Non subì mai tunnel da Sivori

Non subì mai tunnel da Sivori Profilo del "vecio,, Enzo Non subì mai tunnel da Sivori (Dal nostro Inviato speciale) Firenze, 25 giugno. C'è un solo gettone dì presenza in Nazionale A nella carriera di Enzo Bearzot, novello « numero uno » del calcio azzurro: risale al 27 novembre 1955. con l'Ungheria, al Nepstadion di Budapest, Fu una partita epica per il mediano granata. Il commissario tecnico, Marmo, gli affidò il controllo di Ferenc Puskas e Bearzot marcò a dovere il terrìbile mancino che, solo nel finale, riuscì a battere Viola con un preciso colpo di testa ed a propiziare, con quel gol, il raddoppio dì Toth II. Bearzot si meritò l'elogio della stampa e dei tecnici ma in Nazionale non tornò più anche se giocò altrf- tre partite nei -cadetti- della B. Bergamaschi prima e Chiappella poi, avevano inesorabilmente sbarrato il passo al roccioso laterale del Torino. In quell'epoca andavano di moda I • blocchi » e quello della Fiorentina era quasi sempre fisso In Nazionale. Bearzot giocava nel Torino, squadra di centroclassiflca per cui era un po' emarginato dal ' grande giro ». Le maggiori soddisfazioni sportive le ha ottenute con la maglia granata, anche se ha militato per buoni periodi in altre compagini di rango come l'Inter (quattro anni, dal '47 al '51) che l'aveva acquistato dalla Pro Gorizia: dopo essere passato al Catania in B ('51'52) e al Torino ('54-'55) era ritornato per una stagione al club nerazzurro ('56-'57) che lo cedette poi definitivamente al sodalizio torinese l'anno dopo. Nel Torino si impose come francobollatore degli Interni 'di lusso- avversari. Nei derby con la Juventus fronteggiava Omar Sivori: Enzo ci metteva il mestiere, la prestanza atletica, Sivori duellava con l'arguzia dell'artista. » Sivori non è mai riuscito a farmi il tunnel », ricorda con malcelato orgoglio Bearzot. Il friulano (è nato ad Afelio del Friuli, in provincia di Udine il 25 settembre 1927), era un atleta esemplare, gene¬ roso, in possesso di una grinta (accentuata dal suo profilo da pugile) e di una personalità schiette. Lo definirono un « artigiano » del pallone, in cui il termine compendiava virtù tecniche, tattiche, agonistiche, atletiche e morali che fanno di un giocatore un pilastro dell'intera squadra. Bearzot, che per il football ha dovuto interrompere gli studi classici, è stato il simbolo del calciatore-atleta: coraggioso, resistente alla fatica, ha saputo sacrificarsi sul campo e nella vita privata. Ben presto è diventato « capitano » del Torino. Retrocesse con la squadra In serie B, contribuì al ritorno nella massima divisione. Poi divenne un •> libero » accorto e ricco di esperienza facendo risaltare le sue qualità di ottimo colpitore e di granitico incontrista. Smise di giocare, sulla soglia dei 37 anni, al termine della stagione '63-64. I compagni lo chiamavano il « vedo », / tifosi ■> vecchio cuore granata-. Complessivamente ha disputato dodici campionati di serie A e sei di serie B: 422 partite di cui 229 nella massima categoria e 171 nella serie cadetta. Sposato, con figli, rimase nel Torino come collaboratore di Rocco e responsabile della squadra « De Martino », poi fu Il ' secondo » di Fabbri. Dopo una stagione come trainer del Prato passò alle dipendenze della federazione, prima come * braccio destro » di Valcareggi, con compiti di osservatore e di allenatore della - Under 23 » e della - Semipro », poi come collaboratore di Bernardini. Nelle vesti di tecnico non ha un passato costruito col « lustrini », ma conosce a fondo il football Internazionale e tutti i sentieri della giungla calcistica. Da mediano sapeva evitare I « tunnel » di Sivori, come allenatore della Nazionale A dovrà cavarsela con i « tunnel dialettici » di Fulvio Bernardini e di un ambiente notoriamente pettegolo. Ma Bearzot ama il « tackle ». b. b.

Luoghi citati: Budapest, Firenze, Friuli, Gorizia, Udine, Ungheria