Incompreso resta in America

Incompreso resta in America Chinaglia a colloquio con i dirigenti laziali Incompreso resta in America L'incontro chiarificatore comincia fra mille disguidi - Un quarto d'ora senza mai comunicare realmente - Al termine i responsabili del club italiano ostentano una immotivata sicurezza - Qualche polemica per i giornalisti e molte battute superficiali (Nostro servizio particolare] New York, 2 luglio. Storia di un buco nell'acqua. Storia di un'inguaribile incomunicabilità tra i dirigenti della Lazio e Chinaglia. Ieri a New York, con molte ore di ritardo, sono arrivati Aldo Lenzini. amministratore delegato della società. Bob Lovati, general-manager. e il consigliere D'Angelo. Non hanno concluso niente: hanno parlato un quarto d'ora con Chinaglia e il manager dei Cosmos, hanno concluso dicendo che aspettano II giocatore per l'Inizio degli allenamenti ai primi di agosto. Qualcuno si è domandato che cosa siano venuti a fare a New York. Ma andiamo con ordine. Chinaglia già dal pomeriggio era a Manhattan. Era stato con amici, appariva leggermente nervoso. Oualunque decisione che taglia netto con il passato lascia un pizzico di amarezza e di nostalgia. Alle 7 e mezzo, con mezz'ora di ritardo rispetto a quello che doveva essere l'appuntamento tra mister Cliver Toye. manager dei Cosmos, e i dirigenti laziali, Giorgio si è presentato all'hotel « Hilton ». Ma i rappresentanti della società italiana non c'erano. L'aereo era in ritardo. Quando sono arrivati, seconda amara sorpresa: I non c'erano camere all'» Hilton ». ' Nessuno si era ricordato dall'Italia di prenotarle. Giorgio sorrideva ironico. Qualcuno commentava: » Però, come è organizzata questa società... ». Molti giornalisti italiani, qualche curioso. I giornalisti, per una volta discreti, si mettevano da una parte a sorbire un drink. I dirigenti della Lazio, per intercessione di Clive Toye, trovavano tre stanze all'albergo di fronte, il « Warwick ». Dopo mezz'ora ritornavano all'« Hilton ». Incominciavano quelle che dovevano essere le trattative. Non sarebbero state tali, forse sarebbe anche esagerato parlare di dialogo per questi quindici minuti informali in cui i personaggi di questa vicenda si sono incontrati. I dirigenti della Lazio hanno parlato dei tifosi, della loro delusione, dell'attaccamento ai colori sociali, dell'amore per la società. Chinaglia ha ribadito che non vuole tornare, che la sua vita è cambiata, che II ciclo della Lazio è finito, che Maestrelli per molto tempo forse non ci sarà, che l'atmosfera della società non si confà al futuro che vuol dare alla sua vita. Chinaglia abita una bellissima villa nel New Jersey, una villa annegata nel verde. Ha tre società, due di costruzioni e una di escavazioni, ha aperto in questi giorni un grande emporio di liquori la cui gestione sarà affidata alla sorella. Insomma, pensa di dare una nuova organizzazione alla sua vita. Ha detto: « V/' sono tre stagioni nella vita di un uomo: quella dell'infanzia, quella in cui si diventa uomini e quella in cui si matura, lo ho già vissuto le prime due. Sono stato fortunato, ho guadagnato, posso guardare all'avvenire con serenitè. Ma adesso è il momento delle grandi decisioni, quello in cui un uomo non può più solamente pensare al proprio lavoro o alle proprie ambizioni sportive e umane, ma pensare alla propria famiglia. Ho preso le mie decisioni quest'anno perché sono maturate le situazioni e le coincidenze che mi hanno spinto a questo passo. • Forse se la Lazio si fosse comportata in un altro modo, avrei potuto rinviare di qualche mese le mie decisioni. Ma comunque sarei venuto negli Stati | Uniti. Ora non tornerò indietro, non solo per una questione di orgoglio, ma anche per questioni pratiche. E poi perché dovrei? Si piange e si grida al traditore perché lascio la Lazio e perché scelgo altre soluzioni per la mia vita. Ma la Lazio in questi anni ha incassato nove miliardi. Il pubblico le ha dato questa cilra. Come è stata spesa? La Lazio è uguale a quella di quattro anni fa, e dunque il danno economico. Il danno tecnico lo avevano già latto i dirigenti prima. E poi io era da tempo che dicevo che me ne sarei andato. L'argomento non è mai stato affrontato con serietà e serenità. Hanno pensato che fossi il solito bambino capriccioso, il solito cavallo pazzo. Invece ero un uomo che aveva fatto le sue scelte ». Il discorso è piuttosto duro, ma forse sono proprio i dirigenti laziali che non hanno capito che questa è la realtà. Si sono presentati all'hotel Hilton con il solito pressapochismo del calcio italiano pensando che tutto sarebbe finito al solito a tarallucci e vino. Invece, dopo un quarto d'ora di chiacchiere informali, tutto era finito. Chinaglia se n'è andato a casa sua, il manager dei Cosmos, ancora confuso come uno che si trova improvvisamente in una parte o in una situazione che non lo riguarda, se n'è andato scuotendo la testa, i tre dirigenti della Lazio erano gli unici che apparivano sicuri, non sappiamo di che cosa. Si sono seduti con noi giornalisti e hanno detto che loro aspettano la fine di luglio. Dicono che quando questo carosello di milioni e questa grande festa del calcio estivo americano sarà finita, Chinaglia sentirà la nostalgia. Oualcuno malignamente ha detto » Come larete adesso con i puoazzi che si vendono davanti allo stadio. Non venderete più quelli con l'effigie di Chinaglia? ». La provocazione l'ha accettata solamente II consigliere D'Angelo: « Vuol dire che cambieremo la faccia e metteremo l'effigie del diavolo ». Belle parole, battute sarcastiche, ma soluzioni nessuna. Chinaglia non tornerà, la Lazio si troverà senza un miliardo e mezzo o due nelle casse, i tifosi si arrabberanno, e tempi difficili aspetteranno la società che solo due anni fa ha vinto lo scudetto. Nemmeno nel calcio si può più andare avanti senza organizzarsi, senza programmare. La storia di Chinaglia, a parte tutte le Implicazioni psicologiche, umane e sociali che può avere, offre comunque un'indicazione ben precisa: il calcio italiano si deve rinnovare, non deve più vivere di frasi fatte e di superficialità. E' una grossa industria che deve comportarsi in un modo adeguato. Gianni Mina New York. Chinaglia a colloquio con i dirigenti D'Angelo, Aldo Lenzini e Bob Lovati