Errori in politica agricola così air Est come all'Ovest

Errori in politica agricola così air Est come all'Ovest Le conclusioni del convegno di Urbino Errori in politica agricola così air Est come all'Ovest In genere, il settore primario è stato sfruttato a vantaggio dell'industria (Dal nostro inviato speciale) Urbino, 5 luglio. Quasi tutti i Paesi europei, sia occidentali che orientali, hanno per lungo tempo trascurato l'agricoltura. Quando si sono accorti dell'errore, hanno cercato di porvi rimedio, ma non sarà facile recuperare in breve il tempo perduto. Questa considerazione è emersa nei tre giorni del seminario internazionale organizzato dal Ceses (Centro studi e ricerche su problemi economico-sociali) sull'agricoltura all'Est e all'Ovest, e che si è chiuso oggi a Urbino. Alle stesse conclusioni è .giunto anche il sociologo francese H. Mendras, dell'Università di Nanterre, affermando senza mezzi termini che «tanto all'Est quanto all'Ovest i responsabili politici dell'agricoltura hanno inesso in atto misure la cui applicazione si è rivelata sovente difficile o impossibile, a volte addirittura disastrosa». Ci sono stati dei giri di boa, aggiunge il sociologo francese, veri e propri voltafaccia in politica agricola, che dimostrano, sia nei Paesi a economia liberale come in quelli socialisti, l'inadeguatezza dei meccanismi di previsione e l'incapacità di prevedere la difformità delle campagne e la loro difficile capacità di adattamento. Quali sono stati gli errori commessi? In Francia, iad esempio, si è puntato tutto sulla meccanizzazione, la concentrazione delle aziende e l'esodo rurale, senza pensare a preoccuparsi dell'assetto delle campagne. In Italia, dopo la grande impresa della riforma agraria, tutti gli sforzi del Paese si sono concentrati sull'industrializzazione, e l'agricoltura è stata abbandonata a se stessa, o è stata oggetto di forme assistenziali che hanno favorito il clientelismo. Da qualche anno, poi, scaduti i Piani Verdi, è venuto a mancare anche il credito, mentre contemporaneamente, come ha ricordato il professor Barbero dell'Università di Siena, «gli investimenti sulla "terra" (irrigazione, miglioramenti, eccetera) di origine soprattutto pubblica sono scesi dal 5,5 per cento degli investimenti totali nel '63 a meno del 3 per cento dieci anni dopo». L'agricoltura italiana, tuttavia, è stata forse danneggiata più dalla mancanza d'una programmazione che dalla scarsità di credito. Si produce a caso, senza tener presenti gli sbocchi delle merci. Dice Barbero: «La recente stagnazione produttiva significa anche che l'offerta interna è sempre meno adatta a soddisfare la cresciuta domanda di prodotti agricoli». La Cee, come entità sovrannazionale, non se l'è cavata meglio dei singoli governi. Basta ricordare gli errori commessi nei settori ortofrutticolo e zootecnico, con una serie di misure contraddittorie e addirittura contrarie l'una all'altra nel giro di pochi mesi: premio per impiantare nuovi frutteti e premio per abbatterli, mentre ogni anno si continuano a distruggere tonnellate di pesche e pere; premio per abbattere le vacche (dopo l'errata politica dei prezzi che ha fatto ammassare nei magazzini della Cee montagne di burro) e successive misure per bloccare le importazioni di carne da Paesi terzi, mentre l'Italia non riesce a coprire che la metà del suo fabbisogno di carne bovina. Più autonomia Non stanno meglio, in quanto ad errori agricoli, i Paesi dell'Est. Nell'Unione Sovietica il settore agricolo occupa un terzo della popolazione attiva, assorbe un quarto del totale degli investimenti e fornisce un quinto del prodotto nazionale lordo. Ma solo ora i governanti sovietici, diversamente dai propri predecessori che si gloriavano di successi sbalorditivi più i risultati restavano mediocri, hanno tacitamente riconosciuto un fatto molto importante, come ha detto il prof. Keith Bush dell'Università di Monaco (la delegazione sovietica non si è presentata al seminario di Urbino). Ed è questo: « La seconda potenza economica del mondo non può continuare a progredire avendo come base contadini intimiditi e cupi, né la sua moderna forza di lavoro industriale può essere nutrita prevalentemente con carboidrati ». Dal 1965 in poi, i governanti sovietici hanno guardato con occhio nuovo al mondo dei campi. C'è stato un massiccio trasferimento di risorse dagli altri settori dell'economia, si è varato un programma per la meccanizzazione e lo sviluppo dei fertilizzanti chimici, per il miglioramento delle terre e il sostegno dei prezzi. Il programma ha dato i suoi frutti, anche se in alcuni settori ci sono lacune: l'Urss, ad esempio, dispone di 37,7 chili di fertilizzanti per ettaro di terra arata, contro gli 82 degli Stati Uniti, i 206 della Germania Occidentale e i 224 dell'In¬ ghilterra. Per quanto riguarda le sovvenzioni all'agricoltura, si calcola che dopo il « Plenum » del 1965 siano stati spesi 34 miliardi di rubli (30 mila miliardi di lire). Con le risorse di lavoro e di capitali esistenti in Urss si potrebbe ottenere molto se si concedesse ai contadini una maggior autonomia operativa, se il potenziale del settore privato fosse liberato dalle catene ideologiche e se fosse istituita una più stretta correlazione tra lavoro e guadagno. Errori anche in Polonia, dove — ha riferito il prof. Mieszczankowski dell'Istituto delle Finanze di Varsavia — il metodo della pianificazionr diretta nelle campagne è fallito, ed è stato sostituito con una pianificazione indiretta, relativa all'offerta dei mezzi di produzione, all'acquisto di prodotti agricoli, alla formazioni del livello dei redditi agricoli e all'introduzione del progresso tecnico. In sostanza, gli strumenti della pianificazione indiretta sono i tipici parametri d'una economia di mercato: prezzi, tasse, interesse, crediti. Braccia e cibo Saltiamo un momento fuori dall'Europa, per osservare la prima potenza economica del mondo. Negli Stati Uniti non si può dire che l'agricoltura vada male e che siano stati commessi grossi errori. Tuttavia, essa è stata usata come strumento di progresso generale, più di esserne stata essa stessa partecipe. Ha detto infatti il prof. D. Gale Johnson, dell'Università di Chicago, che i due principali contributi dati dall'agricoltura allo sviluppo generale dell'economia americana sono: cessione di forze di lavoro per occupazioni non agricole; produzione di quantità crescenti di prodotti alimentari e fibre a costi moderati e a prezzi reali costanti o decrescenti. Così, anche negli Stati Uniti gli agricoltori stanno peggio delle altre categorie di lavoratori, con una disponibilità di reddito inferiore del 40 per cento. In un certo senso, il sociologo Mendras giustifica gli errori commessi in politica agraria perché, afferma, i responsabili di questa politica devono lottare con quattro esigenze divergenti: la preoccupazione sociale di mantenere i prezzi alimentari più bassi possibile, a vantaggio dei consumatori; la preoccupazione economica di rendere competitiva la produzione agricola; la preoccupazione politica, per mantenere tranquilli gli agricoltori; la preoccupazione di difendere l'ambiente. Livio Burato

Persone citate: D. Gale Johnson, H. Mendras, Keith Bush, Livio Burato, Mendras