L'avvocato generalo soppresso conosceva "cose importanti" di Guido Guidi

L'avvocato generalo soppresso conosceva "cose importanti" Il delitto della "nuova mafia,, calabrese L'avvocato generalo soppresso conosceva "cose importanti" Fermati due uomini - Il magistrato indagava sul traffico internazionale della droga? (Dal nostro inviato speciale) Nicastro, 5 luglio. Francesco Ferlaino stava per prendere la direzione giusta che avrebbe dovuto portarlo a sapere tutto sulla «nuova mafia» in Calabria: un attimo prima che raggiungesse l'obiettivo e che potesse j avere un'idea chiara dell'intera situazione, è stato eliminato. «Sto per mettere le mani su qualcosa di molto importante», aveva confidato poche settimane fa a suo genero, Gregorio Greco, giudice al tribunale di Catanzaro che, inutilmente, gli aveva raccomandato di essere molto prudente. La pista di una sentenza mafiosa pronunciata ed eseguita con grande tempestività, a 48 ore dalla morte dell'avvocato generale, appare sempre più valida e più convincente. Niente vendetta, dunque: ma eliminazione di un avversario pericoloso e ammonimento per chi avesse eventuali intenzioni di seguire l'esempio di un magistrato troppo intraprendente. La mafia in Calabria ha subito un'evoluzione, diciamo così, più lenta che in Sicilia. Nasce, ovviamente, nelle campagne, e ha origini antiche: ma nelle campagne rimane per decenni con piccoli ricatti, piccoli sequestri. Vive e prospera nell'ambito di una regione povera che ricava le fonti di maggior reddito dall'agricoltura: ha rarissimi rapporti con l'esterno, non fornisce, a differenza di quella siciliana, grandi personaggi alla criminalità internazionale (i fratelli Anastasia che diventano i padroni del porto di New York costituiscono, tutto sommato, una eccezione) non ha grandi ambizioni di denaro e di potere. La società, però, cambia con il tempo e anche in Calabria avviene una rivoluzione profonda che trasforma (o per lo meno comincia a trasformare) le strutture sociali, il costume, la spicologia, e quindi anche la mafia. «Dalla vecchia guardiana dei poderi — commenta Luigi Malafarina, un giornalista di Siderno acuto osservatore di problemi che travagliano la sua terra — la mafia calabrese, la cosiddetta "ndragheta" passa ad un tipo di delinquenza più redditizia». In sostanza la mafia calabrese si adegua ai tempi e segue l'esempio di quella siciliana che è senz'altro più evoluta, più scaltra, più organizzata; le giovani leve dei mafiosi calabresi si conquistano uno spazio sempre maggiore e cominciano ad avere rapporti sempre più frequenti con l'esterno, si interessano a sequestri di persona ad alto livello economico, a speculazioni edilizie, al contrabbando, al traffico della droga. Francesco Ferlaino per combattere la mafia aveva un posto di osservazione ideale: come avvocato generale della Calabria poteva controllare tutte le indagini che venivano compiute nelle zone di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza con la conseguenza di avere un quadro completo della situazione, che i suoi collaboratori, invece, potevano conoscere soltanto settorialmente. «Adesso dobbiamo individuare — dicono gli inquirenti — che cosa era riuscito a sapere compiendo questo esame generale: una volta raggiunta questa individuazione arrivare al nome degli assassini non dovrebbe essere difficile». Purtroppo, esagerare nell'ottimismo non è opportuno: gli ostacoli da superare sono infatti numerosi e aspri. In sostanza, secondo gli inquirenti, Francesco Ferlaino sarebbe stato ucciso dalla «nuova» mafia e cioè dalla cosiddetta mafia dalle «scarpe pulite». Esiste per il momento una traccia. Sembra che a fornirla sia stata la famiglia dell'avvocato generale: Ferlaino aveva ricevuto una lettera minatoria, ma non le aveva dato grande importanza, e soprattutto era stato invitato a trascurare un'inchiesta che egli stava compiendo sul sequestro dell'industriale Antonio Cali che, rapito il 23 agosto 1974, era stato rilasciato nel novembre successivo dopo 77 giorni e un versamento di 400 milioni. Se avesse accettato, la disponibilità dell'avvocato generale sarebbe stata largamente compensata: Francesco Ferlaino si regolò come se non avesse mai ricevuto questa lettera, andò avanti per la sua strada e fece arrestare Sante Mori, Rocco Oliveri, Giovanni Surace e Antonio Scopelliti che, però, tre mesi fa riuscì a evadere dal carcere di Palmi ed è tuttora latitante. Se è vero che con Francesco Ferlaino la mafia ha dovuto eliminare un avversario pericoloso, questo significa che l'avvocato generale stava per colpire interessi molto grossi e molto importanti. La mafia (le regole valgono in Sicilia come in Calabria) preferisce sempre agire in silenzio e non sopprime magistrati non perché rispetti un certo codice «d'onore», ma perché sa che la soppressione di un giudice fa clamore e provoca reazioni violente. Se, però, si è indotta a eliminare un vice¬ procuratore generale, questo può avere soltanto un significato: la mafia ha capito che non aveva altri sistemi per evitare un guaio più grosso. Avere individuato il movente, sia pure a livello di tesi (il procuratore della Repubblica di Lamezia Terme ha cominciato a studiare tutti i fascicoli che Ferlaino s'era portato a casa dal suo ufficio per esaminarli con più calma), vuole dire molto e niente nello stesso tempo. Che cosa stava per sapere l'avvocato generale di Catanzaro? All'interrogativo purtroppo non si è trovata ancora una risposta per capire chi possano essere i mandanti dell'omicidio. I carabinieri questa notte hanno fermato due uomini: Giulio Pannuti, 34 anni, e Paolo Caracciolo, 37 anni. Il primo è di un paesino in provincia di Reggio Calabria, è studente fuori corso della facoltà di medicina, vive abitualmente in Canada; l'altro è un costruttore edile. Sono stati fermati a Villapiana, in provincia di Cosenza, a pochi chilometri da Sibari, sul versante jonico, e nella loro auto sono stati trovati un fucile da ! caccia a canne sovrapposte e numerose cartucce a pallet I toni. I due hanno spiegato che tornavano da un giro in Puglia dove erano andati perché Pannuti si interessava di boutique di moda. Risulta però che, alla fine di giugno, i due erano stati anche a Nicastro, e si erano incontrati con un ragioniere che abita nella zona dove viveva Ferlaino. Una semplice coincidenza? E' probabile: ma il fatto che il nome di Giulio Pannuti sia nell'orecchio della polizia internazionale, pur non avendo alcun precedente, sembra giustificare l'attenzione con cui si sta esaminando questi due personaggi che per il momento sono stati arrestati per detenzione di armi. Canada infatti potrebbe voler dire traffico di droga, traffico di droga potrebbe voler dire «nuova mafia» calabrese e Francesco Ferlaino stava per arrivare a qualche clamorosa conclusione. II mistero della morte di Francesco Ferlaino ha acceso la fantasia di tutti: qualcuno; infatti, sta cominciando a guardare con sospetto alla scomparsa, attribuita ad infarto, di un sostituto procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Vincenzo Smirne, avvenuta tre settimane or sono. Il magistrato stava procedendo ad un'inchiesta sulla speculazione edilizia che ha devastato il litorale sul Tirreno. Vincenzo Smirne aveva soltanto 36 anni: la sua morte deve essere davvero attribuita ad una causa naturale o la mafia eliminò un giudice, forse, scomodo con un potente veleno? Guido Guidi