La Stampa - Consultazione Archivio

Come incisero Ferrari Come incisero Ferrari (Dal nostro inviato speciale) Brescia, 18 luglio. Il fascista Angelo Papa, che i camerati chiamavano «il divino Angiolino», trema. Dopo le diciotto ore complessive di interrogatorio nel carcere di Cremona e le agghiaccianti rivelazioni fornite ai magistrati sul «maggio nero» di Brescia, è dominato dalla paura. Incriminato per la strage di Piazza della Loggia, questo personaggio del terrorismo neonazista non è tanto spaventato dalla prospettiva dell'ergastolo quanto dalla possibilità che qualcuno lo «faccia fuori». Come, non lo sa nemmeno lui. Ma le sue notti sono piene di incubi. Tenuto sotto pressione per un paio di giornate, Angiolino Papa ha finito col raccontare molte cose al giudice istruttore Domenico Vino ed al p.m. Francesco Trovato. Dopo un lungo, paziente lavoro, i due magistrati si sono resi conto che questo componente del manipolo fascista bresciano, legato saldamente a Ermanno Buzzi, era l'uomo-chiave per I penetrare nei retroscena del¬ l'eccidio di Piazza della Loggia. Angiolino Papa ha infine parlato tanto, incalzato dalle esortazioni del giudice istruttore e del pubblico ministero. Ma non ha detto ancora tutto. E' arrivato a rivelare, negli ultimi momenti di quell'interrogatorio-fiume, che erano otto, e non sei, i terroristi neri che formavano il commando della strage di Brescia. Si è soffermato piuttosto a lungo sui primi, già in carcere, ma quando si è trattato di raccontare qualcosa di quei due che ancora mancano all'appello si è bloccato, è piombato nel silenzio. Inutile, per il momento, qualsiasi insistenza: Angiolino Papa non ha fatto nemmeno conoscere i nomi dei due fascisti che sono riusciti a sottrarsi alla rete dell'inchiesta. «Io non so chi siano, quelli là, non state a domandarmelo». E' evidente che, a questo punto, dentro Giuliano Marchesini (Continua a pagina 2 in sesta colonna)