"Ora aiuterò la maglia rosa ma penso già alla vendetta,,

"Ora aiuterò la maglia rosa ma penso già alla vendetta,, Parla "il grande sconfitto,, Battaglin "Ora aiuterò la maglia rosa ma penso già alla vendetta,, (Dal nostro inviato speciale) Arenzano, 1 giugno. Dall'altare alta polvere nel giro di ventiquattro ore. Giovanni Battaglin arriva, stralunato, disperato. Non si ferma, prosegue la sua corsa nel tentativo di sfuggire alla caccia di tutti noi che vogliamo sapere. Ci obbliga a una lunga, affannosa rincorsa, poi la folla che gli si chiude davanti lo blocca e ce lo consegna. Questi sono i momenti In cui il nostro mestiere diventa impietoso. Il ragazzo, il grande sconfitto di Arenzano andrebbe lasciato solo a sfogare nel pianto la sua disperazione, a riposare I suoi muscoli ed I suoi polmoni svuotati, come il suo sguardo fisso, dall'immane fatica del disperato, ossessionante inseguimento — solo contro tutti — che è durato 180 chilometri. Siamo invece obbligati a battere il ferro finché è caldo per carpirgli le prime immediate reazioni, i primi sconsolati commenti che sono sempre I più sinceri perché fluiscono spontanei, senza certi diplomatici calcoli che poi, a mente fredda, avranno il sopravvento. « Sono rimasto fuori da scemo! » questa è la sua prima reazione alle nostre domande, poi continua: « Sono sfinito, vuoto, demoralizzato; l'avevo già capito ieri, dopo la cronoscalata che stavano arrivando tempi duri. All'improvviso, senza rendermene conto, senza nessun preavviso, mi sono sentito scaricato, nei nervi e nei muscoli ». Poi con la voce rotta da un singhiozzo represso: « Chi ha vinto? Quanti minuti mi hanno dato? ». A questo punto la rabbia, la delusione hanno il sopravvento: « Non avevo più nessuno con me, sarebbe bastato un ultimo sostegno dei miei compagni, di uno solo dei miei compagni, sul Bracco, e forse anch'io mi sarei agganciato al primi come hanno fatto Lasa, Galdos, Bitossi. Ma ormai ero solo! A questo punto non mi re¬ sta che fare le valigie e tornarmene a casa ». Ora Battaglin non sa trattenere le lacrime, sta per lasciarsi sopraffare dall'ira, potrebbero anche sfuggirgli parole irreparabilmente polemiche e compromettenti. Per sua fortuna sopravviene, fendendo la calca, il suo « patron » Ferruccio Franceschini che lo calma, lo consola e riesce a trascinarlo verso l'auto della squadra. Non prima, però, che il ragazzo riesca a lanciare il suo anatema: « Per me la corsa è finita. Ma se resto, se non me ne vado a casa qualcuno me la pagherà! ». Arriva anche il direttore sportivo Marino Fontana ad impedirgli di precisare il bersaglio del¬ la sua minaccia. Il che ha acceso i nostri dubbi anche se più tardi, a mente quasi serena, il ragazzo è tornato in argomento: « Non ce l'avevo mica con i miei compagni di squadra e tanto meno con Bertoglio. Mi riferivo a quelli che hanno tentato di umiliarmi, sono loro che dovranno pagarmela! E anche qualcuno di coloro che hanno assistito senza muovere un dito, impassibili, al mio disperato inseguimento. Nessuno ha tirato un metro, anzi ce persino chi ha tentato di mettermi i bastoni tra le ruote ». Ma torniamo alle dichiarazioni di Battaglin subito dopo l'arrivo. Una volta rifugiatosi sulla sua auto, seduto sul sedile an¬ teriore, mentre i morsi della fatica si affievolivano, il ragazzo veneto ha trovato modo di fare un esame più sereno delle cause contingenti e remote che hanno determinato la sua débàcle: •• Ripeto, spiegazioni precise non so darvene. So solo che durante la giornata di riposo, e poi ieri al momento del via alla cronoscalata sul Ciocco, mi sono sentito completamente scaricato, senza più niente dentro. Stavo bene, ma la grinta dei giorni scorsi era scomparsa. Comunque sono convinto che se fossi stato più attento in partenza ce l'avrei fatta anche oggi ». « Ce l'avrei fatta — prosegue Battaglin — se non avessi commesso un grave errore di valutazione al momento della prima fuga, quasi In partenza, della giornata. Credevo che fosse solo un assaggio, ero convinto che con II traguardo ancora cosi lontano, quell'azione non fosse un vero e proprio attacco contro di me. Li ho visti andar via, avrei anche potuto reagire, ma non ho insistito. Invece proprio qui è cominciato il mio calvario. Malgrado l'aiuto dei miei che mi avevano quasi portato sui fuggitivi non ce l'ho fatta. Ero rimasto solo, è vero, ma toccava a me colmare sul Bracco il breve distacco. L'impresa è riuscita anche a tanti altri corridori che di solito in salita mi stanno ben dietro, a me invece no. Il resto l'avete visto: davanti tutti i campioni coalizzati a cinquanta l'ora, dietro io solo ». « E ora? » gli chiediamo. « Ora non mi resta che una strada — conclude Battaglin — aiutare Bertoglio che è sempre una Maglia Rosa e che continua ad andare forte. Spero proprio che la vittoria finale vada a lui che è della Jolljceramica come me. Sarebbe già una bella vendetta! ». Giuliano Califano

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