Il nuovo corso della Cina verso la Comunità europea

Il nuovo corso della Cina verso la Comunità europea BRUXELLES DI FRONTE ALLE PROPOSTE DI PECHINO Il nuovo corso della Cina verso la Comunità europea Philippe Lcmaitre Le Monde La decisione del governo cinese di nominare un ambasciatore presso la Comunità europea e di avviare quanto prima trattative con essa per un accordo commerciale, decisione annunciata in occasione della visita a Pechino di Sii- Cristopher Soamcs, vicepresidente della Commissione europea incaricata delle relazioni con l'estero, presenta un interesse essenzialmente politico. La Cina vede in una Comunità forte un prezioso contrappeso alle ambizioni planetarie delle due super-potenze, e per questa ragione incoraggia i Nove ad accelerare la loro unificazione economica e politica. Di mese in mese, il tono si è l'alto più incalzante, quasi angosciato: come se i carri armati russi si stessero già ammassando ai confini, pronti per l'invasione. A questo proposito, l'invilo rivolto recentemente a numerosi dirigenti della Cee — come al primo ministro belga Tindemans e al ministro degli Esteri olandese Van Derstocl — di rinforzare e se possibile di integrare meglio il potenziale difensivo europeo, può lasciare perplessi. Nulla porta a pensare che i governi della Cee siano così allarmati per le minacce che pesano sulla pace del mondo e più modestamente sull'autonomia dell'Europa, per le ambizioni dell'Unione Sovietica e ancor meno per quelle degli Stati Uniti. L'alleanza americana appare ben salda e i Nove continuano, come per il passato, a riporre una grande fiducia nella politica di distensione e d'intesa con Mosca. La preoccupazione manifestata dai' Nove di rispondere in maniera attenta e positiva alle « avances » di Pechino nei confronti dell'Europa è perciò tanto più degna di attenzione. Perché il successo della missione Soames e la decisione di rendere più stretti i legami tra la Cina e la Comunità, non prendono soltanto le mosse da un'iniziativa cinese, ma sono anche il risultato di un'azione diplomatica deliberata dai Nove. Spieghiamoci. Dopo il 1" gennaio 1975, in conformità al Trattato di Roma, la politica commerciale sfugge alla competenza dei Paesi membri per cadere sotto quella della Comunità. Da allora tocca alla Commissione di Bruxelles il compilo di negoziare, in nome dei Nove, gli accordi commerciali. In questa prospettiva, essa ha concepito uno « schema di accordo » che verso la fine del 74 ha trasmesso ai Paesi a commercio di Slato. Ma, con l'assenso dei rappresentanti degli Stati membri, nel caso della Cina la Commissione ha voluto dare un rilievo particolare a questo invito a negoziare. Sir Christopher Soames ha ricevuto a lungo l'ambasciatore cinese a Bruxelles per spiegargliene il significato e il contenuto. In breve, il collegio europeo ha scelto con questo- gesto di privilegiare la Cina nei confronti dei Paesi dell'Europa dell'Est o per lo meno di significare che essa occupava un posto di cui meritava sottolineare il carattere tutto particolare. Quali risultati concreti ci si può attendere dalla collaborazione euro-cinese? E' ragionevole far conto su uno sviluppo sostanziale degli scambi tra le due parti? Ogni pronostico è prematuro dal momento che si ignora quali saranno le domande e le offerte che Pechino presenterà all'apertura delle trattative, tuttavia i servizi di Bruxelles si mostrano ottimisti. Il commercio estero cinese, si osserva, è strettamente regolamentato — cosa che permette al governo di indirizzarlo nel senso che vuole — e si è sempre appoggiato sulla conclusione di accordi commerciali molto particolareggiati. Si aggiunge che la Cina, più che l'Unione Sovietica, al momento di scegliere i suoi fornitori non dimentica le considerazioni politiche. La Comunità, dal canto suo, ha i mezzi per favorire le esportazioni cinesi — specialmente tessili e alimentari — verso i mercati dei Nove. Mentre l'evoluzione dei rapporti Comunità europea-Cina si presenta sotto una luce nuova, le relazioni tra la Comunità e l'Europa dell'Est sembrano bloccate. Lo schema d'accordo ideato a Bruxelles era stato invia- to, come abbiamo detto, a tutte le capitali del blocco orientale. Non si è avuta alcuna risposta diretta positiva. La sola reazione che a prima vista poteva apparire come una « avance », come un gesto di distensione dei Paesi socialisti nei confronti di una comunità che un tempo essi denunciavano come una impresa capitalistica nociva, è venuta da Mosca e si è rivelata in effetti una mossa puramente difensiva: il segretario generale del Comecon, Fadaicv, ha invitato il presidente della commissione di Bruxelles, Ortoli, a recarsi nella capitale sovietica al fine di esaminare come promuovere la cooperazionc tra le due organizzazioni. Ponendo la contesa a questo livello « sovrannazionale » l'Unione Sovietica, che esercita un vigile controllo sul Comecon, intendeva tagliar l'erba sotto i piedi dei suoi vicini che avessero avuto la tentazione di lasciarsi sedurre dalle sirene comunitarie. La manovra era troppo evidente perché la Comunità abboccasse. Ortoli ringraziò cortesemente per l'invito che gli era stato rivolto, ma spiegò che per garantire il successo del suo incontro con Fadaicv, era preferibile che i primi contatti si tenessero a livello di alti funzionari. Una delegazione guidata dal direttore generale delle relazioni estere della commissione, Willenstein, partì per Mosca in febbraio, con il compito di spiegare che la Comunità, visto che il suo obiettivo era quello di concludere accordi commerciali con ciascuno dei Paesi a commercio di Stato, non aveva nulla in contrario a redigere l'inventario dei campi di coopcrazione diretta con il Comecon. L'ambasciata di Willenstein si risolse in un nulla di fatto. Molto presto, infatti, apparve chiaro che i portavoce del Comecon non erano preparati ad una discussione seria, ma avevano come sola preoccupazione quella di indorare di nuovo il blasone della loro organizzazione. Willenstein lasciò Mosca invitando i suoi interlocutori a venire a Bruxelles a riprendere il dialogo. Da allora sono passati tre mesi senza che il Comecon si sia fatto vivo. Del viaggio del presidente Ortoli a Mosca non è più il caso di parlare. I russi hanno forse l'intenzione di rilanciare la palla, e come? L'iniziativa di Pechino può spingere i Paesi dell'Est più desiderosi di indipendenza, come la Romania, a prendere contatti con la Comunità? Si esita ad azzardare risposte affermative a queste domande tanto più che l'interesse concreto degli accordi commerciali che la Cee propone ai Paesi a commercio di Stalo non è ancora provato. L'affare acquisterebbe certamente tutt'altra dimensione se la Comunità e la Cina, schivando gli ostacoli diversi che gli si parano davanti, arrivassero a concepire un accordo economico ricco di promesse sostanziali per le due.parti.

Persone citate: Christopher Soames