Montale esplora uomini e paesi di Carlo Carena

Montale esplora uomini e paesi «Fuori di casa», prose di viaggio dopo cinquantanni di poesia Montale esplora uomini e paesi Eugenio Montale: « Fuori di casa », Ed. Mondadori, pag. 290, lire 4500. « Almanacco dello Specchio », n. 4, Ed. Mondadori, pag. 431, lire 4000. Si festeggiano in queste settimane i cinquant'anni di Montale poeta: nel giugno del '25 uscivano a Torino, editore Piero Gobetti, gli Ossi di seppia. E si festeggiano meglio che in ogni altro modo con l'uscita di un mazzetto di nuove poesie inedite, del '73 e '74, sull'Almanacco dello Specchio, e con la presentaz. .ie a più vasto pubblico di un volume già apparso nel '69 da Ricciardi, e ora nella collana dei prosatori italiani e stranieri di Mondadori. Fuori di casa contiene le prose di viaggio scaglionate in anni, dal '46 al '64, per lo più di silenzio poetico, tra Finisterre, la Bufera e Satura. Prose nate a fianco del lavoro giornalistico di Montale. Non sono « servizi », non ne hanno l'urgenza, ma piuttosto impressioni e riflessioni di diversi Paesi, visitati in occasione di conferenze, convegni e premi letterari, o più semplicemente per vacanza. Montale non fu mai un poeta sedentario, di quelli cui basta il giro della propria stanza, se non quando il dolore imponeva una concen¬ trazione totale, come in Xenia. Genovese, fiorentino, milanese, anglofilo, francofilo, colma le sue liriche di alberghi e paesaggi; città e mari via via e sempre più assumono valori simbolici o, nelle prò- i se, soddisfano una curiosità umana e civile, eccitano una capacità di penetrazione, addentrano nelle varietà del mondo. C'è la possibilità di cogliere più distesamente, nelle prose, procedimenti e spunti che si travasano, addensandosi fulminei, nei ver- ì si: si veda il Viaggiatore so- \Mario in apertura di questo i volume, che ha ormai una famosa, ma non meno stupefacente rispondenza col Vento sulla Mezzaluna della Bufera: ne mostra il punto esatto di partenza e ne porge divertitamele il drammatico interrogativo. Il distacco dalle cose, e insieme un beato abbandono ad esse, un godere della verifica dei luoghi comuni, è il filo conduttore di queste brevi prose. Aperte con le amatissime Cinque Terre — il paesaggio più montaliano che ci sia —, si chiudono con un incontro a Venezia col figlio di Stravinsky, Teodoro, scrittore e poeta a sua volta: e in mezzo, tutte le mete dei viaggi sentimentali dei bravi europei, anche dei turisti intruppati, e contatti più o meno fuggevoli con alcuni dei maggiori scrittori del dopoì guerra, da Mauriac a Auteuil, sempre svogliato e tagliente, a Auden pel di carota in un ristorante della Prezzeria e mentre s'imbuca in un aereo a Linate. Viaggiatore solitario anche ne gruppo dm suoi colleghi dellUnesco, Montale ripete pure qui il suo isolamento di poeta, con la diffidenza istintiva per le masse, con l'immersione nel proprio tempo e il confronto coi suoi personaggi e le sue tappe ma con l'insofferenza costante \ per i suoi dogmi e disinteres se per le sue ideologie: di qui forse l'ammirazione, anche mescolata di bonario umorismo, per l'Inghilterra, e certe sottolineature ironiche, se non maligne. E' questo che gli permette un'immissione pacifica e nient'affatto ingombrante di cultura là dov'è inevitabile ma pericolosa, nella Normandia di Flaubert e nella Camargue di Mistral, lungo la via Sacra di Delfi o nell'Olimpia di Pindaro, ma anche nel banale assaggio di una specialità locale o nell'intaglio di un ritrattino dei frequentatori di Saint-Moritz. Ed è così che le prose montaliane acquistano una vivacità estrosa che le trattiene al di qua della « prosa d'arte », insidia abituale dei poeti. Montale, che non ha nessun bisogno di altri, non conosce l'enfasi della parenesi, monologa continuamente an- che in queste prose davanti a presenze estranee. Vorremmo controllare su un alto metro, com'è inevitabile in questo tipo di letture, delle impressioni anche nostre; e alla fine ci accorgiamo che stiamo solo frugando in una biografia a cui, noi sì, non possiamo rimanere estranei. Perché anche nei taccuini ritroviamo, dentro la saldezza di una civiltà e di una cultura, l'inquietudine formicolante del mondo montaliano, scaturigine dei suoi tocchi più personali e felici. Ne grondano ancora le ultime poesie adunate nell'Almanacco: ancora ricordi, e incertezze, estraniazioni, consuntivi deludenti, presenze di enigmi e di trapassi, « occasioni » attese e mancate; ancora il grande Montale, più pacificato forse nelle chiusure di bilanci ma, com'egli dice di René Char, anche lui con una fede solo oscura ed I esausta: « Mi hanno buttato I addosso un bianco accappatoio / e una cintura chermi- msoritadiannenaLepemsina è vero I ma la mia giu- sta occlipazione u bandolo I \ lo del Vero , non VhQ tromta senenococel'enol'astdinalecaane bipecommto mai e ingiustamente muoio / sotto i vostri bastoni ». « Un risultato I da prima elementare. Me ne vergogno », ribadisce il poeta in una lirica ancora più fresca, pubblicata nella terza pagina di un giornale nemmeno un mese fa. Le sue insonnie abitate da ri¬ pescaggi impossibili della memoria e dall'orrore di es- j lo libro » sere una cifra abbandonata nel grande Calcolo, riempiono ancora il recinto orlato di cocci di bottiglia o, come dice ora, « l'infinita I bolla dell'esistibile ». Come si vede, non si può non rimandarsi dall'una all'altra, pur con tutte le distanze di tempi, luoghi e modi, alla lettura di ogni pagina montaliana: non solo per le evidenti, continue giustificazioni esistenziali e poetiche anche in quelle prosastiche, e per le rispondenze cui abbiamo accennato; ma pure per la contorta o lineare ma continua propagazione dei motivi. Dichiarava recentemente il poeta di aver scritto, in cinquant'anni, « un so- Carlo Carena ■

Luoghi citati: Inghilterra, Normandia, Olimpia, Torino, Venezia