La Società d'Archeologia compie un secolo di vita

La Società d'Archeologia compie un secolo di vita La celebrazione oggi a Palazzo Madama La Società d'Archeologia compie un secolo di vita a leiia e mln, . i, d0 ^ ?" ann° la data del ^ a ì apnle 1874' glorno ln CU1 otto ne. ae u e to a i a a Oggi a Torino si celebra ; con giusta solennità nel salo-Ine del Palazzo Madama alle j 18 il centenario della fonda-1 zione d'uno dei più illustri so- ] dalizi culturali subalpini, la ' Società piemontese di archeo- j logia e belle arti (Spaba). Sijcommemora con il lieve ritar-] ti o oa a a) ie ù i. o- renaia a n dì il ui è n e animosi e dotti cittadini tori nesi, Carlo Baudi di Vesme, Nicomede Bianchi, Gaspare Gorresio, Ercole Ricotti, Francesco Gamba, Gaudenzio Claretta, Gian Carlo Conestabile, Pio Agodino, si riunirono per dar vita a un istituto che avrebbe poi ammirevolmente dissodato il campo, allora quasi vergine, degli studi archeologici ed artistici nel Piemonte. Pronunzierà il discorso celebrativo la professoressa Anna Maria Brizio, titolare della cattedra di storia dell'arte nell'Università di Milano, ma per lunghi anni docente in quella di Torino, parlerà il professor Franco Mazzini, soprintendente alle Gallerie del Piemonte ed attualmente presidente della Spaba; e la cerimonia sostituirà per ora una mostra che circostanze avverse costringono a rinviare: mostra che avrebbe dovuto illustrare un periodo (dall'immediato dopoguerra 1915-18 ai pieni Anni Trenta) dell'attività del sodalizio; uscirà tuttavia tra qualche mese un libro'I di saggi storici e critici relativi appunto a quel periodo, scelto forse con un criterio non del tutto pertinente alla secolare specifica funzione della Società, ma comunque indicativo della profonda trasformazione di Torino, «passata da una fase di insediamento industriale — diceva il programma delle manifestazioni — al decollo di una economia avanzata e di una società di massa, appunto tra il 1920 e il '35 circa». (Sempre più oggi si tende a legare, marxisticamente, i fatti della cultura ai fatti socio-economici, e dunque anche questo cri- aa ! terio è accettabile) a I In verità il 1935 fu l'anno n-1 più nero della Spaba. Nel giue gno si presentava all'allora a- presidente Bonino il rettore li dell'Università Pivano, e gli p-1 significava la volontà di Cesaa re Maria De Vecchi di Val Cia | smon, ferratissimo «storico», o , come ognun sa, della vicenda j r-i subalpina (si ricordano ancoi- \ ra barzellette come il «Fu Nicola Re di Superga», ovvero «fu-nicola-re») di incorporare l- \ o di ia adi n i, arae la Società nella R. Deputazione di Storia Patria: come fu fatto in tempi che dir di no a un gerarca equivaleva a cadere in disgrazia, se non peggio. Fu Vittorio Viale a salvare la continuità morale e scientifica della Spaba convincendo il Quadrunviro a tollerare, indipendente nel seno della Deputazione, un «Centrò di studi piemontesi archeologici e artistici»; e a riconsegnare ai I superstiti soci nel '42 la sede j sociale, cioè la palazzina di I via Napione munificamente J lasciata alla Società da Vittoj rio Avondo, e nel '47 il ricostiI tuito sodalizio glorioso. à ; Questo, che fino al 1909 s'eo | ra chiamato «Società di Ar- ei eise o di uo- ì dato prova di uno straordina al j rio fervore di studi. Citiamo a. | le indagini nel territorio di cheologia e Belle Arti della Provincia di Torino» e contava, a numero- chiuso, soltanto 40 soci ma tutti alacremente impegnati a quel dissodamento culturale che s'è detto, fin dai primi anni di vita aveva Avigliana e intorno agli affreschi di Sant'Antonio di Ran verso, le ricerche relative alle scomparse città romane di «Industria» e «Augusta Ba giennorum», le scoperte com piute a Susa, Torino, Ivrea, Carrù, Ciriè, Moncalieri, Ca nelli, Grazzano, Pianezza, Beimonte, Libarna, Aosta, in concomitanza con le grandi imprese storico-archeologiche di Alfredo D'Andrade e di Carlo Promis; e non si possono dimenticare i contributi di Claudio, Edoardo e Davide Calandra, del Barocelli, del Carbonelli, del Ferrerò, del Bianchetti, dell'Avondo, di Carlo Nigra, di Riccardo Brayda, del Mattirolo, del Pastoris, di Giuseppe e Piero Giacosa, più tardi dell'infaticabile Augusto Telluccini; ed è superfluo rammentare l'azione culturale indefessa, per tanti anni, di Vittorio Viale. Intanto si pubblicavano gli «Atti» (15 volumi soltanto dal 1875 al 1933), e i «Bollettini», miniera di notizie erudite e critiche; si organizzavano congressi d'importanza nazionale ed internazionale, da quello di Cavallermaggiore (1930) a quello di Varallo Sesia (1960), ch'ebbe a presidente il grande e compianto storico dell'arte italiana, l'americano Rudolf Wittkower. Al pionierismo storico-critico di soci insigni quali Alessandro Baudi di Vesme, la Motta-Ciaccio, il D'Andrade, il Bertea, il Negri, il Rovere, il Viale, lo Chevalley, la cultura artistica piemontese deve una riconoscenza enorme. Sono essi che gettarono i semi su un terreno che avrebbero poi particolarmente coltivato la Brizio, il Cavallari-Murat, il Malie, la Griseri, la Moccagatta, il Bressy, la Viale Ferrerò, il Dragone, il Romano ed altri valenti; e prepararono il clima che avrebbe favorito le imprese di scavo, ricupero, conservazione e restauro del Carducci, Chierici, Mazzini, venendo al tempo attuale. mar. ber.