Il processo in tribunale per la morte del giovane di "Lotta continua di Vincenzo Tessandori

Il processo in tribunale per la morte del giovane di "Lotta continua Il processo in tribunale per la morte del giovane di "Lotta continua Una ragazza spiega ai giudici di Ancona come due neofascisti assassinarono Lupo Fu un agguato - E' stato denunciato il perito il quale dice di non aver conservato il cuore della vittima (Dal nostro inviato speciale) Ancona, 8 luglio. Denuncia contro il perito settore che eseguì l'autopsia sul cadavere di Mariano Lupo; repentina riapertura del dibattimento con l'ascolto di un teste le cui dichiarazioni hanno illuminato un momento dell'aggressione di grande importanza; ripetuti scontri fra avvocati della parte civile e della difesa; l'aula sgombrata due volte. Il processo per l'uccisione del giovane militante di «Lotta continua» di fronte alla Corte d'assise di Ancona, ripreso dopo alcuni giorni, ha avuto oggi la sua udienza più lunga e forse drammatica. Il mistero del cuore scomparso non è stato ancora chiarito, dunque. Alla Procura della Repubblica, pochi minuti prima delle 9, è stato de¬ positato un documento sottoscritto da Ausilia Reina Bastino, madre del giovane ucci¬ so, con il quale si contestano ai professor Pietro Valli, del l'Istituto di medicina legale di Parma, le dichiarazioni per due volte rese in aula. Nell'esposto viene, fra l'altro, sottolineato un episodio accaduto alla vigilia della seconda deposizione: «Il professor Alfredo Palminiello, primario cardiochirurgo dell'ospedale di Ancona, consulente della parte civile, telefonava al professor Valli per preavvertirlo di portare con sé il cuore del Lupo che, dalla descrizione peritale, risultava conservato. Il medico legale rispondeva di ignorare dove aveva conservato il vasetto con l'organo e che in ogni caso non avrebbe potuto portarlo con sé senza richiesta del tribuna¬ de. Il perito non faceva alcun I cenno alla distruzione del re- perto». L'indomani, in aula, il pro- fessor Valli disse, invece, di aver incenerito il cuore un anno dopo l'autopsia perché aveva ritenuto superflui ulteriori esami. Chiude il documento la formale denuncia del medico per «distruzione di corpo di reato e falsa testimonianza». Copia della denuncia è stata esibita in aula dagli avvocati della parte civile: ha avuto l'effetto di una bomba, ma le sorprese non erano terminate. Il professor Pecorella, della parte civile, ha comunicato: «Si e presentata una persona che ritiene di essere a conoscenza di fatti di estremo interesse per l'episodio davanti al "Cinema Roma", per l'uccisione di Lupo. Si chiama Gianna Fanti. E' in tribunale, disposta, se la Corte lo vuole, a rendere testimonianza». In ogni modo la donna aveva già sottoscritto una dichiarazione di tre pagine che il legale ha consegnato alla Corte. Gianna Fanti, infermiera professionale all'ospedale di Parma, guidava, quella sera tragica dell'agosto 1972, l'auto, una «850» gialla, ch'era sopraggiunta dinanzi al cinema al momento dell'agguato. Nella dichiarazione la donna scrive: «Alcuni giovani, di cui due a torso nudo, saltarono fuori dalla siepe davanti alla mia auto. I due senza camicia aggredirono un altro giovane che veniva a piedi dalla dire zione opposta. Uno lo immobilizzò con un braccio attorno al collo». Seguì una breve colluttazione e poi «quelli a torso nudo lasciarono andare il giovane che fece qualche passo verso il centro della strada e poi stramazzò a terra; vidi i due assieme ad altri correre via». I difensori dei neofascisti sono rimasti disorientati, hanno domandato una breve sospensione per conferire collegialmente. Poi le loro richieste: escludere dal processo la copia della denuncia contro il perito; non accettare la teste oppure ascoltarla ma in tal caso richiamare numerosi altri testimoni già sentiti. «Ci troviamo di fronte a una manovra», ha tuonato uno degli avvocati della difesa. Secca la risposta dell'avvocato Bozzini. «Il collega della sua toga può fare quello che vuole, noi della nostra ne siamo fieri e respingiamo quindi la definizione di "manovra"». Queste parole hanno provocato un applauso e il presi-dente ha fatto allontanare il pubblico. Poi la Corte si è ritirata per discutere sulle istanze. Dopo 25 minuti, la decisione di ascoltare la testimone. Erano le 11,50 quando Gianna Fanti si è avvicinata al pretorio. Con voce, all'ini- zio, rotta dall'emozione, ma via via sempre più sicura, ha confermato il documento, de scritto con esattezza l'agguato. «Quando vidi quelli saltare addosso a quel giovane bloccai l'auto, scesi e tentai di avvicinarmi ma svenni: temevo che avessero aggredito mio nipote, Ezio Sani». La donna ha anche ricordato che venne portata in una casa vicina e che solo più tardi tornò in strada. Presidente — Perché ha deciso di parlare solo oggi? Teste: «Perché avevo paura». — Di che cosa? Teste: «Paura di questa gente. Ma ora non ce l'ho più. Avevo sentito che in giro si diceva che erano loro gli aggrediti, eppure io l'ho sempre sostenuto che quel poveretto l'hanno ammazzato come un cane». Per un'ora e tre quarti la donna ha fatto il suo lucido racconto, tenuto testa alla difesa che, con ogni mezzo, ha tentato di smontarne la deposizione. Ad un certo punto è apparso anche chiaro che i difensori non ignoravano l'esistenza della testimone; fra lei e la madre di Bonazzi, l'accoltellatore confesso, c'era infatti stato «un incontro per un accomodamento». Ha detto a questo proposito Gianna Fanti: «Quella donna mi disse che il figlio si era presa una colpa che non aveva». In apertura di udienza si era presentato Ennio Magnani, accusato di minaccia: il pomeriggio del 25 agosto, mentre camminava con Bonazzi e Tommaselli, incontrò Lupo. Ci fu una discussione e i tre neofascisti dissero: «Il coltello te lo piantiamo nella pancia, stasera ti uccidiamo, i comunisti di Parma li soppor- tiamo, i terroni no». Magnani ha voluto sottolineare che le frasi avevano solo «significato polemico, non minaccioso». Domani s'inizia la discussione: per primi parleranno i difensori di parte civile, avvocati Pecorella, Bozzini, Janni, Boneschi. Vincenzo Tessandori

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