Le tortuose vicende Montedison quando "l'Eni tentò la scalata"

Le tortuose vicende Montedison quando "l'Eni tentò la scalata" Al processo per il libro "Razza padrona Le tortuose vicende Montedison quando "l'Eni tentò la scalata" Si indaga su 75 milioni che sarebbero stati versati ai fratelli Pisano (querelanti) per scatenare una campagna contro Pallora presidente Valerio - Girotti, Briatico e Figari tra i testimoni di ieri - Il motivo dominante è stato "non ricordo, non so" (Dal nostro inviato speciale) Varese, 2 luglio. Il motivo dominante è stato « non ricordo, non so, può darsi ». Questa serie di vuoti di memoria ha contraddistinto la terza giornata d'udienza del processo contro i giornalisti Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, autori del libro « Razza padrona », intentato dai fratelli Giorgio e Paolo Pisano, il primo ex direttore di Candido ed ora senatore del msi e l'altro redattore del settimanale di destra. I Pisano, o meglio « la banda Pisano » come i giornalisti deH'£spresso li hanno definiti, sono parte lesa perché dicono di essere stati diffamati allorquando si dice, nel libro, che dall'Eni, nel 1969, ricevettero 75 milioni (dei 125 pattuiti) perché scatenassero una campagna contro ]'allora presidente della Montedison Giorgio Valerio sul settimanale Candido e attraverso l'Ada, un'associazione di azionisti Montedison. Sia pure con le riserve di un processo messo in piedi forse più per salvare una « rispettabilità » che non per svelare la verità, oggi a Varese ( « Razza padrona » è stato pubblicato in questa città) sono state ricordate le tortuose vicende della Montedison dall'ottobre '68 all'aprile '70, quando la presidenza di Valerio e l'Eni, come scrivono Scalfari e Turani, tentò la scalata all'azionariato della società. Si è parlato anche di Eugenio Cefis, il vero personaggio di questo libro che, sempre secondo la stessa fonte, è « una stella polare » un punto di riferimento per capire che « gli interessi del Paese stanno dalla parte opposta ». La parte saliente dell'udienza è stata la deposizione di Raffaele Girotti, attuale presidente (dimissionario) dell'Eni e, all'epoca dei fatti, vicepresidente dell'Eni e della Montedison. Girotti ha tenuto subito a precisare che allora si occupava praticamente soltanto della Montedison. Fatta questa premessa, ha smentito di aver avuto un incontro con Pisano all'albergo Principe e Savoia di Milano. L'incontro, secondo « Razza padrona », aveva lo scopo di « neutralizzare » l'azione condotta dai piccoli azionisti, decisi a mandare due loro rappresentanti al consiglio di amministrazione (Luigi Madia e Augusto Erba, quest'ultimo molto legato a Pisano). Si doveva fare opera di con vinzione, magari con qualche sovvenzione, Girotti ha tuttavia ammesso, al presidente del tribunale Pierantozzi, di aver avuto un incontro, nell'aprile del '70, con alcuni azionisti. «Merzagora — ha dichiarato assieme al quale ero, volle questi incontri per preparare il contenuto del discorso che avrebbe tenuto in assemblea. Ci si riunì all'hotel Gallio (non al Principe e Savoia) con i rappresentanti delle associazioni ». Ed ha aggiunto: « La designazione dei due rappresentanti al consiglio d'amministrazione, credo ma non sono sicuro, venne dalle associazioni, non da me o da Merzagora » (divenuto presidente della Montedison nel 1970, con «vice» Girotti). Ha poi smentito di avere sentito notizia dei tentativi da parte di Pisano o dell'Ada (Asso¬ ciazione difesa azionisti) per ottenere somme di denaro. Il personaggio Cefis è stato ricordato da Franco Briatico, allora direttore delle pubbliche relazioni dell'Eni e adesso presidente della Tecneco. Ha detto Briatico: «Rjferii a Turani nel colloquio che ho avuto a casa mia, che nel quadro delle direttive governative (Colombo e Bo) Cefis mi disse che occorreva un'azione per proteggere un intervento dell'Eni, intervento che comportava una spesa di 120 miliardi per l'acquisto di azioni Montedison ». Ha precisato che le pubbliche relazioni dell'Eni non sborsarono un quattrino, ma ha aggiunto che « i contatti dovevano essere presi con gli azionisti privati » per alcuni ostacoli frapposti dalla «vecchia guardia legata all'Edison ». Gli azionisti capeggiati dalla « banda Pisano » davano insomma molto fastidio. Briatico non ha escluso che un eventuale passaggio di denaro poteva essere stato compiuto « da altri organi dell'Eni », a sua insaputa. « Il mio — ha insistito — era solo un discorso ipotetico ». Al processo doveva esserci anche un certo Fulvio Bellini, espulso dal pei nel '50, amico di Edgardo Sogno e infine di Giorgio Pisano. Costui, secondo la testimonianza di Gianvittorio Figari, allora presidente dell'Ada (il vicepresidente era Pisano) e og¬ gi consigliere di Montedison, Montefibre, Farmitalia e Carlo Erba, espose a quest'ultimo i sospetti che al settimanale Candido circolassero assegni di « dubbia » provenienza. Figari allora chiese a Pisano il rendiconto finanziario dell'Ada (perché, se il presidente dell'associazione era lui stesso?), ma Pisano si rifiutò. « Ci fu un diverbio — ha raccontato Figari —. Scagliai una rivista in faccia a Pisano che riti aveva dato del farabutto. Fu allora che rompemmo i rapporti ». Il Figari citò in causa l'ex amico, nel gennaio del 1970, accusandolo di aver preso soldi dall'Eni. Ritirò poi l'accusa perché l'avv. Erba, morto qualche mese fa, gli smentì la versione di Bellini. Oggi Figari, nella deposizione, ha elencato un'interminabile serie di « non mi ricordo » a proposito di un estratto conto che ebbe tra le mani. Di estratti conto (della Banca Milanese di Credito) ce ne sono, e il tribunale li esaminerà assieme a circa 27 mila deleghe della Montedison a Pisano. Due cose oggi hanno offuscato la « verità »: Bellini non è comparso in tribunale; inoltre, i destinatari degli assegni possono non essere i fratelli Pisano, ma dietro a nomi fittizi chiunque si può nascondere. Pier Mario Fasanotti

Luoghi citati: Briatico, Milano, Pisano, Varese