I brasiliani hanno imparato a correre come gli olandesi di Bruno Bernardi

I brasiliani hanno imparato a correre come gli olandesi Grazie a Zagalo, tecnico del Botaf ogo I brasiliani hanno imparato a correre come gli olandesi (Dal nostro inviato speciale) Rio de Janeiro, 8 luglio. E noi a che punto siamo? La domanda se la pone « A Gazeta Esportlva », facendo un'inchiesta sul calcio brasiliano, a un anno di distanza dalla « vergonha nacional » di Monaco, La risposta la fornisce un ospite, Parola, che in questi giorni ha fatto una panoramica sul calcio carioca e paulista e che aveva seguito da vicino la Coppa del Mondo '74. «La squadra che vidi sconfitta dall'Olanda e dalla Polonia mi aveva deluso — dice il trainer della Juventus — ma il calcio brasiliano, in dodici mesi, ha percorso parecchia strada, ha compiuto enormi progressi, e me ne sono sincerato vedendo all'opera alcune delle migliori squadre: dal Palmeiras al Flamengo, dal Botafogo al Fluminense al Vasco de Gama. Non ci sono i "fenomeni" di un tempo ma ottimi elementi, per cui non esito a pronosticare, per Buenos Aires 1978, una possibile grande sfida fra Brasile e Argentina per il titolo. I brasiliani applicano un gioco moderno, a "fisarmonica", attaccano anche con i difensori e tutti rientrano ad azione finita. Questo è lo schema del Botafogo, per esempio. Zagalo, che. fu assertore del calcio difensivo, si è convertito a schemi più offensivi ed elastici. Lo stesso fa il Fluminense, al punto che Rivelino appare fermo, superato dai tempi ». Parola ha visto giusto. Zagalo, inventore del «férolho». il catenaccio brasiliano — tendente, con una ragnatela di passaggi, a nascondere la palla all'avversario impedendogli di prendere l'iniziativa, ma assolutamente privo d'incisività —, è ora un tecnico all'avanguardia in Brasile: il suo Botafogo, già finalista del campionato carioca, è stato ristrutturato su un piano tattico moderno che tiene conto, senza snaturare le qualità peculiari dei giocatori brasiliani, della lezione impartita a Monaco dall'Olanda e dalla Polonia. Al rientro in patria, dopo l'insuccesso nella Coppa del Mondo, Zagalo meditò sugli errori commessi in Germania (difensivismo esasperato, l'impiego di Rivelino in cabina di regìa, quello di Jairzinho al centro dell'attacco e dello spento Paulo Cesar in zona di rifinitura), capi che il calcio olandese era il modello da seguire e mise in pratica quegli insegnamenti nel suo nuovo club, il Botafogo: infatti, ora i due terzini, a turno, si sganciano a sostegno dell'azione offensiva, i centrocampisti denotano una grande condizione fisica e, in avanti, gli attaccanti sfruttano, con il loro movimento, ogni zona utile del campo, specialmente gli « out ». « Capii che dovevano crollare certi tabù — mi dice Zagalo —: il giocatore brasiliano doveva, innanzitutto, imparare a correre ed a tenere un buon ritmo per novanta minuti. All'inizio incontrai qualche difficoltà, ma trovai in Dirceu un ottimo collaboratore, un esempio per i compagni, grazie alla sua enorme applicazione. Con gli altri cominciò una lotta durissima: dovevo imporre nuovi sistemi di lavoro, scomodi per alcuni, ma indispensabili. Cioè, una grossa rivoluzione, che diede progressivamente i suoi frutti. Ho cercato anche nelle squadre giovanili di far applicare gli stessi sistemi. Il gioco del Botafogo non è ancora perfetto, ma la squadra sta acquistando una mentalità diversa, meno individualista e più collettiva ». Zagalo guarda con ottimismo verso il futuro, non solo del Botafogo ma di tutto il calcio brasiliano. E aggiunge: « Mi rendo perfettamente conto dell'importanza del mio lavoro e spero che altri miei colleghi seguano questa strada. Ne traverà giovamento anche II "Selecao": sono sicuro che in Argentina, fra tre anni, Il Brasile sarà all'altezza della sua fama passata ». Bruno Bernardi

Persone citate: Dirceu, Parola, Paulo Cesar, Vasco De Gama