Impossibile una perizia sul cuore di Lupo è stato distrutto a insaputa dei giudici di Vincenzo Tessandori

Impossibile una perizia sul cuore di Lupo è stato distrutto a insaputa dei giudici Imbarazzata ammissione dell'anatomista al processo Impossibile una perizia sul cuore di Lupo è stato distrutto a insaputa dei giudici (Dal nostro inviato speciale) Ancona, 26 giugno. E' esploso un incredibile giallo: il cuore di Mariano Lupo che si pensava conservato sotto formalina fino all'altro giorno e a disposizione per un supplemento di perizia, è stato distrutto dal perito settore prof. Pietro Valli. Erano le 18 quando il medico legale, dicente di antropologia all'Università di Parma, piuttosto imbarazzato ha fatto la confessione, e le sue dichiarazioni hanno avuto l'effetto di una bomba. Il teste, la cui deposizione due giorni fa aveva lasciato molte ombre, ha ripetuto quanto già detto. E' stato sottoposto ad una serrata serie di domande da parte dei difensori della parte civile, prof. Pecorella e avv. Bozzini: si è trovato prima a disagio, poi in serie difficoltà fino a perdere del tutto la staffe quando l'avv. Bozzini .gli ha chiesto se avesse veramente sezionato il cuore. «Sentite cari signori — ha risposto agitatissimo e offeso — dopo vent'anni e duemila autopsie e dopo quello che ho detto mi chiedete questo?». Molto sereno l'avv. Bozzini ha ribattuto: «Per quattro volte, l'altro giorno, abbiamo ripetuto la domanda, senza ottenere risposta». Poi il medico legale ha ammesso di aver distrutto l'organo di sua iniziativa, senza disposizione del magistrato. «Non serviva più, gli esami supplementari non erano necessari». Numerosi coltelli, «armi da difesa» furono portati nella sede del movimento sociale di Parma non molto tempo prima dell'uccisione di Mariano Lupo, il militante di Lotta continua pugnalato al cuore: vennero distribuiti, sembra, fra i componenti le squadracce nere assai attive in quel periodo. La notizia, pubblicata dall'Opinione Pubblica, settimanale di Parma è stata confermata dall'estensore dell'articolo professor Vittorio Martello, chiamato a deporre come teste. Un altro duro colpo è così stato inferto ai contrinui tentativi del partito per rimanere fuori da questa sporca storia. A dare l'informazione era stato Donatello Ballabeni, discusso personaggio dell'Emilia nera, in carcere da qualche giorno in seguito alle indagini sull'omicidio di Alceste Campanile, anch'egli di Lotta | continua, avvenuto a Reggio | due settimane orsono. Balla- ! beni è ritenuto autore del vo- lantino col quale «Legione I Europa» rivendica l'omicidio, j All'improvviso quindi il gio- ì vane, che pure non è più iscritto al movimento sociale, è divenuto un personaggio scomodo e la difesa dei quattro imputati per il delitto Lupo, sempre molto preoccupata quando si intravedono responsabilità missine, ha fatto l'impossibile per convincere la Corte sull'inattendibilità del giovane: «E' malato, è stato anche in cura per disturbi nervosi». Chiaro il racconto del professor Martello: «Ballabeni disse di aver comprato i coltelli e che dovevano servir loro per difendersi. Aggiunse che li aveva portati nella sede del msi». A chi le armi fossero state date il giovane non lo rivelò, ma ha aggiunto il teste: «Capii che le aveva distribuite ai suoi camerati». A ima domanda del professor Pecorella del collegio di difesa della parte civile, Martello ha risposto: «Raccolsi una voce su una riunione di dirigenti o simpatizzanti del msi tenuta a Parma: poiché la città è di sinistra, è medaglia d'oro della Resistenza e ad Almirante era stato impedito di parlare, fu detto che occorreva creare un incidente. Sentii dire quelle cose da alcuni giovani in un bar frequentato dai fasci¬ sti». Il discorso della premedita zione, dell'agguato messo a punto nei particolari, è torna to alla luce quando ha depo sto Arnaudo Marconi, «simpa lizzante ma non iscritto al msi» come egli stesso ha tenuto a puntualizzare. Nel tardo pomeriggio del 25 agosto, poche ore prima dell'assassinio di Lupo, il giovane aveva ricevuto da Ballabeni un avvertimento: «Non andare al bar Moderno perché tireran- | no delle brutte arie». Ma quella sera sembra sia stata particolarmente tormentata anche per il teste: aveva paura, dice, ma decise di andare lo stesso nel locale dove incontrò il gruppo di amici: fra costoro Pierluigi Ferrari, oggi alla sbarra accusato di concorso nell'omicidio, gli disse: «Resta pure, quando ci sono io non succede mai niente». Inquieto, impaurito, Marconi decise invece di allontanarsi. Rincasò, poi uscì di nuovo «per fare benzina» e, incontrato ancora Ballabeni, venne informato: «Abbiamo accoltellato imo». Vincenzo Tessandori

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