Il successo del pci inquieta Breznev?

Il successo del pci inquieta Breznev? L'Urss e il comunismo europeo Il successo del pci inquieta Breznev? (Dal nostro corrispondente) Mosca, 25 giugno. Di tutti i giornali al mondo, quelli che hanno dedicato meno spazio al successo dei comunisti nelle elezioni italiane sono stati forse i sovietici. La Pravda, ad esempio, si è limitata ad un paio d'analisi, freddissime e rigorosamente fattuali, dei risultati. La stampa sovietica è di tipo ecclesiastico: propone programmi, lancia anatemi e scomuniche, mai s'abbandona a congetture. E, per il momento, le conseguenze del voto italiano della settimana scorsa appartengono ancora al mondo delle congetture. Ma questo non basta a spiegare la prudentissima reazione dei giornali di qui. La vera ragione sembra essere un'altra: il rafforzamento del pei impone al Cremlino una revisione della propria strategia verso i comunisti italiani, e più in generale verso un certo tipo di comunismo europeo occidentale, e ci vorrà qualche tempo prima che tale strategia venga messa a punto e ancora più tempo prima che le sue grandi linee vengano lasciate trapelare attraverso i giornali. Nell'elaborare la loro strategia, i sovietici dovranno tener conto di cinque fattori, che sono sintomi di un nuovo equilibrio — o quantomeno di una tendenza verso un nuo vo equilibrio — nel movimento comunista europeo Il primo è la ricerca di un'alleanza tra il partito co munista italiano e la lega dei comunisti jugoslavi. Subito dopo il congresso del pei, che ha sanzionato le aspirazioni del partito ad entrare nell'area governativa, Berlinguer ha fatto visita a Tito per stabilire un rapporto di sostegno reciproco, soprattutto nei confronti di Mosca, nel quadro di quella che potrebbe essere definita una strategia del comunismo mediterraneo. Il secondo fattore è l'identità di vedute, stabilitasi spontaneamente, tra i comunisti italiani, jugoslavi e spagnoli sulla questione portoghese, che è diventata lo spartiacque tra un comunismo occidentale dal volto umano (e di contenuto culturale più elevato) e un comunismo dogmatico. Tra il comunismo stalinista di Cunhal e il socialismo democratico di Soares, italiani, jugoslavi e spagnoli hanno scelto Soares, mentre i francesi, ad esempio, hanno preferito Cunhal, allineandosi totalmente con Mosca, che definisce ormai Soares un reazionario e un provocatore. Terzo. Nel dibattito, talvolta aspro, apertosi nella fase preparatoria della conferenza europea dei partiti comunisti, si è creato un fronte comune tra jugoslavi, romeni, spagnoli ed italiani non appena i sovietici, direttamente o attraverso i tedeschi orientali, hanno tentato di imporre un indirizzo russocentrico alla conferenza, strumentalizzandola secondo i loro fini politici ed ideologici. Quarto. Nell'ambito della conferenza per la sicurezza e la cooperazione sono gli jugoslavi e i romeni che s'oppongono con maggior vigore ad una conclusione della conferenza a luglio se prima non saranno regolati problemi, per essi fondamentali, come quello del «seguito» della conferenza stessa. Infine, e siamo al quinto fattore, la Romania ha chiesto di poter entrare, in veste d'osservatore per ora, nel movimento dei Paesi non allineati, dimostrando esplicitamente una volontà di staccarsi progressivamente dal Patto di Varsavia, nel quale continua a giocare il ruolo di membro riottoso e talvolta scomodo. L'Unione Sovietica vede, dunque, profilarsi il rischio che in Europa nasca un nuovo polo comunista, che potrebbe porsi in antitesi a Mosca e potrebbe attrarre nella sua orbita altri partiti. Naturalmente, la consistenza di questo polo, e quindi la sua forza d'attrazione, dipende da condizioni per ora difficilmente prevedibili: l'autorità e il ruolo del pei in Italia, il grado di compattezza e di continuità della Jugoslavia dopo Tito, il margine d'autonomia della Romania nell'ambito del Patto di Varsavia, la funzione del partito comunista spagnolo nella Spagna post-franchista. Ma una di queste condizioni — l'accresciuta autorità dei comunisti italiani — sembra in via di concreta realizzazione e, inquadrata la cosa nel contesto che abbiamo descritto, si comprende la prudenza, fino ai confini della reticenza, dei sovietici nel commentare i risultati delle elezioni italiane. Paradossalmente, le dichiarazioni pre-elettorali del pei il discorso di Berlinguer" al quattordicesimo congresso e la sua relazione al comitato centrale del 10 dicembre 1974 sono state più rassicuranti per Kissinger che per Breznev se valutate nel quadro dei rapporti tra Est e Ovest, tra Cee e Comecon, tra Nato e Patto di Varsavia. Breznev, come Kissinger, può dubitare se si tratti di tattica o di strategia, ma ne ricava comunque motivi d'inquietudine. Tanto più che l'Unione Sovietica ha già toccato con mano, durante la tormentata preparazione della conferenza dei partiti, come il partito comunista italiano istintivamente sia più attratto dal modello jugoslavo che dal modello sovietico. Paolo Garimberti Il New York Times scrive oggi di aver appreso che la bozza finale del documento che dovrebbe essere firmato a Helsinki è ormai quasi pronta. Restano da definire due questioni: quella concernente il preavviso che la Nato ed il Patto di Varsavia dovrebbero darsi reciprocamente in caso di manovre militari ed un problema sollevato dalla Romania. Il governo di Bucarest, afferma il giornale desidererebbe inserire nel documento alcuni chiarimenti giuridici sulla portata della cosiddetta « dottrina Breznev », la teoria cioè secondo cui l'Urss è autorizzata ad intervenire negli altri Paesi comunisti ogni qualvolta il loro sistema politico sia messo a repentaglio. Il New York Times riferisce inoltre che, a giudizio di vari responsabili americani, il testo finale del documento dovrebbe comunque essere pronto verso la fine della settimana prossima. (Ansa)