Se in Asia scoppia la pace

Se in Asia scoppia la pace LUNGO VIAGGIO NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE Se in Asia scoppia la pace Tra "rivoluzione continua" e restaurazione, la Cina cerca un'egemonia asiatica limitata, sapendo però di non poterla raggiungere senza il consenso americano e contro le ambizioni sovietiche - Perciò la sua politica si basa sulla distensione con l'Urss a Nord e sul compromesso con gli Usa nel Sud (Dal nostro inviato speciale) Guiling, luglio. Guiling è il posto più adatto per chiudere oggi un viaggio in Cina. La politica estera cinese, affrontata all'inizio, con un prologo da Pechino, si ripresenta nell'epilogo, in questa piccola città, vicinissima al Vietnam, da dove partono i treni per Nanning e per Hanoi. Si trova infatti qui la famosa «finestra sul Sud», che per la Cina è critica quanto la frontiera con l'Urss, che ha visto incidenti significativi quanto l'Ussuri, e che si affaccia sull'intrico asiatico. La provincia autonoma di Guang Xi, dove ci troviamo, è stata per anni una provincia «chiusa». Forse, siamo i primi stranieri ammessi. Pertanto è qui che si devono porre certe definitive domande lasciate in sospeso. Qual è la vera posizione internazionale della Cina? Quale politica estera sta sviluppando? Quale ruolo vuole assumere in Asia? La tesi dei cinesi (sostenuta nelle interviste che ci sono state concesse a Pechino) è che sia cessato l'assedio sovietico lungo le frontiere Nord, e che l'Urss sia pronta invece ad aggredire l'Europa. Gli esperti di strategia negano validità alla seconda parte della proposizione, quanto meno dubitano che sia fondata, ma resta in ogni modo il fatto che la Cina non si proclama più esposta a un'aggressione sovietica dal Nord. La Cina riflette certo la sua situazione interna quando nega d'essere aggredita dall'Urss lungo l'Ussuri. Evidentemente, nega di avere grandi problemi militari perché non li vuole, e ciò perché ha deciso forti spese nell'importazione tecnologica, una nuova fase di sviluppo, una stabilizzazione che richiede pace, quiete, e soprattutto una riduzione delle spese per gli armamenti. Comunque sia, importa che questa situazione interna si trasformi in politica estera, importa che — pur restando acceso il conflitto ideologico Cina-Urss, pure restando inalterata la contrapposizione politica tra i due Paesi — esista un desiderio di tregua cinese da mettere agli atti. Sostenendo che la «falsa distensione» Usa-Urss scaricherà conflitti in Europa, Pechino indirettamente afferma che questi conflitti non la riguardano. Denuncia un desiderio di starne fuori, coltivando una sorta d'indifferentismo, che può sembrare persino isolazionista. Un'altra tesi dei cinesi è che nemmeno a Sud esistano grandi tensioni. Nei discorsi ufficiali si mostra molta serenità verso il problema dei « vuoti » politici che si creano nel Sud-Est asiatico con la sconfitta americana, si sostiene che «i popoli liberi sapranno riempire un vuoto che, del resto, non esiste ». Praticamente, si evita di am¬ mettere che l'Urss sia proti- I ta a esercitare un'influenza là dove cessa quella americana accendendo al Sud una nuova tensione con la Cina. Ma non è un mistero che, su questo punto, la Cina è invece seriamente preoccupata. In più modi ha manifestato il proprio interesse al mantenimento della « presenza americana » in Asia come contrappeso all'Urss. Verso il Giappone Da queste due tesi deriva dunque il quadro più generale di una politica estera che si può fissare in quattro punti. Primo: la Cina desidera normalizzare la tensione militare con l'Urss al Nord, basata su questioni territoriali, in vista di un'altra tensione che la penetrazione sovietica nel Sud-Est asiatico potrebbe provocare. Secondo: la Cina non contrasta mia presenza americana in Asia, sia per rendere difficile l'influenza sovietica, sia per entrare da protagonista in un meccanismo di equilibrio asiatico che certamente gli Stati Uniti vogliono creare. Terzo: la Cina scorge però nell'indebolimento dei- ia potenza americana in Asia un contesto nuovo per sviluppare la sua politica ostile alle due superpotenze e per I presentarsi come nazione guida all'Asia. Quarto: la Cina amplifica perciò, e contemporaneamente, il suo discorso verso il Giappone e verso l'Europa. Nel primo caso, per sottrarre il Giappone alle « aperture » sovietiche e alla forte influenza americana, nel secondo caso, per favorire l'uscita dal condominio russo americano di un'Europa sempre più autonoma; in entrambi i casi per contrapporre al « bipolarismo » altri tre poli effettivi di politica internazionale: Cina, Europa, Giappone. Se questo quadro è vero, bisogna però fare altre osI servazioni. La Cina ha am! mainato la vecchia bandiera dell'ortodossia ideologica, e dell'internazionalismo proletario, innalzata nel divampare della rivoluzione culturale e del conflitto diretto con l'Urss. Pechino ormai rientra nello schema di Kissinger e nella sua strategia basata sul passaggio all'« era multipolare», perché ha tutto da guadagnare da una rigorosa applicazione della « oalance of power ». Pechino ha poi, dentro questo schema, un margine di manovra maggiore dell'Urss da¬ to che (come osserva lucidamente un diplomatico) non ha niente da perdere in Giappone e in Europa, dove invece l'Urss ha tutto da perdere se si formano nuovi equilibri. Pechino è quindi più vicina agli Usa che all'Urss in una visione del mondo che, dopo il Vietnam, Washington sembra coltivare, e che dovrebbe portarla a essere il perno di un « sistema nazionalcomunista» in Asia che può coesistere, almeno per ora, più con la presenza americana che con la presenza sovietica. La conclusione di tutto, dunque, è che la contrapposizione Cina-Urss resta una « costante », anche nella strategia multipolare cinese. Ma il terreno di questa contrap- , posizione non può più essere l la frontiera Nord come quando le questioni territo- riali diventavano incande- | j problemi esterni hanno mo | dificato quelli interni oppu- scenti nella lotta frontale tra l'Urss « bipolare » e la Cina sostenitrice della rivoluzione mondiale. Convertitasi la Cina a una strategia di « balance of power », il terreno della contrapposizione è diventato la frontiera Sud. aperta sull'Asia. Perciò Pechino si disimpegna al Nord, dichiara chiuse le tensioni: sapendo che la partita va giocata nel Sud. in un gioco complesso che coinvolge il suo primato asiatico, nuove frizioni con l'Urss. nuove posizioni tattiche con gli Usa, delicati rapporti coi nuovi Stati comunisti. La lìnee di questa politica sono state in incubazione qui, nella provincia di Guang Xi, dove sono scoppiate negli anni scorsi tutte le contraddizioni della vecchia politica estera cinese, e dove sono nate le spinte drammatiche per cercarne una nuova. Se gli osservatori non fossero stati infatti solo ipnotizzati dalle crisi cinosovietiche scoppiate sulla frontiera Nord, e avessero tenuto d'occhio le crisi sulla frontiera Sud, il crollo della vecchia politica estera cinese sarebbe apparso chiaramente, e più chiaramente si sarebbero capite le novità recenti. La provincia di Guang Xi è stata infatti lo sfondo del vicolo cieco in cui la Cina s'è messa per dieci anni come potenza internazionale, delle convulsioni che sono sopravvenute per uscirne, e della necessità di trovare una via diversa. Ma bisogna ripercorrere le varie tappe della politica estera cinese per capire che qui si è svolto un conflitto a quattro (Cina, Urss, Vietnam, Usa) molto più importante dei conflitti registrati sull'USsuri. La politica estera cinese, dopo il divorzio con l'Urss. è stata infatti dominata nel suo nocciolo da due fattori: il Vietnam e la teoria della rivoluzione mondiale. La stessa politica interna è sempre sfociata in questi due problemi, e al tempo stesso li ha fatti suoi, in una concatenazione serrata, che impedisce di dire se i re viceversa. Nel '64 la decisione americana di lanciare una doppia sfida nel Vietnam, dopo gli incidenti del Tonchino, sia contro l'Urss che contro la Cina, ha comportato un riavvicinamento Cina-Urss. Nell'ottobre '64 Ciu En-lai si reca a Mosca, nel febbraio '65 Kossighin visita Mao, e (nonostante gl'incidenti provocati a Mosca dalla repressione contro le manifestazioni degli studenti cinesi) nel marzo '65 Ciu assicura — in una intervista a Karol — che vi è una « unità dei due Paesi rispetto al problema vietnamita ». Inizia allora una collaborazione fra i due « nemici », che pare superare le vecchie divergenze, e il problema dei due « modelli » socialisti. Treni cinesi portano materiale russo a Guiling e a Nanning. Materiale cinese si accumula su trasporti russi nello Guang Xi. C'è un nemico comune da battere, gli Usa, e c'è un amico comune da salvare, il Vietnam. Tra il settembre 1965 e l'estate 1966 due fatti invece si saldano in Cina, interrompendo il processo di avvicinamento. Pechino deduce dalle vicende vietnamite e ^alla mobilitazione che pro VOCano nella sinistra mon diaiei che sia giunta Vora del. fa rivoluzione globale » Contemporaneamente, deci- de che si debba lanciare una « rivoluzione culturale » contro il « revisionismo » interno che s'oppone a questa linea, strettamente legata alla seconda rivoluzione maoista. Lin Piao teorizza allora la «rivoluzione mondiale», Mao proclama allora il « bombardamento del quartier generale ». e le guardie rosse occupano il ministero degli Esteri, la diplomazìa cinese va in frantumi. Ciò che si vuole è la guerra a oltranza contro gli Stati Uniti, ovunque, cominciando appunto dal Vietnam. Tanto più che il mondo sembra dar ragione alla Cina. Le unifènnà americane sono in rivolta. Il Sud America scoppia. Il Medio Oriente è una polveriera. Berlino, Parigi, alzano le barricate del '68. L'Unione Sovietica, naturalmente, tira a questo punto il freno alla sua collaborazione con la Cina per salvare la politica di coesistenza con gli Usa e non rischiare nel caos rivoluzionario il suo condominio sul mondo. La Cina si trova così costretta a lanciare un'offensiva sui due fronti: mentre porta al massimo la tensione contro gli Usa, riaccende tutte le polveri del conflitto con l'Urss. Ideologia, questioni territoriali, questioni economiche, «tradimento» sovietico nell'ora della rivoluzione, formano nel '67-'68 uno schieramento di ragioni esplosive. Iniziano le bordate d'accuse, che feriscono più delle pallottole sull'Ussuri. Pechino sostiene che l'Urss blocca i treni che da Guiling vanno ad Hanoi. Mosca dice che i treni sono bloccati da Pechino, sospettosa che i rifornimenti aiutino un alleato I dell'Urss. e di un'Urss «con! nivente» con gli Stati Uniti. Dopo l'Ussuri Nel giugno '68 scoppiano allora da queste parti, a Nanning, incidenti che peseranno mollo di più nella storia cinese degli incidenti lungo l'Ussuri. Johnson ha offerto piangendo alla televisione, il 31 marzo, di negoziare con Hanoi. Pechino è insorta contro il negoziato, accusando l'Urss di favorir- I lo. per spegnere « la rivolu- j zione che sta vincendo ». Ma, | mentre le masse cinesi sono I mobilitate in questo senso, avviene il colpo di fulmine. | Ho Chi Minh accetta di nego- ■ ziare, la Cina è presa in contropiede, e ciò proprio mentre le speranze « mondialiste » muoiono anche a Parigì sulle ultime barricate. Si verifica allora la cosa più grave per un Paese che si \ considera « tutore dei popoli oppressi ». Appaiono ovunque tazebao antivietnamiti. A Nanning scoppiano incidenti gravi tra la popolazione mista. I cinesi trascinano per le strade i vietnamiti, sotto l'urlo della folla incollerita. Avvengono alle stazioni confische di armi russe destinate al Vietnam. Di questi incidenti, registrati qui, non si saprà mai nulla fino al 1971 quando, dopo la liquidazione di Lin Piao, vi si farà riferimento come esempio del fanatismo « controrivoluzionario » dell'ultrasinistra, e quando Hanoi ne darà una conferma ufficiosa. In ogni modo, vedendo retrospettivamente le cose, sono gl'incidenti del Guang Xi che segnano la svolta. I settori moderati di Pechino che sostengono la rivoluzione culturale convengono infatti allora che questo è il crollo di una politica. Decidono quindi di arrestarla, e Ciu En-lai prende le redini del ministero degli Esteri invaso dalle « guardie rosse ». Alla polìtica rivoluzionaria « fatta dalle masse » subentra la vecchia « politica estera tra Stati » e, fatalmente, la normalizzazione. L'assurda situazione di una Cina che diventa antivietnamita dimostra che le teorie di Lin Piao sono inaccettabili da uno Stato socialista adulto. Il resto è noto. Toccato il fondo, la Cina avverte la propria debolezza. I fatti di Praga, sempre nel '68, si ac- Icompagnano ad allarmanti \ « segnali » che non sono mai stati smentiti. Come è intervenuta a Praga, Mosca pianifica un « cordone sanitario » contro la Cina e prepara persino azioni punitive contro le installazioni nucleari cinesi. Nel marzo '69 scoppiano le battaglie di Chenpao, sull'Ussuri, confermando che la Russia non scherza. Nonostante Lin Piao prevalga ancora al IX Congresso dell'aprile '69, a Nixon che ha già contattato Ceausescu (novembre '68) Mao fa quindi rispondere che le offerte di normalizzazione degli Stati Uniti sono accettate. Poi, tutto si accelera. Nel settembre '70, al comitato di Lushan affiora la rottura Mao-Lìn Piao. Nell'ottobre, Mao chiama Snow e gli confida d'essere pronto alle trattative americane. Nell'aprile '71, a Pechino si gioca il pingpong. Nel luglio, arriva Kissinger. Il dodici settembre (vedi caso) scompare Lin Piao. In ottobre, la Cina entra all'Onu. Nel febbraio '72, Nixon è in C'ia. Nel gennaio '73, si lanciano messaggi all'Europa. Nel marzo '75, si proclama finito l'assedio sovietico mentre gli americani lasciano Hanoi. Uno Stato maturo Ripensando dal « profondo Sud » questi avvenimenti si conclude allora che la « terza » Cina, crollati ì sogni della rivoluzione mondiale, stabilizzatasi all'interno in un compromesso tra « rivoluzione continua » e « restaurazione », attuato il passaggio istituzionale che la porta a essere uno Stato socialista « maturo », deve aver compreso che il proprio campo d'azione è l'Asia, che il suo destino è in Asia, e che quaggiù proprio gli avvenimenti vietnamiti l'hanno dimostrato. Nello schema multipolare di Kissinger, essa cerca certamente adesso, e prudentemente, un'egemonia asiatica limitata, sapendo però di non poterla raggiungere, se vuole la pace, senza il consenso americano e contro le ambi- zioni sovietiche. Di qui, dun- que, te nuove posizioni: basate sulla distensione con l'Urss nel Nord, sul compromesso con gli Usa nel Sud, sulla preparazione di una partita diplomatica difficile da giocare nel Sud, e quindi sulla tesi che la guerra scoppierà in Europa. Ma se davvero è così, spetta alla Cina rispondere a una domanda. Tralasciando il problema che la guerra scoppi in Europa, può la pace scoppiare in Asia? Saprà la Cina farla scoppiare? Alberto Cavallari Si conclude così il Lungo viaggio nella Cina dell'ultimo Mao. I precedenti articoli sono apparsi il 13, 18, 23, 26 aprile; il 4, 9, 18, 24, 29 maggio; 1*1, 5, 8, 15, 20, 26 e 29 giugno. Pechino, luglio 1971. Il presidente Mao riceve Kissinger: è una svolta storica per i rapporti tra Cina e Stati Uniti (Upi)