Europei a responsabilità limitata di Aldo Rizzo

Europei a responsabilità limitata COME GL'INGLESI SONO SALITI SUL "TRENO,, DELLA CEE Europei a responsabilità limitata (Dal nostro inviato speciale) Londra, giugno. La Gran Bretagna è definitivamente sul treno europeo: dopo il referendum del 5 giugno, la sua appartenenza alla Cee non è più in discussione, e questo, mi dice un alto funzionario del Foreign Office, « è un fatto storico, per voi e per noi ». Però, se ci si aspettasse ora un più rapido viaggio verso l'unità politica dell'Europa si nutrirebbe una vana illusione. Il viaggio sarà ancora lungo e lento, la stazione d'arrivo resta incerta e lontana. Al Foreign Office, il momento europeo è analizzato, da un'ottica britannica, più o meno come segue. Il voto del 5 giugno è estremamente importante non solo per il suo risultato globale, ma anche e soprattutto per il modo in cui esso si è articolato: con l'eccezione di piccole isole remote, i «sì» all'Europa hanno prevalso nettamente in tutte le regioni (compresa la Scozia, dove agisce una forte spinta separatista, in senso anti-inglese), in tutti i partiti e in tutte le fasce d'età degli elettori. Questo vuol dire che la scelta europea ha cessato di essere un tema di politica in- terna britannica, che l'adesio- ne alla Cee è generale e defi- nitiva. Un primo effetto è i l'annuncio di Wilson che i de- j putati laboristi entreranno a j far parte del Parlamento eu ropeo di Strasburgo e che anche le «Trade Unions» coopereranno con i vari comitati economici e sociali di Bruxelles. In altre parole, la Gran Bretagna, sarà, d'ora in avanti, un membro effettivo e operante, a tutti i livelli, della Comunità europea. Nel contempo, si osserva, non è possibile che questo Paese stia per associarsi a certe forme di « sentimentalismo » europeo in voga nel continente, che possa formulare o accettare scadenze particolari per questo o quel traguardo, sulla via dell'integrazione politica europea. Intanto bisogna tener presente che la Gran Bretagna non è socio fondatore della Comunità europea e che ha fatto dieci anni di anticamera, prima di esserci ammessa: questa seconda circostanza ha lasciato un segno nella psicologia degli ! inglesi, anche i più europeisti. I j per certe fasce d'opinione J pubblica, le due cose hanno Inoltre, mentre per i sei Paesi j fondatori del Mercato Comu-1 ne la scelta europea ha coinciso con l'espansione economica, per gli inglesi l'ingresso nella Cee è avvenuto alla vigilia della crisi modiale, i finito per identificarsi. Infine, j resta che gli inglesi sono un j popolo concreto, pragmatico, ! I amano i risultati effettivi più che le formulazioni generali. E allora « andiamo avanti verso l'Europa, ma non ci chiedete una volta al mese una dichiarazione di fede sul destino comune: it is not our way ». La conclusione di questa analisi è che, assai più che all'integrazione, bisogna pensare, in questo momento, alla cooperazione economica e politica fra i Nove. In questa chiave, gli inglesi si dichiarano pronti a ogni esperienza e a ogni iniziativa. Pensano al coordinamento delle politiche anti-inflazionistiche e anti-re- cessive (che restano comun- que ima responsabilità nazio- nale) e alla necessità d'una posizione comune sull'energia e le materie prime (a questo tema sarà dedicato il pros- simo vertice europeo di Bru-xelles). In campo più strettamen- te politico, giudicano essen- j ziale la definizione di un at- 1 teggiamento unico dei Nove su tutti i problemi in discus- sione e su tutti gli altri che potranno emergere: citano come precedente importante quello della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione, il grande negoziato paneuro- la consapevolezza una meta comune peo di Ginevra, dove i Paesi della Cee hanno sempre agito come un'entità unica. Quest'analisi fredda dei tecnici della diplomazia britannica è condivisa da un politologo che ha sempre partecipato con passione al dibattito europeistico, Andrew Shonfield, il direttore del « Royal institute of international affairs ». Egli è autore di un libro che si chiama: Europe: journey to an unknown destination, viaggio verso ima destinazione sconosciuta: ed ora è più che mai convinto che il viaggio degli europei debba essere, in un certo senso, improvvisato giorno per giorno, con certo, di ma senza preclusioni e formalismi cir ca le tappe e i metodi, e le stesse forme del risultato finale. Shonfield rileva, in parti- colare, un grosso fatto nuovo sulla scena mondiale, che sa- rebbe « la crescente riluttati- za dell'America ad agire co- me una superpotenza solita ria»: pensa che questa sia un'occasione per i Nove di rafforzare la loro cooperazio ne politica e anche militare, di cominciare a porsi, a fianco dell'America, ma con una lo ro identità comune, come ele mento di un nuovo sistema internazionale. Tutto questo, senza immaginare, almeno per il momento, istituzioni particolari, ma semplicemente agendo insieme, e pensando insieme. Che credito dare a questa « via inglese » all'Europa? E' un fatto che la via tradizionale, classica, quella delle grandi dichiarazioni di fede, ha prodotto pochi risultati, e negli ultimi tempi nessuno. D'altra parte una via pragmatica, che trascurasse troppo i punti di riferimento istituzionali, avrebbe il torto, non tanto di essere troppo lenta, perché in teoria potrebbe anche non esserlo, ma di essere reversibile, o troppo poco controllabile, restando condizionata da sovrani interessi nazionali. Gli inglesi, in ogni caso, non mostrano esitazioni nella loro scelta. Volendo ten- tare una sintesi, si può dire che una cooperazione poli tica fra i singoli Stati che fosse davvero efficace e glo baie renderebbe possibile, e a un certo punto inevitabile, lo sviluppo d'istituzioni comuni. Naturalmente resta il sospetto che sia solo una sintesi intellettuale, ma in mancanza di meglio, il pragmatismo inglese va messo alla prova. Aldo Rizzo

Persone citate: Andrew Shonfield