Sinai: le proposte avanzate da Israele di Vittorio Zucconi

Sinai: le proposte avanzate da Israele sono state rese pubbliche in Usa Sinai: le proposte avanzate da Israele (Dal nostro corrispondente) Washington, 25 giugno. Nuove proposte israeliane per un accordo temporaneo sul Sinai sono state presentate ieri a Sadat dall'ambasciatore americano al Cairo. Il piano israeliano, frutto delle conversazioni fra Rabin e Ford-Kissinger svoltesi due settimane fa a WashìiikI >n, è giunto nella capitale americana giovedì scorso, trasportato in gran segreto dall'aiutante militare di Rabiii, generale Efraim Poran, e, dopo un breve esame da parte statunitense, ritrasmesso in Egitto. Nessuna reazione precisa è arrivata ancora dal Cairo, ma si è appreso che il presidente Sadat ha tenuto ieri e oggi lunghe riunioni con i principali assistenti militari e diplomatici ed ha ripetutamente convocato l'ambasciatore Usa La nuova offerta israeliana, di cui si conoscono (attraverso indiscrezioni sia da Gerusalemme che dal Dipartimento di Stato) molti dettagli rappresenta un discreto progresso rispetto all'ultima posizione di Rabin durante i negoziati di maggio, giudicata insufficiente da parte egiziana, ma fonti americane la considerano ancora un po' « corta » rispetto alle attese di Sadat. Si fa notare comunque che si tratta di una posizione negoziale di partenza, e quindi suscettibile di modificarsi nel corso delle trattative. Eccone i punti principali, confrontati con le offerte massime fatte di Israele lo scorso marzo, quando fallì l'ultima « spola » kissingeriana. — Allargamento sostanziale delle fascia smilitarizzata. La nuova frontiera del territorio occupato da Israele partirebbe dal villaggio di Nahal Yam (presso il lago Bardawil), scenderebbe a Sud sfiorando il villaggio di Bir Gafgata, si avvicinerebbe al Golfo di Suez presso il villaggio di Sudr e lascerebbe in mano egiziana un lungo corridoio fino ai pozzi di Abu Rudeis, ceduto al Cairo. L'ultima posizione israeliana a marzo prevedeva una fascia assai più ristretta di territorio ad Est del Canale e una piccolissima enclave territoriale intorno ai pozzi, divisi dal Canale da una zona ancora in mano israeliana. Due pezzi distinti insomma, mentre oggi il piano di Gerusalemme si configura come una « forbice », dove una lama è rappresentata dal Canale, un'altra dalla nuova linea di ritiro israeliana e il fulcro, in mano egiziana, ad Abu Rudeis. — Cessione del versante occidentale (dalla parte cioè dell'Egitto) dei passi strategici di Mitla e Gidi, con mantenimento di apparecchiature elettroniche di sorveglianza israeliane sul versante stesso. Su questo punto, nessuna sostanziale modifica delle tesi precedenti. — Durata dell'accordo da tre a 4 anni. In marzo, Ra¬ bin pretendeva da 5 a sette anni. —■ Richiesta all'Egitto di una dichiarazione di rinuncia all'uso della forza per la durata dell'accordo. — Limitazione delle rispettive forze armate nelle zone immediatamente alle spalle della nuova linea di demarcazione, ma diritto al pattugliamento dell'area smilitarizzata per entrambi i Paesi. V'è qui il tradizionale obiettivo israeliano di un pattugliamento congiunto egiziano-israeliano del Sinai. Queste nuove posizioni israeliane sono accompagnate da una serie di richieste dirette a Washington. Innanzitutto, la ripresa immediata e copiosa delle forniture militari, sospese dagli americani dopo il fallimento di Kissinger a marzo. Poi, chiarimenti sui prossimi passi negoziali. Come ha detto un diplomatico di Gerusalemme, « prima di metterci in cammino vogliamo sapere che cosa c'è dietro l'angolo ». In particolare, Rabin teme una concatenazione di trattative, che lo porti, subito dopo un'eventuale intesa con Sadat, di fronte ai siriani, o ad una nuova tappa con lo stesso Sadat. E' questo uno dei punti di maggior disaccordo fra Gerusalemme e Washington, poiché gli americani vorrebbero innescare, con un patto sul Sinai, una reazione a catena negoziale che portasse, finalmente, a Ginevra dopo una serie di accordi. Ciò che soprattutto Washington non vuole è cristallizzare la situazione intorno ad un accordo temporaneo sul Sinai, che riproporrebbe, di fatto, un nuovo stallo e dunque ricreerebbe le premesse per un incremento della tensione. Esattamente al contrario, lo Stato ebraico vorrebbe l'intesa parziale, e poi un lungo periodo di tempo per lasciarla sedimentare prima di passare ad altri «fronti». Intorno a questo punto — in larga misura assai più importante, perché di fondo, che l'estensione dei ritiri e delle concessioni — si è accesa la battaglia di pressioni, di segnali e di ammonimento in corso fra Washington e Gerusalemme. Kissinger ritiene che non sia possibile a Sadat accettare un nuovo trattato temporaneo con Rabin senba collegarlo in qualche modo almeno alla Siria, Washington avrebbe anche già fatto notare a Rabin che il nuovo piano sottoposto all'Egitto può essere accettabile solo come base di discussione, non certo come offerta definitiva. La prima rivelazione del piano israeliano è venuta da Gerusalemme (pubblicata dal New York Times) e il dipar- j timento di Stato, su diretta richiesta di Ford, ha reagito I bruscamente — stasera — a quella che il portavoce di I Kissinger ha definito « una j fuga di notizie incompatibi- ! le con la natura delicata e riservatissima di tali scambi ■ diplomatici ». Anderson, il portavoce, ha tuttavia aggiunto di non rimproverare i giornali per le indiscrezioni, ma quanti stanno alla fonte della « fuga »: a Washington si legge questa dichiarazione come un chiaro rimprovero agli israeliani. Quella fu una risposta alla accusa di « cocciutaggine » rivolta da Ford a Gerusalemme, questo di oggi — se davvero è un'indiscrezione di fonte israeliana — appare una mossa per prevenire possibili rimproveri da sabotare le nuove iniziative kissingeriane. Vittorio Zucconi