Tour, Moser sfida la sfinge Merckx

Tour, Moser sfida la sfinge Merckx La corsa francese prende il via da Charleroi con un prologo a cronometro Tour, Moser sfida la sfinge Merckx Francesco ha classe e temperamento per emergere - Le caratteristiche della gara gli si adattano in modo notevole - L'asso belga è al tramonto o è tornato in forma? - Le possibilità di Gimondi e di Battaglin (Dal nostro inviato, speciale) Charleroi, 25 giugno. Con l'ormai tradizionale prologo a cronometro su un breve circuito di sei chilometri, nel pieno centro di Charleroi, più ricco di rischi che di significato tecnico, prenderà l'avvio, domani pomeriggio, il 62" Giro di Francia. E' un Tour che agli occhi di un osservatore neutrale si nasconde soprattutto dietro un volto di sfinge: quello di Eddy Merckx, il fuoriclasse belga, il quale può benissimo essere avviato verso II viale del tramonto — come qualcuno sostiene giudicando superficialmente il suo laborioso rodaggio prima di arrivare a Charleroi —, ma può anche aver minuziosamente preparato, mimetizzandosi dietro una condizione di forma non certo esaltante, l'impresa a cui tiene di più: quella di battere il record di vittorie di Jacques Anquetil, arrivando a Parigi con la sua sesta maglia gialla Merckx ha disertato il Giro d'Italia — per malattia, non per libera scelta —, ma ciò non costituisce un vantaggio per lui, in quanto anche quelli che dalla competenza vengono indicati come i suoi più temibili avversari hanno preferito puntare tutte le loro carte sul Tour. Luis Ocana, José Fuente, l'olandese Zoetemelk. ed il nostro Francesco Moser figuravano, per un preciso calcolo, tra i grandi assenti alla corsa per la maglia rosa. Il loro disegno, ciascuno ovviamente prò domo sua, è chiaro: essere al meglio della condizione fisica per battere Merckx sul suo terreno preferito. La presenza sulle strade del Tour di Francesco Moser, oltre che di Battaglin e del vecchio Gimondi, illumina di un significato nuovo la partecipazione italiana alla corsa. L'ultimo nostro trionfo al Giro di Francia risale a dieci anni fa, proprio per merito di Gimondi; ancora tre anni fa Felice, sempre fra gli ultimi a « morire » sulla bicicletta, portò a termine la bella impresa di finire secondo a Parigi, dietro a Merckx. Ma Gimondi, anche se tuttora validissimo, appartiene ormai ad un'altra generazione di ciclisti: gli si può chiedere soltanto un orgoglioso canto del cigno in quello che dovrebbe essere, secondo logica, l'ultimo Tour della sua carriera. Francesco Moser, invece, appartiene alla « nouvelle vague » del nostro ciclismo ed è l'unico, tra i nostri giovani, ad aver offerto, anche in terra straniera, consistenti prove del suo valore: ha partecipato due volte alla ParigiRoubaix ed alla prima occasione ha sfiorato il clamoroso trionfo, mentre nella seconda è stato tradito da una caduta nel momento decisivo; si è preparato al Tour non stando a passeggiare in bicicletta sulle strade di casa, ma andando a vincere il Gran Premio del Midi Libre, davanti a gente come Zoetemelk e Thevenet; il suo temperamento di lottatore, sempre pronto ad entrare nel vivo della battaglia, si adatta perfettamente al clima agonistico del Tour, una corsa che può creare la sorpresa anche nella più insulsa delle tappe in pianura. Moser al Tour vuol dire per noi la consistente speranza di essere venuti fin quassù non per recitare un rosario di sconfitte e di relative giustificazioni, ma per assistere a qualcosa cui non eravamo più abituati: un italianu che si batte per vincere, trovando credito, nei pronostici, addirittura fra i connazionali di Merckx. Le salite del Tour sono molte ma ben distribuite, sono molte anche le discese, cavallo di battaglia dello spericolato ciclista trentino e le cronometro (in cui egli può reggere il duello con Merckx) sono ben quattro. Le nove tappe di pianura che precedono l'attacco ai Pirenei possono infine costituire un'insidia per gli arrampicatori veri tipo Fuente o gli altri spagnoli e non certo per chi, come Moser. è abituato, per indole, a far la ! corsa di testa. Fondate speranze, dunque, in | un Moser protagonista (anche se, ! ripetiamolo, Ocana, Zoetemelk, Thevenet e Fuente hanno le sue stesse ambizioni) ed un ragionevole ottimismo sul comportamento di Gimondi e di Battaglin. Il bergamasco, 33 anni a settembre, ha insistito col patron della Bianchi Campagnolo per ottenere quest'ultima occasione di congedarsi dal Tour in modo degno del suo prestigio: gli sarebbe stato facile trovare un pretesto per restare a casa se non si fosse sentito sicuro dei suoi mezzi e delle sue immutate possibilità di restare a galla in quella che è. come sempre, una competizione di gran fondo. Battaglin. infine, è un esordiente nel Giro di Francia e ha dovuto rivedere un po' i suoi programmi. Non era certo sua intenzione sostenere questo importante debutto internazionale nella posizione di chi deve rifarsi un prestigio offuscato dal pesante crol- I lo nel Giro d'Italia. Il veneto è un arrampicatore d'istinto, che : può far grosse cose sulle salite, purché chi lo guida riesca a tenere a freno il suo temperamento e a fargli dosare le energie senza colpi di testa come la grande « sparata » nella cronotappa di Forte dei Marmi. Il breve carosello a cronometro che assegna oggi la prima maglia gialla, determinando distacchi che in 6 chilometri non potranno ovviamente essere consistenti, non pare destinato a dare una grossa impronta alla corsa che avrà il suo autentico avvio venerdì con due semltappe: la prima tutta belga, da Charleroi a Molenbeek (alla periferia di Bruxelles) e la seconda col rientro in Francia, a Roubaix. L'interesse del prologo, che si inizierà alle 16 italiane per concludersi all'incirca due ore dopo, potrebbe accendersi se lo vincesse Merckx. In questo caso il fuoriclasse belga potrebbe farsi prendere dalla voglia di tentare un altro record, quello di aggiungere il suo nome a Bottecchia, Frantz, Maes e Anquetil, i soli che siano riusciti a portare la maglia gialla dal primo all'ultimo giorno. Gianni Pigliata