Rilasciato presso Como dopo 55 giorni di Marzio Fabbri

Rilasciato presso Como dopo 55 giorni Rilasciato presso Como dopo 55 giorni Gaggiano: liberato l'assessore Sono stati pagati due miliardi Angelo Malabarba, 65 anni, dimagrito e sofferente, è stato trovato sul ciglio di una strada da un automobilista -1 banditi lo hanno tenuto incappucciato per lungo tempo (Nostro servizio particolare) Milano, 8 luglio. «Mi sembra di resuscitare» ha detto arrivando a casa Angelo Malabarba, 65 anni, assessore all'Urbanistica al comune di Gaggiano e noto imprenditore edile, sequestrato a scopo d'estorsione 55 giorni fa e liberato stamane all'alba dopo il pagamento di un riscatto che si ritiene di poco inferiore ai due miliardi. Sfinito dalla terribile esperienza, i nervi molto scossi, visibilmente dimagrito, Malabarba dopo un breve rapido incontro con i giornalisti si è rifugiato in una clinica privata fuori città dove resterà qualche giorno per riprendersi dallo choc. L'ultimo capitolo della terribile esperienza vissuta da Angelo Malabarba è cominciato stamane verso le 4. Nella cella buia dove ha trascorso questo lungo periodo di prigionia l'anziano assessore ha ricevuto la visita dei suoi carcerieri. Gli hanno legato i polsi e l'hanno caricato su una macchina o su un furgone. Il viaggio è durato parecchio, circa mezz'ora e come al solito i banditi hanno compiuto un percorso tortuoso, per far perdere il senso dell'orientamento al loro ostaggio. Il rapito è stato fatto scendere a terra e come ultimo avvertimento gli è stato imposto di non togliersi il cappuccio prima di avere contato fino a cento. Angelo Malabarba ha obbedito e con una prima occhiata si è reso subito conto di essere stato rimesso in libertà ben lontano da casa. Il paesaggio era ondulato, verde, ben diverso dai piatti campi coltivati della zona di Gaggiano. Per parecchio tempo l'imprenditore ha cercato inutilmente di fermare le auto che passavano. Finalmente Giuseppe Pischeddu, 41 anni, ex carabiniere, abitante a Cavallasco (Como) e autista in un deposito di prodotti petroliferi, si è fermato. «Ero a 9 chilometri da Como, a turate Caccivio, Quando ho visto sul ciglio della strada un uomo scheletrico, la lunga barba bianca, male in arnese che taceva cenni agitati. Ho pensato si trattasse di un mendicante che dopo aver passato la notte nei boschi voleva tornare in paese. Mi ha fatto compassione e mi sono fermato: quello mi ha detto: "Sono Malabarba, il rapito di Gaggiano", ma devo dire che non mi ha convinto del tutto. Comunque l'ho fatto salire e l'ho accompagnato al primo locale pubblico aperto che abbiamo incontrato e ho capito che era proprio il rapito solo quando ho sentito le sue telefonate». Malabarba ha avvertito subito la famiglia che era in attesa, poi, su sollecitazione del Pischeddu ha chiamato anche i carabinieri. L'automobilista ha acconsentito ad accompagnare l'imprenditore edile fino alla sua abitazione di Gaggiano dove, quando sono arrivati, c'erano già i carabinieri di Abbiategrasso e quelli del nucleo investigativo di Milano. Con loro Angelo Malabarba ha parlato appena. La cosa più urgente, viste le condizioni dell'imprenditore, sembrava il sottoporlo a visita medica. In effetti, le sue condizioni fisiche non sono risultate buone e dopo avergli praticato un'iniezione di cardiotonico il medico di famiglia ha consigliato qualche giorno di riposo assoluto. Prima di partire per una clinica privata rimasta sconosciuta Angelo Malabarba ha acconsentito a parlare con i cronisti. «Ora che tutto è finito — ha detto — mi sembra di vivere in un altro mondo». L'imprenditore edile ha detto che i primi dieci giorni di prigionia, incappucciato, senza mai vedere la luce, sono stati i peggiori. «Per tutto quel periodo nessuno mi ha mai rivolto la parola e ho creduto veramente di diventare matto. Poi, piano piano, mi sono abituato e i miei custodi sono anche diventati più umani, parlandomi di tanto in tanto e rassicurandomi sulla mia sorte». Questo particolare ha fatto pensare agli inquirenti che chi faceva, nel primo periodo, la guardia ad Angelo Malabarba fosse da lui ben conosciuto; il silenzio totale sarebbe dunque stato necessario per non tradirsi con una voce nota o con una inflessione dialettale già sentita. «Da mangiare l'ho sempre avuto — aggiunge l'assessore di Gaggiano — soprattutto carne, cucinata in modi diversi. Se sono dimagrito è perché spesso sono stato io a rifiutare il cibo: non ero in condizioni di avere molta fame». Anche su questo particolare della carne l'attenzione degli investigatori si è soffermata. E' chiaro che se i malviventi potevano presentare alla loro vittima piatti cucinati disponevano nei pressi della cella di una cucina attrezzata e il loro rifugio si trovava in un luogo abbastanza sicuro. Altri rapiti sono stati nutriti per lunghi periodi a I pane e formaggio. I carabinieri sono anche convinti che nel sequestro di Angelo Malabarba siano coinvolti personaggi che l'assessore socialdemocratico conosceva, magari per avere avuto con loro relazioni d'affari. Che infatti i Malabarba siano titolari di una solida fortuna non sono in molti a saperlo. Fanno una vita tranquilla e Angelo si concedeva come unico svago la partita a carte in osteria. Se però qualcuno aveva trattato con lui affari, magari per centinaia di milio- ni si era certamente accorto i del patrimonio che stava alle spalle della famiglia e potrebbe avere concepito il progetto del sequestro. I contatti con la famiglia sono stati tenuti per telefono ed è stato il nipote del rapito Carlo a consegnare il denaro; non si fanno cifre ufficiali, ma quella che trova maggiore credito è di poco inferiore ai due miliardi; è stata consegnata in tre rate: i banditi ordinavano di depositare la somma lungo una autostrada e i corrieri non hanno mai avuto la possibilità di vederli. Inizialmente le pretese dei banditi erano folli: 10 miliar di. Poi, una volta pagata la prima rata di 700 milioni la richiesta è stata subito abbassata a 5 miliardi che sono diventati tre al secondo pagamento. Anche la cifra di due miliardi viene smentita, ovviamente, dalla famiglia: «Siamo nell'ordine dei milioni, non dei miliardi», — dice il nipote Carlo, però, subito dopo aggiunge: — «Tutti dovremo lavorare l'intera vita per pagare i debiti che abbiamo dovuto fare». Marzio Fabbri Milano. Angelo Malabarba nella casa di Gaggiano, tra un amico e il fratello Antonio