Saragat propone un centro-sinistra "nuovo nello spirito e negli nomini,,

Saragat propone un centro-sinistra "nuovo nello spirito e negli nomini,, Nostra intervista con Pex Presidente della Repubblica Saragat propone un centro-sinistra "nuovo nello spirito e negli nomini,, Ha accettato di tornare alla guida del partito perché "il momento è critico" - Vuole riportare il psdi alla sinistra della democrazia cristiana - Considerazioni sui risultati elettorali - Un giudizio aperto sui comunisti Roma. 28 giugno. Settantasette anni a settembre, Saragat torna all'improvviso alla presidenza del partito socialdemocratico. Chi glielo fa fare, alla sua età? «E' stato il partito a chiamarmi, e io non potevo tirarmi indietro», mi risponde Saragat. Come altre volte d'estate, mi riceve con le maniche della camicia rimboccate fin sopra i gomiti. Due anni di esilio politico, di vita quieta e familiare in una villa sulle pendici di Monte Mario, hanno giovato alla salute di Saragat: è leggermente dimagrito, ha il passo fermo e lungo del montanaro, vivace lo spirito, lucida la mente. — Ma proprio ora, domando io, proprio in un momento così oscuro? Lei sa meglio di me, presidente, quanto grande sia il malcontento tra la gente, quali siano le tribola TÌrtrtl ^ di 1 'otT,*, r\YVI ì Ct a /"»nmC» ì' zioni dell'economia, e come il quadro politico sia stato reso ancora più confuso dalle recenti elezioni. E allora? «Appunto perché il momento è così critico, ho ritenuto doveroso accettare l'incarico. Potrò essere utile al Paese. Lo spero. Molto dipenderà dall'autorità che saprò acquistarmi all'interno del mio partito e nei riguardi degli altri partiti». La nostra conversazione dura più di un'ora, non prendo appunti come al solito, e la ricostruisco ora con parole mie, cercando di ricordare i punti essenziali. Per quel che riguarda il psdi, penso che due siano le ambizioni imme- mehdiate di Saragat: restituire il I partito alle sue ispirazioni | originali, il socialismo nella libertà, e ricollocarlo al suo posto tradizionale, a sinistra della democrazia cristiana e a | debita, distanza dal partito co- j munista. j Saragat mi dice: «Noi socia- ! listi democratici ci battiamo ! per una società economicamente giusta e politicamente libera. So bene che spesso ci accusano di mettere l'accento soprattutto sulla libertà politica, ma noi siamo profondamente convinti che la giustìzia sociale sia inseparabile da una democrazia vera, autentica. Guardi fuori dell'Italia. Dove la giustizia sociale e la democrazia sono considerate le due facce di una stessa medaglia, lì trova i Paesi più progrediti, dalla Svezia alla | Germania, dalla Danimarca all'Inghilterra. Del resto, si tratta di un'idea antica e che affiora, sia pure tra contraddizioni, persino nelle opere di Marx. La libertà, dilatando l'anima umana, la eleva e la rende più sensibile alla solidarietà in tutti i campi, a cominciare da quello economico». — Sì, presidente, lei ha dato i tutta la vita al culto della de-1 mocrazia socialista, lo sappiamo tutti, compresi i suoi avversali, ma io sto qui per do- j mandarle che cosa può fare per tirarci fuori dai guai. «Prima dì tutto, mantenere i nervi a posto. Non stiamo a fasciarci la testa prima di es- \ sercela rotta». — Cavour diceva che la sto- ! ria ama improvvisare. «Per l'appunto, nessuno può 1 prevedere quali astuzie la storia ha messo sul nostro cammino. Per il momento, in un ' momento cosi agitato, cerchiamo dunque di tenere i \ nervi a posto e di guardarci \ intorno con obiettività». Anzitutto, secondo Saragat, ; « è semplicemente idiozia » ! pensare che, in fondo, il fasci- j smo e il comunismo sono la | stessa cosa. Il fascismo è un residuo della parte più buia e irrazionale del Medioevo, con i suoi furori passionali, un coacervo di superstizioni e di fanatismi. Il comunismo viceversa esprime l'aspirazione a una maggiore giustizia sociale, e può darsi che un giorno, dandosi un cuore libero, approdi alle stesse rive della socialdemocrazia: è un proble- ma aperto, e che già adesso mette in crisi la parte più evoluta del comunismo internazionale. «La libertà non è borghese né proletaria, ma umana », dice Saragat. «Nelle ultime elezioni — aggiunge — i voti comunisti hanno fatto un gran balzo in su. Senza dubbio nei Paesi dove lo spirito democratico affonda radici inestirpabili nel terreno popolare la presenza di un forte partito comunista è uno stimolo ad avanzare con maggiore slancio sulla strada delle grandi riforme della società; e anche in Italia il partito comunista non può non esercitare quella sua funzione di stimolo. Però che avverrebbe se un giorno. da soli o con ì socialisti, i co munisti andassero al potere in seguito a libere elezioni, per volontà del popolo?». — Probabilmente — dico io — la borghesia non si lascerebbe spazzare via senza reagire. Ha forze sufficienti per tentare un colpo di Stato. Ma Saragat non ci crede: «e poi, come democratico, sono discorsi che non voglio nemmeno sentire». La sua convinzione è che con l'avvento dei comunisti al potere l'America, un Paese democratico e sottoposto a spinte isolazioniste, abbandonerebbe l'Italia di punto in bianco. Tuttavia i dirigenti comunisti hanno più volte affermato che non intendono alterare l'equilibrio politico in Europa e perciò non chiederebbero l'uscita dell'Italia dall'Alleanza atlantica — dico io. Ribatte Saragat: «Personalmente non dubito che i capi comunisti italiani siano in buona fede quando affermano di volere e di potere garantire l'autonomia del loro partito da Mosca. Però la loro è una illusione Le faccio un esempio: che avverrà nella Jugoslavia dopo la scomparsa dell'ottantatreenne Tito? E' forse assurdo supporre che la Jugoslavia verrà assorbita nella zona di influenza sovietica? E con l'Urss attestata alle porte di Trieste, quanto a lungo il partito comunista italiano potrà conservare la sua autonomia? Nella migliore delle ipotesi, l'Italia verrebbe a trovarsi in condizioni analoghe a quelle della Finlandia. In altre parole, il nostro Paese sarebbe estromesso dal mondo occidentale, dalla stessa Europa». — E allora che fare, presidente? «Cominciamo dalle cose che non si dovrebbero fare. Far cadere Moro senza sape- I re con chi sostituirlo, con quale formula e programma, sarebbe lo stesso che invitare la de a formare un governo I j I I I monocolore, preludio a elezioni anticipate, a un nuovo e più furioso scontro frontale, di qua i comunisti, di là gli anticomunisti. D'altra parte, non si può congelare la situazione attuale, con un governo di cui non si sa se abbia o no la maggioranza nel Parlamento, un governo che potrebbe cadere in qualsiasi momento, I e, dì conseguenza, costretto a vivere alla giornata gestendo l'ordinaria amministrazione. Amico mio, il momento è difficile, e bisogna darsi un governo concorde, stabile il più possibile, capace di farci uscire dal ristagno economico». — Insomma, presidente, un ritorno al quadripartito e al centro-sinistra. «Non c'è altra scelta. Naturalmente un centro-sinistra rinnovato nello spirito e in modo particolare negli uomini. Un centrosinistra seriamente intenzionato a confrontarsi con i comunisti sul terreno delle grandi riforme sociali: gli ospedali, le case, le scuole, tanto per intenderci. E in più, un grande rigore morale nella gestione della cosa pubblica. E ancora: programmi economici concreti, ch.e funzionino subito, che ridiano slancio alle attività produttive. Per conto mio. ma questo non è che un esempio, è giusto difendere il potere di l acquisto dei lavoratori con | aumenti salariali, ma ancora j più giusto è dare un posto di I lavoro a chi non lo ha». — Tuttavia nel partito socialista molti non vogliono più sentir parlare di quadripartito e di centro-sinistra. «Io le ho detto come la penso e perché ho rinunciato alla mia quiete accettando di (orNicola Adelfi (Continua a pagina 2 in quarta colonna) o e Roma. Il senatore Giuseppe Saragat (Telefoto Team)