Il governo argentino dà le dimissioni I sindacati: "Lo sciopero continuerà" di Livio Zanotti

Il governo argentino dà le dimissioni I sindacati: "Lo sciopero continuerà"Isabel Peron si riserva di accettare la rinuncia Il governo argentino dà le dimissioni I sindacati: "Lo sciopero continuerà" (Dal nostro corrispondente) Buenos Aires, 7 luglio. Tutti i ministri hanno posto le proprie dimissioni a disposizione del Capo dello Stato. La crisi che da quasi due settimane attanaglia l'Argentina non è giunta tuttavia all'ultimo atto. La presidentessa Isabel Peron si è riservata fino a questo momento di accettare la rinuncia del governo, che pertanto continua in carica. Evidentemente conserva la speranza di poter risolvere a favore della sua politica un confronto che adesso la oppone apertamente al Paese intero. Il primo dei due giorni di sciopero di protesta proclamato dalla Confederazione generale del lavoro (Cgt), ha bloccato ogni attività. L'Argentina appare oggi il fantasma di se stessa. Ferme le industrie, per il dedicesimo giorno consecutivo, chiusi gli uffici pubblici e tutti i negozi, paralizzato il sistema bancario e quello dei trasporti. Le strade sono deserte. Le riunioni si susseguono frenetiche. Il governo annuncia le dimissioni ieri sera. Poco più tardi, il Ministro del Lavoro, Cecilio Conditti, convoca il segretario generale della Cgt, Casildo Herreras. Gli domanda se la disponibilità alla rinuncia manifestata dal gabinetto è sufficiente per riprendere le trattative e sospendere immediatamente lo sciopero. La risposta di Herreras é pubblica. Uscendo dallo studio del Ministro dichiara: «L'unico modo per evitare lo sciopero è soddisfare le rivendicazioni dei lavoratori: omologare i contratti collettivi di lavoro ed espellere dal governo i responsabili dì questa situazione ». Vuol dire no. Lo scontro è irreversibile. La signora Perón non esce dalla residenza di Olivos, nei sobborghi della capitale federale, protetta da un ferreo dispositivo di sicurezza e dai ministri più fidati. Lopez Rega è al suo fianco. Il clima è teso, avvertono i pochi che vi hanno accesso. La presidentessa riceve nuovamente i dirigenti della Cgt nelle prime ore del pomeriggio: Casildo Herreras e il leader dei metallurgici, Lorenzo Miguel, stavolta non fanno dichiarazioni. « Vi diremo all'uscita », rispondono ai giornalisti che stazionano all'ingresso della residenza presidenziale. Muti («la crisi è politica, a noi compete soltanto vigilare sulla sicurezza della Nazione»), se ne stanno anche i comandanti in capo delle forze armate, che da ieri stanno però permanentemente riuniti, con i soldati consegnati nelle caserme. C'è andirivieni anche al congresso. I gruppi parlamentari dell'opposizione al Senato sino riuniti. Per domani era previsto l'esame del disegno di legge sulla riforma del sistema di successione alla presidenza della Repubblica, in caso di rinuncia dell'attuale capo dello Stato. Dichiarazioni ufficiali non ve ne sono. Ma dai commenti fatti sottovoce se ne ricava che la richiesta di dimissioni del governo è pressoché unanime. Solo pochi parlamentari giustizialisti mantengono l'appoggio ad un gabinetto che i più identificano con il ministro Lopez Resa prima ancora che con il capo dello Stato. Come era prevedibile, il mi- i nistro della Previdenza sociale, José Lopez Rega, segretario particolare del generale Juan Domingo Perón ancora nell'esilio spagnolo e adesso della vedova, si è convertito nell'elemento irriducibile del contrasto, latente da tempo ed esploso incontenibile nelle ultime settimane, tra il ristretto gruppo al potere e il grosso del movimento peronista oltre che dell'opposizione tutta. Inevitabile per le pressioni cui è sottoposto, la sua rinuncia è al tempo stesso resa problematica per i vincoli che lo legano alla presidentessa della Repubblica, della quale è senz'altro il consigliere più ascoltato e forse è anima politica. Senza risolversi in essa, la crisi argentina passa inevitabilmente per la figura di Lopez Rega, mentore involontario della catarsi di un movimento che cerca di sopravvivere al suo fondatore. Dalla sua decisione a fron teggiare la marea oppositri- ce, come da quella della presidentessa Isabel Perón, dipendono le sorti immediate dell'Argentina. Quelle future obbediscono alla logica di una crisi strutturale che pre- scinde dai odierni. suoi protagonisti Livio Zanotti

Persone citate: Cecilio Conditti, Isabel Peron, José Lopez Rega, Juan Domingo, Lopez, Lopez Rega, Lorenzo Miguel, Rega

Luoghi citati: Argentina, Buenos Aires