Si prevede un "sì,, al Mec nel referendum britannico di Mario Ciriello

Si prevede un "sì,, al Mec nel referendum britannico Giovedì alle urne, dissolti gli ultimi dubbi? Si prevede un "sì,, al Mec nel referendum britannico Il sondaggio Gallup afferma che per ogni inglese contrario alla Comunità europea ve ne sono due favorevoli - Gli " anti-markeeter " sembrano scomparsi Londra, 1 giugno. La battaglia per il referendum è entrata nella sua fase finale, dovrebbe essere il momento più drammatico: eppure, sembra che non vi sia quasi più nulla da dire. Gli ultimi dubbi si sono dissolti, la previsione è unanime: «La Gran Bretagna voterà per restare in Europa». Il sì di giovedì potrebbe superare anzi i sogni dei più ardenti europeisti. Il sondaggio Gallup afferma oggi che per ogni inglese contrario al Mec ve ne sono due favorevoli e che ormai anche un vi > anti-Cee degli "incerti" non dovrebbe modificare il quadro. Un trionfo, insomma. Il volto stesso, teso e cupo, degli antimarketeer rivela che la loro causa sembra destinata al naufragio. Pubblicamente, lanciano ancora esortazioni alla lotta, sfoderano cifre e statistiche sempre più assurde nell'estremo tentativo di mostrare, come dice un loro slogan, «che si vive meglio fuori che dentro il mercato comune». Ma, privatamente scuotono il capo, sconsolati. In cosa possono sperare? Certo, c'è sempre la possibilità di una sorpresa, sarebbe pericoloso escluderlo e, da vari anni, i sondaggi pre-elettorali britannici mancano regolarmente il bersaglio. Possono sperare in un sonoro no celtico (cioè della Scozia, del Galles e dell'Ulster) all'Europa, con qualche maggioranza anti-Cee forse in qualche contea dell'Inghilterra centro-settentrionale. Così stando le cose, l'atmosfera stessa della campagna è mutata in quest'ultima settimana. La stampa è tutta pro-europea, le grandi figure politiche sono tutte proeuropee, le chiese sono pro-europee, ecc. ecc. Non è facile, dunque, trovarli, questi an- ti-marketeer, il cui schieramento abbraccia, in teoria, uomini della sinistra laborista, ultra conservatori, comunisti, trotzkisti, maoisti, fascisti, nazionalisti celtici più nostalgici e isolazionisti di ogni tipo. I loro comizi si sono rarefatti e spesso non richiamano che poche persone: mancano i soldi, che non sono stati mai abbondanti; vari personaggi hanno preferito ritirarsi nell'ombra. Alla vigilia del referendum, gli antimarketeer avevano promesso che avrebbero fatto udire il ruggito del vecchio leone britannico. Non si è udito che un miagolio. Il povero Anthoni Wedgwood Benn. il ministro laborista dell'Industria, leader simbolico della battaglia per spezzare l'unione anglocontinentale, si è così trovato a combattere quasi da solo. Sperava nel tonante e costante aiuto dei più potenti sindacati, i quali, dopo la loro bordata anti-Cee d'un mese fa, hanno invece preferito chiudersi nel silenzio. Sperava nell'aggressività del collega Peter Shore, ministro del Commercio, ma il suo fuoco si è spento rapidamente. E dove sono finiti gli artisti, gli scrittori, lanciatisi nella pugna per «difendere la sovranità nazionale»? Sono spariti. Vanessa Redgrave, ad esempio. John Osborne, Kenneth Tynan. Un'inchiesta del «Sunday Times» confer- 5!LS2? ,U"? <<intenSa ai>-tla^ da, UnfCap° cne ai reteren- all'altro della nazione. Più dum, la gente pensa alle severe misure eco nomiche che lo seguiranno. Oggi pomeriggio, a Londra, un vecchio autobus a due piani, scoperto, percorreva e ripercorreva Park Lane ripetendo con motivi jazz e palloncini lo slogan «Keep Britain in» (tenete l'Inghilterra nel Mec). I passanti non voltavano neppure la testa. Mario Ciriello