La crisi dell'Impero e gli eredi d'Oriente e Occidente di Carlo Carena

La crisi dell'Impero e gli eredi d'Oriente e Occidente La crisi dell'Impero e gli eredi d'Oriente e Occidente Grande suggestione di Bisanzio R. Rémondon: « La crisi del- ! l'Impero romano », Ed. Mursia, pag. 316, lire 5800. J R. Folz - A. Guillou - L. Musset - D. Sourdel: « Origine i e formazione dell'Europa medievale », Ed. Laterza, pag. 804, lire 13.000. D. Obolcnsky: « Il Common- ; wealth bizantino », Ed. La-1 terza, pag. 654, lire 10.000. Qual è il senso e l'esperienza esistenziale di un periodo storico come il Medioevo, quali i connotati di questo ciclo ricorrente nella storia umana? Il suo avvento ha ancora i colori splendidi della vita intellettuale che traspaiono nell'affresco della Galla Placidia di Lidia Storoni, o quelli truculenti della storiografia romantica? L'apocalissi prossima ventura sarà un sovvertimento totale degli ordini e una frattura delle linee storiche, come quella che ha determinato nell'elaborazione oscura dei secoli dal VI all'VIII il feudalesimo e poi il Comune? ovvero è da prevedere il serpeggiare tenace dell'edera di Bisanzio, sopravvissuta fortunosamente per mille anni al- l'inaridirsi di Roma, rispuntata fra i Bulgari e gli Slavi rinascimentali, capace di alimentare ancora le strutture sociali e politiche della Russia di Pietro il Grande? (se non fu essa, come vuole qualche studioso, a ispirare anche dopo la concezione autoritaria del potere e delle istituzioni in quel Paese). In tre volumi recentemente apparsi, alcuni storici sollecitano la nostra curiosità, non buttando lì accademicamente questa serie d'interrogativi, come nelle orazioni dei tardi retori romani, ma con l'analisi incisiva di una civiltà fastosa (Dimitri Obolensky nel suo Commonwealth bizantino), con articolazione densa e completa di temi e di aree (i quattro autori francesi dell'Origine e formazione dell'Europa medievale) e con la sistematicità dei dati e degli schemi, non senza una moderna problematica ( Roger Rémondon nella Crisi dell'Impero romano). Il confi onto di questi tre libri ci lascia alla fine prigionieri anche noi della suggestione della grande melodia bizantina, più che travolti dal ritmo dei fatti che investirono il primo Medioevo I europeo. Anche il piacere ! della lettura, intervallata da ; notazioni d'arte e da splen! dide illustrazioni, sta dalla i parte del primo grosso tomo, | acuta e convincente interprei tazione dell'impero bizantino | come di una comunità di naI zicni eterogenee col legate dal valore di una cultura. Caduta Roma, per le contraddizioni e malgrado gli equilibrismi del despotismo centrale illustrati dinamicamente dal Rémondon, ima « seconda Roma » continua ad amministrarne l'idea in Oriente, spogliandola dell' accidentalità storica ed accentuandone i simboli. La religione ortodossa, fondamento primo di quella struttura politica, non era se non l'astrazione di un principio, la continuazione immutabile di un ordinamento centralizzato che, se aveva esaurito la sua funzione e la sua forza in Occidente, in Oriente trovò, fra i popoli slavi, un terreno pronto a sentirne la suggestione e ad assorbirne gli effetti. Ma trovò anche, come osservano gli autori del secondo volume, l'incentivo di una vita economica mercantile, di per sé carica di dinamismo, nella situazione geografica e nella vicinanza di un popolo e di un'ideologia in potente movimento, come l'Islam. La prima parte dei dieci incredibili secoli dell'impero di Bisanzio vedono all'opposto, in Occidente, il disgregarsi dell'unità non solo politica, ma anche economica, lo spostamento del centro di gravità e l'instaurarsi di Stati nazionali o anzi di piccole entità chiuse e fluttuanti, che si reggono su basi contadine e sfaldano le metropoli. Solo quando si placano, verso il Mille, le invasioni, mentre riprendono in Oriente, si pre¬ para la rinascita dell'Europa. E se l'Occidente si costituirà, da allora, come un mosaico di nazioni e la sua sarà una storia di nazionalismi, nessu-na dialettica del genere, sot- tolinea l'Obolensky, è riscon-trabile ancora in Oriente, do- ve continua un'esperienza co-smopolitica piuttosto che una lotta fra aspirazioni nazionaI li e « imperialismo » bizan! tino. I Giovanni di Salisbury po| teva, nel XII secolo, conte| stare dall'Inghilterra la su¬ premazia degli imperatori germanici col grido: « Chi ha costituito i Tedeschi giudici delle nazioni? »: al lato opposto dell'Europa, fra Slavi, Bulgari, Romeni, non si andò mai al di là di un certo fastidio per l'« alterigia dei Greci ». Quando, a mille anni quasi esatti dalla caduta di Roma, anche Bisanzio capitolava sotto i colpi di Maometto II, in tutte le terre dell'Oriente e del Nord si pianse la fine della « nazione santa » e dei suoi cittadini « dispersi come foglie d'autunno ». Quasi non potesse finire quell'idea e quella comu- ...... ! tinopoli » veniva teorizzata ! già alla fine di quel secolo a , Mosca, custode della fede or1 todossa e vera erede delle i tradizioni imperiali romane, 1 Ancora la rivolta dei Fana ! rioti dell'impero ottomano 1 nel 1821, e l'infausta spedi \ zione greca in Turchia nel nità di popoli, una « terza . Roma », una « nuova Costan- 1921 sono i segni di una nostalgia dura a morire per la Grande Città e per lo splendore della sua oikoumene, che non conobbe l'eclissi disastrosa di un medioevo. Carlo Carena

Persone citate: Bisanzio R. Rémondon, Bulgari, Dimitri Obolensky, Greci, Guillou, Lidia Storoni, Roger Rémondon, Romeni, Salisbury