Un'assemblea a Roma di Arturo Barone

Un'assemblea a Roma Un'assemblea a Roma Pochi soldi per i porti Insufficienti i 160 miliardi previsti dal piano nazionale - La riforma della legislazione (che risale al 1885) è urgente Roma, 3 luglio. Costituita nell'ottobre 1973 l'Associazione porti italiani ha tenuto oggi a Roma la sua seconda assemblea per discutere i problemi d'interesse comune nella prospettiva di ripresa dei traffici marittimi attraverso il Mediterraneo dopo la riapertura del Canale di Suez. Il prof. Giuseppe Dagnino, presidente da moltissimi anni del Consorzio autonomo del porto di Genova e della fondazione dell'Assoporti, ha illustrato i principali obiettivi a breve termine perseguiti dalla giovanissima associazione alla quale aderiscono i principali scali commerciali (Ancona, Bari, Brindisi, Catania, Genova, La Spezia, Livorno, Napoli, Portoferraio, Savona, Trieste, Venezia) e alcune Camere di commercio competenti in materia di porti. Il persistente disinteresse della classe politica per i problemi portuali, così importanti per l'economia del Paese e destinati ad assumere crescente rilevanza per effetto della rivoluzione tecnologica in corso dei trasporti per mare, ha spinto gli interessati a darsi una voce nazionale univoca per sollecitare le decisioni non più prorogabili per la sopravvivenza dei traffici mediterranei di fronte alla minacciosa avanzata dei grandi scali dell'Europa del Nord. La riapertura del Canale di Suez e la speranza di un ritorno alla piena normalità delle tariffe di transito, inducono i responsabili dei porti italiani a puntare con maggiore slancio sul recupero del tempo perduto anche rispetto ai concorrenti mediterranei. Occorre per questo rinunciare a investimenti episodici, privi di qualsiasi continuità, e approfittare del piano nazionale di 160 miliardi per i porti (di cui il governo si è impegnato a presentare i particolari entro l'agosto prossimo) per chiarire che tale somma, insufficiente già nel 1972, quando si cominciò a parlare del piano, è oggi pressoché irrisoria a causa dei costi gonfiati dall'inflazione. Bisogna poi riservare gli stanziamenti alle opere più urgenti, senza disperderli in troppi rivoli, cercando di stabilire realisticamente quale sia il volume d'investimenti necessario ad assicurare il completamento dei lavori iniziati. Altro problema urgente: la riforma della legislazione portuale italiana, che risale al 1885, dovrebbe avvenire in base a criteri moderni di classificazione che tengano conto non solo della quantità e qualità dei traffici, ma anche degli obiettivi esplicitamente perseguiti in sede di programmazione. L'Assoporti è favorevole alla specializzazione e integrazione dei trasporti e contraria, per ragioni strettamente economiche, sia alla proliferazione «anarchica» degli scali, sia a qualsiasi burocratizzazione, centrale o regionale, che potrebbe incidere sul carattere internazionale o nazionale dei porti di maggiore importanza. L'esperienza del Consorzio autonomo del porto a Genova operante sin dal 1903 e imitata in pochi altri scali, sembra in complesso positiva, perché in grado di aderire alle esigenze locali, sia di carattere operativo che di natura sindacale. Della possibilità di destinare l'aumento delle tasse portuali a maggiori investimenti nello scalo genovese Dagnino si è detto molto soddisfatto. Buoni risultati hanno dato anche le trattative con i sindacati portuali che per la prima volta hanno permesso di stipulare accordi di durata triennale. Per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sui suoi problemi, l'associazione ha in programma per metà novembre un convegno, da tenersi a Roma, sul tema: «I porti italiani: come sono e come debbono essere». Arturo Barone

Persone citate: Dagnino, Genova, Giuseppe Dagnino