Addio per una stagione di Giovanni Arpino

Addio per una stagione Il nostro calcio dal passato olandese al futuro Usa Addio per una stagione Diamo l'addio alla stagione delle pedate. E' tempo di un estremo bilancio, mentre la » Grande Mère » Juventus si appresta a volare in Brasile per esaudire illustri impegni secondo blasone. L'« anno zero » del calcio italiano ha versato dal fiasco le ultime gocce nella Coppa Italia all'Olimpico. E siamo finiti arrosto, tra la calura tropicale e le violenze che ormai sono di casa nello stadio romano (mancavano solo i pentoloni usati dai cannibali nelle vignette più popolari). Arrosto vero per la Fiorentina, fumo per il Milan di Giagnoneddu, che smentendo se stesso e i pronostici si immola in area viola. Il « maghetto » Mazzone passa con disinvoltura di mosse da una lontana Serie C alla Coppa, che è pur sempre — malgrado il calendario balordo e un'amministrazione miope — il secondo titolo italiano. Il diverto Antognoni si fa veder poco, rischia pressoché nulla, l'unico « tackle » lo subisce dai compagni festanti, ma bastano i gregari, come abbiamo cercato di com¬ mentare nel solito frenetico (e maledetto) giudizio notturno al telefono, un telefono che diventava molle e appiccicoso contro l'orecchio come in certe tele di Dalì. Il Milan, per presunzione di una difesa che non ha assi ma si crede chissà cosa, per gli eccessi di Romeo Benetti che spende tutto nel primo tempo e rischia l'asfissia nel secondo, per la renitenza davvero arlecchinesca di Chiarugi (è entrato in area solo in occasione del secondo gol rossonero, ma sprintando come certi ciclisti che tentano la volata lunga per evitare d'essere travolti in un capitombolo collettivo), ha mancato il traguardo più facile. E la Fiorentina, con bel machiavellismo tutto di marca toscana, ha fatto tesoro della supponenza avversaria. Rimpianga pure — e giustamente — Parola, che intuiva possibile la doppietta, e rimpianga il Torello, che ha gettato al vento un'occasione d'oro. Albino Buticchi e Giagno- neddu sono di nuovo al « quia ». Qualcuno gli parlerà di Rivera, qualche altro dovrà pur sottolineeare la presunzione di uomini — da Sabadini a Turone — che credono d'essere immensi solo perché vestono la maglia d'una cosiddetta « grande ». Anche qualche terzino dell'Inter si è ritenuto ormai arrivato, a vent'anni, solo perché portava il numero che fu di Burgnich o di Picchi. Ahimé, questo è il « prodotto » del nostro calcio, tanto asfittico quanto vanaglorioso. L'anno va in archivio, con la Juventus scudettata, con la Fiorentina che sfodera buon sangue: perché dove Merlo « rallenta ». dove Antognoni resta un bel figurino, si danno da fare i Rosi e i Casarsa. Nessuno ha scritto una cocente verità confessata dal « inaghetto » Mazzone. Questa: che Nereo Rocco, cedendogli la panchina, gli disse: ho perso sette mesi credendo Antognoni perno di squadra e uomo responsabile, non fa¬ re altrettanto, cambia formula e giudizio sui singoli. Recepito e messo nel cranio simile suggerimento, Mazzono dimostra che alcuni allenatori dell'ultima leva possono sfruttare al meglio iTpeculio in cassaforte. Si era partiti, la scorsa estate, con geremiadi •< olandesi ». Si chiude con la speranza di poter sopravvivere. E' poco o molto? Il nuovo Eldorado statunitense apre ai pallonari un'emigrazione alla rovescia. Non più il « passaporto rosso » dei tempi antichi, la valigia con la corda, ma un bel libretto d'assegni pronto ad ospitare dollari. Vecchie e giovani piote sognano una novella verginità con le targhe dei Cosmos e dei Bicentenials. Là, tra l'altro, si dovrà corricchiare a un chilometro all'ora, altrimenti mister Pelé ti licenzia. Bel vantaggio, no? L'avvenire del football americano è ancora fumoso, anche se carico di squilli e tamburate. Chinaglia che farà?, si domandano con di¬ sperazione all'ombra del Colosseo. Per noi, detto senza invidia e senza acrimonia, faccia pure. Inutile che a Roma rimpiangano, oggi, di avergli lasciata troppa corda. Tra la corda e i fischi, un cittadino di nome Giorgione potrà ben fare i fatti suoi. O no? Ultimo pettegolezzo: un settimanale sta organizzando una crociera da Venezia fino alla Turchia, sette giorni con il « Doktor », relax collettivo e tradizionale « processo » (satirico) all'ex-» Cu ». Ma c'è davvero gente che possa trascorrere sette giorni con quel signore senza cedere alla voglia di buttarsi o buttarlo in mare? E quella nave non incontrerà mai un horcynus orca, spaventevole molto? E i turchi non la respingeranno a colpi di colubrina? Mah. Forse il dilemma sta in questo: l'ex-» Cu » è smanioso di pubblicità e compagnia, e la flotta italiana, benché stia disarmando le sue navi ammiraglie, si aggrappa a tutto pur di essere nominata in qualche modo. Basta con le amenità. A parte una battuta romana gustosa, riguardante la « troika » del Club Italia. Dice la battuta: chi dei tre comanderà di meno? Risposta nostra: misureremo a settembre, quando scenderanno a valle gli orsi finlandesi. Nessuna chiacchiera inutile, ormai. E' matura la grande estate, con i suoi ripensamenti e le sue srnemoratezze. Di cotte e di crude ne abbiamo scritte anche troppe su un fenomeno pallonaro che ha partorito topolini dalla presunta montagna. La stagione ventura si profila durissima su tutti i fronti, a partire da un Pavone valutato un miliardo al « mercato » per non parlar di Riva, su cui tutti tacciono. Il gran romanzo popolare nato da alluci e tibie, con tutti i suoi effettacci, deliqui, risse e delizie, termina con nuovi, eterni interrogativi. Cosi sia. Ariostescamente, » per essere più grato a chi m'ascolta ■ io differisco il canto a un'altra volta ». Giovanni Arpino Roma. Merlo (che indossa la maglia del Milan) regge la Coppa seguito da Superchi (Tel.)

Luoghi citati: Brasile, Italia, Roma, Turchia, Usa, Venezia