Polizia e carabinieri contro i mille compagni del Curcio di Umberto Zanatta

Polizia e carabinieri contro i mille compagni del Curcio Ha fatto perdere le tracce il commando di Acqui Polizia e carabinieri contro i mille compagni del Curcio L'organizzazione eversiva divisa in due gruppi: uno clandestino di militanti armati, l'altro di fiancheggiatori (Dal nostro inviato speciale) Acqui Terme, 8 giugno. L'inchiesta sulle Brigate rosse ritorna da oggi nei binari della normalità, un lavoro lungo e faticoso che con- siste nel tentare di ricostruì-1 [Iire da tanti piccoli frammenti, dai documenti trovati nei « covi », dall'identificazione di un nuovo brigatista, Massimo Maraschi (anche se il suo nome era già fra quelli delle persone sospette) il quadro del gruppo eversivo. Un lavoro che è ostacolato proprio dall'organizzazione che le Br si sono date in questi anni, creando strutture a compartimento stagno, indipendenti, con « militanti » che non si conoscono fra loro, con « forze regolari » e « forze irregolari ». Secondo alcune stime fatte dagli inquirenti, i brigatisti « regolari », quelli che fanno irruzioni nelle sedi dei partiti, che hanno sequestrato il giudice Sossi e l'industriale Gancia, sono circa cento. Vivono da anni nella più assoluta clandestinità, con documenti falsi, senza un lavoro fìsso, generalmente lontani dai luoghi d'origine. Sono il « braccio armato » dell'organizzazione. Molti di loro sono schedati, i loro nomi sono conosciuti ai reparti speciali dei carabinieri e della polizia. Accanto a questi operano, sempre secondo le stime fatte dagli inquirenti, circa un migliaio di « irregolari ». Sono « militanti » che affiancano i primi, ma vivono non clandestinamente, preoccupandosi anzi di evitare che ||I| L^Slf™™ *e generalmente, su di loro non su di loro possano posarsi i sospetti degli inquirenti. Anche molti dei loro nomi sono negli schedari dei reparti speciali, ma con poche prove a loro carico. Proprio questo ti- si possa andare oltre i sospetti che, a volte, si estendono a persone che in realtà con le Brigate rosse non hanno nulla a che vedere. Questa confusione non fa altro che aumentare le difficoltà di chi indaga. Da quanto è accaduto mer coledì nella cascina Spiotta al Eelvedere di Arzello, a po chi chilometri da Acqui, co sa rimane nelle mani della polizia e dei carabinieri? Un brigatista, Massimo Maraschi, che a parte il proprio nome, « strappato » dai carabinieri I di Canelli dopo ore di inter rogatori, non ha detto una sola parola, non ha ammesso neppure di far parte delle Br o di aver partecipato al sequestro di Vittorio Vallarino Gancia, e un cadavere, quello di Margherita Cagol, la moglie di Renato Curcio, il capo dell'organizzazione. E' la donna che guidava, mitra in pugno, appunto il com mando che liberò Curcio dal carcere di Casale Monferrato. Ma degli altri sette uomini che sicuramente componevano il commando che ha rapito Vallarino Gancia, alcuni dei quali, probabilmente lo stesso Curcio, erano alla cascina quando vi arrivarono i carabinieri, non è più stata trovata la minima traccia. Gli inquirenti pensano che la prigione nella cascina fosse soltanto provvisoria, che l'industriale stesse per essere portato in un luogo più sicuro. Questo, la sparizione di Curcio e dei suoi complici, la diffusione del comunicato delle Br a Milano, dimostrano come l'organizzazione sia ancora estesa e possa disporre di rifugi sicuri. E' proprio a questi « covi » che ora gli inquirenti danno la caccia, a Torino, Milano, Genova, nelle campagne. Ma sarà un lavoro lungo, riprenderà di nuovo la routine che da mesi svolgevano gli uomini del gen. Cario Alberto Dalla Chiesa, 3i Santillo, e che, ! con quanto è accaduto giovedì, ha soltanto subito una sanguinosa impennata. I fatti di Arzello dovrebbero aiutare gli inquirenti più che altro sul piano psicologico poiché hanno dimostrato ancora una volta quanto sia sbagliata, impolitica e impopolare, la strategia seguita dalle Brigate rosse per lottare contro questo sistema, strategia che le ha irrimediabilmente condannate al più assoluto isolamento. C'è chi pensa che la storia delle Br sia ormai giunta all'ultimo atto, che sia iniziata la loro agonia. C'è invece chi teme che la morte di Margherita Cagoì possa contribuire a creare un mito attorno alla sua figura e alle Br e, contemporaneamente, spinga Renato Curcio verso nuove e temerarie imprese. Un'ipotesi quest'ultima che trova conferma anche nel comunicato emesso l'altro ieri dalle BR a Milano sulla morte della Cagol e che molti degli investigatori ritengono sia stato redatto proprio dal capo dell'organizzazione eversiva. Umberto Zanatta