L' amico di Liggio è ucciso a colpi di pistola a Palermo

L' amico di Liggio è ucciso a colpi di pistola a Palermo Condannato dal tribunale mafioso due anni fa L' amico di Liggio è ucciso a colpi di pistola a Palermo Due killers lo hanno colpito con otto rivoltellate - La vittima, 34 anni, aveva aiutato il "boss" a nascondersi durante il periodo di latitanza - Il delitto mentre entrava in casa (Dal nostro corrispondente) Palermo, 11 maggio. Pasquale Marino, il favoreggiatore di Luciano Liggio assassinato ieri sera in strada a Palermo, era stato condannato a morte dalla mafia dall'estate del 1973. La sentenza è stata eseguita da due killers quasi a due anni di distanza da un attentato dinamitardo che la sera del 25 agosto '73 fu compiuto contro il primo piano di piazza Vittorio Veneto 15 dove la vittima abitava con la famiglia e con il padre adottivo, il mobiliere Francesco Paolo Marino conosciuto a Palermo per essere ricco i ma soprattutto mafioso ed amico dei più influenti «boss» i della vecchia e della nuova • guardia. L'ombra di Luciano Liggio si specchia quindi su questo nuovo omicidio che probabilmente rida energia ad una delle «cosche» mafiose di recente formazione che stanno \ cercando d'inseririsi nei mi1 stenosi e sanguinosi traffici I della malavita organizzata siI cilìana. Ragioniere, 34 anni, condannato nel '65 a 2 anni di reclusione quale favoreggiatore del capomafia di Corleone — arrestato a Milano l'altr'anno dopo cinque anni di latitanza — Pasquale Marino è stato freddato secondo la più seguita «liturgia» mafiosa. Parcheggiata la sua auto, una nuova «131» nel garage sottoi stante casa sua, appena è riì salito in strada in via Sdutti — una delle principali di Palermo — il Marino è stato affrontato da due killers che l'hanno crivellato di proiettili di P. 38 canna lunga, l'arma ormai che i mafiosi preferiscono largamente all'antiquata «lupara». Otto spari, uno dopo l'altro, in rapida successione che hanno spappolato il cervello e maciullato il torace alla vittima. Quindi la fuga degli assassini su una «127» bianca guidata da un complice che si è incuneata nel traffico a clacson spiegato come per un pronto soccorso. Dopo essere stato condannato assieme ad altri quale favoreggiatore di Liggio, Pasquale Marino fu inviato al confino a Schio nel Vicentino e quindi fu trasferito a Cavardo in provincia di Brescia dove nel frattempo era stato inviato pure in soggiorno obbligato il padre adottivo. In Lombardia Marino jr. si sposò e quando, nel gennaio del 1973, la corte d'appello gli revocò la misura di prevenzione antimafia tornò a Palermo con la moglie e il figlioletto, seguito pochi mesi fa dal padre anche lui «premiato» con la revoca della diffida. Un mobilificio a Palermo e alcune rivendite, un grosso magazzino aperto a Cavarda e parecchie rappresentanze di «mobili di Cantù» hanno fatto sinora la fortuna finanziaria dei Marino che anni fa acquistarono nella piana tra Alcamo e Partinico una vastissima proprietà terriera pagando alcune centinaia di milioni in contanti. Liggio entra per forza in questo omicidio. I Marino sono tuttora suoi «fidatissimi». Nel 1963 per molti mesi l'aiutarono a nascondersi, col nome di Gaspare Centineo, nell'ospedale ortopedico « Ospizio Marino ». Pasquale allora | aveva 22 anni, ma era già ben saldo nella gerarchia mafiosa e in questura l'incartamento \a suo nome portava stampigliata sulla copertina la classica «M» scritta in rosso, che significa mafioso. Ma nel 1964 — all'ospedale ormai circolavano sospetti e poi il morbo di «Pott», la tubercolosi ossea, non gli dava un po' di tregua — Liggio dovette lasciare Palermo, ospita. to a Corleone dalle sorelle \Leoluchina e Maria Grazia Sorisi dove il 14 maggio '74 fu catturato dal colonnello Menilo dei carabinieri e non dal questore Angelo Mangano che però fu più lesto a mettersi davanti ai fotografi al fianco del capomafia. Assieme ai Marino quali favoreggiatori di Liggio furono processati il dottor Gaetano La Mantia, medico dell'ospe\dale, Ludovico Benigno funzionario dell'assessorato saniita della Regione siciliana, '^Giuseppe Lauricella «boss» di luna borgata palermitana, Antonino La Rosa, le sorelle SoI risi. Antonio Ravidà i Pasquale Marino