Davanti ai giudici della corte d'assise
Davanti ai giudici della corte d'assise Davanti ai giudici della corte d'assise Confessa la rapina e fa il nome di un complice Al processo per il ferimento dell'orefice in via Val della Torre L'accusato Claudio Carbone deve rispondere di simulazione Colpo di scena al processo in corte d'assise ai banditi che tre anni fa tentarono una rapina in un'oreficeria di via Val della Torre 106, atterrando un commesso con un colpo di manganello e ferendo gravemente il proprietario che aveva accennato ad una reazione. Paolo Recchia, 24 anni, che assieme al latitante Alberto Celia, 32 anni, è accusato di essere l'autore materiale della rapina, ha reso davanti alla corte un'ampia confessione. « Quel pomeriggio nel negozio dell'orefice entrammo io e Celia. Fuori, ad attenderci in macchina, c'era Claudio Carbone ». Il presidente Luzzatti, preso atto della confessione del principale imputato, su concorde parere del pubblico ministero al processo, il sostituto procuratore della Repubblica Moschella, ha chiesto di sospendere l'udienza per valutare la nuova posizione processuale degli imputati. Dopo nemmeno un'ora la corte ha emesso una ordinanza. Il processo è sospeso e rinviato a nuovo ruolo. Gli atti saranno trasmessi al pm perché estenda l'imputazione di concorso nella rapina e nel tentato omicidio (il colpo esploso dall'arma dei banditi trapassò il torace dell'orefice Donato Gregorio, ferendolo gravemente) anche a Claudio Carbone, più noto con il nome di « Ali », una vecchia conoscenza della polizia. Sospettato di appartenere ai Nap (Nuclei armati proletari), colpito da numerosi mandati di cattura di Milano, Napoli e arj restato l'8 gennaio scorso dalla j polizia torinese, Claudio Carbone è accusato di simulazione di reato. Il processo, iniziato il 18 aprile davanti al pretore Bellone, è stato rinviato al 30 giugno. Quando fu arrestato dalla polizia « per non farsi incastrare » (almeno questa e stata la sua giustificazione al processo) cominciò a raccontare un mucchio di frottole. Confessò al dottor Criscuoio, capo dell'Antiterrorismo in Piemonte, la propria partecipazione all'Incendio di un deposito milanese della Face-Standard (apparecchiature telefoniche, una consociata alla Itt), all'organizzazione di un colpo in banca alla periferia di Firenze il 29 ot¬ tobre del 1974, durante il quale due membri della banda morirono in uno scontro a fuoco con i carabinieri. Claudio Carbone era stato anche arrestato in precedenza dalla polizia torinese per droga. Il suo difensore al processo in pretura, avvocato Guidetti Serra, ha chiesto e ottenuto una perizia psichiatrica dell'imputato. L'esito della perizia sarà reso noto all'udienza del 30 giugno. La confessione di Paolo Recchia, difeso dall'avvocato Perla nel processo per la tentata rapina all'orefice che si celebra alla corte d'assise, ha « rovesciato » la posizione di un altro imputato, Ignazio Marchisoni, 28 anni, che secondo l'accusa interpretava prima il « ruolo » dell'autista della banda. Il Marchisoni, difeso dall'avvocato Longhetto, nelle precedenti udienze si e sempre proclamato innocente ed ha fornito un alibi, convalidato ai dibattimento dai fratelli, Caterina e Domenico. L'imputato sarebbe rincasato nel pomeriggio del 26 agosto di tre anni fa, quando fu compiuta la rapina, assieme alla moglie e alla figlioletta per uscire soltanto dopo cena. L'arma usata nella rapina, una « Beretta » calibro 7,65, di proprietà di una ex guardia giurata è stata « imprestata » al Marchisoni dal figlio della guardia, Nicolò Muni, 26 anni, accusato di complicità nella rapina. Dopo la confessione di Paolo I Recchia, resta però da spiegare I come l'arma sia finita dalle mani ; di Marchisoni in quelle di Claudio I Carbone e dello stesso Recchia: ; tutte circostanze sulle quali in! dagherà il pubblico ministero pri; ma di rinviare gli atti alla corte I per la ripresa del processo. Paolo Recchia, 24 anni
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