPO IL 15 GIUGNO La società e i partiti I problemi avveri iti oggi nella società italiana in trasformazione sono molti, complessi e diversi da gruppo a gruppo sociale, talvolta coincidenti fra di loro e talliii ra in conflitto, a seconda delle vicende della con-jtgiuntura storica ed economica. E' chiaro chi in tali circostanze capdtzsia necessaria una esatta e aggiornata conoscenza di questa dinamica, e delle tendenze di fondo che essa esprime, perché un partito sia posto, nel nostro Paese, in condizione di definire una linea politica a medio e lungo termine. Considererò quindi la condotta seguita da alcuni partiti italiani in questi ultimi anni, per sottolineare il modo in cui essi hanno tenuto conto di questa complicata situazione di problemi. una considerazione scientifica «neutrale» e « obiettiva » dei fatti, che in questo contesto non " pensabile. scpstulspsrctd, d11 mio discorso riflette ovvia-| dmente una visione politica per-1 sonale e non si fonda sopra j Ue1 partiti considerati sono laicde, il psi e il pei. Questo non Idsignifica che i partiti minori non abbiano dato un notevole! contributo di idee al dibattito politico; ma la loro presa rea- ] le sulla società italiana è ridotta, sia per motivi storici e sociologici specifici per ognuno di essi, sia per una generale condizione della nostra società italiana, per la quale certi simboli tradizionali, sulla natura dei quali converrà ritornare con maggior cura in diversa occasione, sembrano provocare una polarizzazione dei consensi verso quelle formazioni politiche che sono in grado di evocare con più forza questi archetipi della cultura tradizionale italiana. La condotta politica della de va considerata in rapporto alle diverse fasi attraversate in questi ultimi trent'anni dalla società italiana. La fase dell'accumulazione dei capitali industriali e dello sviluppo economico ha visto la de assecondare passivamente questo processo garantendo, come partito di maggioranza, un quadro di ordine istituzionale, entro il tiuale esso si è svolto per forza propria rispettando la logica dell'economia di mercato. E' stata questa la fase «positiva» della gestione democristiana, anche se nello stesso periodo nessuna misura veniva programmata per far fronte alle conseguenze negative possibili e prevedibili del rapido processo di espansione, dal quale d'altronde ha tratto giovamento, in misura diversa, l'intero Paese, Ma la situazione di «bipartitismo imperfetto», che escludeva per motivi interni ed internazionali l'accesso al potere .ill'opposizione comunista, impedendo il ricambio del gruppo dirigente, ne provocò (e non poteva essere diversamente) un processo di sclerosi e di involuzione, al quale contribuì notevolmente una caratteristica tipica della cultura nazionale: il particolarismo e la struttura clientelare del potere politico, che ha antiche radici storiche e porta alla confusione degli interessi pubblici e privati. Questo ha prodotto un progressivo distacco dei centri di decisione politica della de dai problemi reali della società italiana ed una costante | degradazione nel funzionameli- ] io delle strutture amministrative e politiche. , ★ ★ I Questo tipo di gestione ha portato alla fine assai vicino alla paralisi totale dell'appara-jto dello Stato, scontentando ogni categoria di cittadini: la classe borghese imprenditoriale e la piccola borghesia per il disordine e la disorganizzazione; il ceto medio radicale per le assurde ed offensive campagne contro l'esercizio delle libertà civili, e il disprezzo ar-rogante per gli strumenti crLtì-(ci dell'opinione pubblica i qua li, come la stampa, sono largamente influenzati da questo stesso gruppo sociale; e le nuove formazioni emergenti della «classe operaia» e il sottoproletariato per la mancata at¬ possibile accontentare lutti, la de ha dimostrato, in quésti ultimi anni, di sapere scontentare tutti, salvo i clienti, più o meno fedeli. In queste condizioni, ciò il fatto che il 2 per cento inazione di talune riforme fon- lamentali. Se è vero che è ini-ile stupisce non è la ile abbia perso dei suoi voli 2 nelle ultime elezioni, ma che la perdita non sia stata maggiore. II psi si è battuto con forte tensione ideale per i diritti ci- vili, come interprete privilegia-to delle istanze del ceto medio radicale. Ma la sua azione per to delle istituzioni, già di pei contro ha dato l'impressione, abilmente sfruttata dagli oppositori, di ostacolare con dubbi e ripensamenti, e talvolta senza una reale giustificazione, il regolare funziomimen- se stesso carente, e che sta ,1 cuore non solo alle categorie privilegiate, ma anche a larghi settori di lavoratori dipendenti, che sono fra i maggiori utenti dei servizi pubblici dello Stato e che pagano le tasse per tutti. Questo atteggiamento del psi deriva da una certa incostanza e mutevolezza di umori, almeno in parte spiegabile con il fatto che questo partito, come il defunto partito d'azione, conta fra i suoi qua dri dirigenti molti intellettuali di grande \alore. E questi, per ]oro stesSi, formazione cul Uir.,|e professionale, sono naturalmente portati al dubbio e alla critica ed a una certa sopravvalutazione del momento concettuale dell'esperienza, che si esprime spesso nel tipo di linguaggio usato, molto o scuro, * + | ] , I La conseguenza ne è cb talvolta essi sembrano modellare l'immagine della realtà sociale sulla misura dei loro personali problemi di intellettuali radicali del ceto medio, mostrando una sorta di «disattenzione selettiva» per quei problemi della società civile che sono più lontani dai loro. Questo fatto, assieme ad una netta dissonanza fra gli ideali proposti e certe pratiche di sottogoverno, ha suscitato un senso di irritazione e di sfiducia anche in quei ceti che sono più aperti alle istanze innovative proposte dal psi. Questo fatto e stato pagato dal partito con una crescita elettorale assai minore di quelle che erano le sue aspettative. Il pei, a differenza delle altre parti politiche, ha mostrato invece, in questi anni, di tenere in gran conto i dati reali della situazione italiana. Questo è dovuto in larga parte all'organizzazione interna del partito. Una bella ricerca di Alberoni, Capecchi e altri, del 1963, metteva in evidenza come, già a quel tempo, si era venuta formando una nuova generazione di attivisti del pei, assai meno dogmatici^ e settari e assai più preparati e informati dei loro predecessori più anziani. Questi giovani erano allora, e lo ^ono ancor più oggi, in condizione di far affluire ai centri decisionali del partito quel complesso dettagliato e articolato di informazioni, senza il quale non si fa politica in alcun luogo, e tanto meno in Italia. La politica del pei è risultata così molto più aderente alla situazione italiana, accettando la lezione togliat tiana. E' certamente più facile, data la complessità dei problemi italiani, muoversi all'opposizione che non al governo; ma è certo che il pei ha ricevuto, per questa sua sensibilità per i problemi reali e non illusori della società italiana, una larga massa di consensi, che non sono solo il frutto tli un irrazionale moto di protesta, ma la dimostrazione concreta che questo atteggiamento è stato apprezzato anche in settori assai lontani dal suo elettorato tradizionale. E' vero che nel pei esistono ancora due anime, solo una delle quali appartiene alla tradizione democratica, e che non è ancora certo quale di queste ,i prevalenza; j avrà gno profondo e duraturo in (questa grande formazione poli Ila finema e anche vero che trent'anni di esperienza a stretto conlatto con i problemi della società italiana, e la tradizione culturale particolare del pei, con le sue componenti storicistiche e gramsciane non possono non aver lasciato un so- tica Questo | rocesso di trasformazione, che sembra allontana re il pei dalle sue originarie tradizioni dogmatiche e dalle sue compromissioni staliniste di un tempo, è dovuto in larga j parte ai suoi giovani militanti 1 E' chiaro ormai che la giovane generazione, entrando nella vita politica attiva del Paese, vi sta portando un'aria nuova. Ciò fa sperare nella possibilità che vengano finalmente sanati o corretti alcuni dei nostri mali piìi antichi. Ira i quali il maggiore è forse la carenza di senso sociale che deriva da una antica tradizione di familismo l- di particolarismo. E questo è un motivo di notevole con¬ e - forto PL'r 8*' uominl delIa 110 j slra generazione, che non so o 1 no st;ltl C1,1WC1 cli lilnU)r | Carlo Tullio-Altan

Persone citate: Alberoni, Capecchi, Carlo Tullio-altan

Luoghi citati: Italia