ll voto nuovo delle donne di Lietta Tornabuoni

ll voto nuovo delle donne SENTIAMO LE DIRIGENTI FEMMINILI DEI VARI PARTITI ll voto nuovo delle donne Le donne rappresentano la maggioranza degli elettori adulti e buto al cambiamento sembra evidente - Forse in futuro non se la metà dei giovani elettori tra i 18 e i 20 anni: il loro contrine parlerà più, saranno tutti convinti che il voto non ha sesso Roma, giugno. Allora, è andata male? Sv cento votanti per la democrazia cristiana, sessantasei erano donne, le donne hanno sempre costituito la forza elettorale della de: lo sono ancora? Le dirigenti lemminili democristiane evitano la discussione, s'affidano all'impassibilità delle dichiarazioni ufficiali: « L'ampiezza dei consensi conseguiti dalla de, malgrado la flessione subita, conferma il vasto collegamento con il voto femminile non solo in termini quantitativi, ma in ragione dei valori e degli obiettivi perseguiti per rendere la donna protagonista dello sviluppo democratico del Paese ». E come si spiega che in tante abbiano votato comunista? « E' difficile dire se i nuovi voti dati al pei siano di donne, di giova¬ ni o dei ceti medi. I motivi sono molteplici: determinan- te è stata certo la concen- trazione aggressiva di tutti i partiti e di quasi tutti i mezzi di informazione nei confronti della democrazia cristiana ». Va bene, lasciamo perde- re. Ventisette anni fa, quan- lo la democrazia cristiana conquistò il 18 aprile 1948, alle elezioni per la prima assemblea legislativa, il 48"'<i dei voti, si disse che responsabili di quella « svolta » erano soprattutto le donne. E oggi? Sono responsabili anche della nuova svolta a sinistra? Come e per chi hanno votato le donne, cosa è cambiato nelle loro scelte, quanto grande è stata la loro influenza sul nuovo orientamento dell'elettorato, da cosa nasce il loro eventuale voto diverso? Ogni analisi è inevitabilmente intuitiva, dati differenziati non ne esistono. Modi di accertamento non ce ne sono, o sono molto parziali: al seggio elettorale della clinica ostetrica Sant'Anna di Torino, per dire, il pei ha ottenuto il 01,19"» dei voti, la de il 17,41 per cento. E' appena un mi¬ nimo esempio: però le don ne rappresentano la maggio ranza degli elettori adulti (sono 1.681.748 più degli uomini) e la metà dei gio vani elettori tra i diciotto e i vent'anni: il loro contri buto al mutamento sembra quindi evidente, Le schede elettorali non hanno sesso, ma i partiti continuano a considerare il voto femminile con un'ottica particolare. Durante la campagna elettorale, i partiti minori, repubblicano, pdup, socialdemocratico, liberale, missino, non avevano ricercato in maniera troppo specifica l'appoggio delle donne, né avevano troppo considerato, nei loro programmi, i problemi femminili: anche se, alla ricerca di ogni possibile suffragio, le loro liste presentavano proporzionalmente un gran numero dì candidate. I tre partiti di massa, democristiano, comunista, socialista, avevano invece come sempre indirizzato alle donne programmi precisi, attenzione speciale, propaganda differenziata. Vita quieta «Con la de le donne vivono tranquille », assicuravano i manifesti democristiani, contando sul femminile desiderio di serenità e invocando una sorta di delega: voi votateci, noi vi faremo vivere in pace. « Donne, siete più forti ». constatavano gli slogan comunisti, lusingando le elettrici e proponendo « quei temi del buon governo e della pulizia morale cui le donne sono particolarmente sensibili ». La propaganda socialista puntava sull'emancipazione e commetteva anche brutti sbagli: apparso sui settimanali femminili, vergato col rossetto, l'interrogativo elettorale « perché qualche volta è giusto parlare ad una donna " da uomo a uomo "? » risultava, se non offensivo, almeno parecchio irritante. Molto più numerosi che in passato, nomi di donne affollavano le liste elettorali. Il movimento femminile democristiano, per la prima volta nella storia del partito, era riuscito a ottenere che nelle commissioni incaricate di elaborare gli elenchi dei candidati il voto delle donne contasse quanto quello degli uomini: prima, era soltanto consultivo. Le candidature femminili sono quindi aumentate: la de non è in grado di fornirne il numero esatto, né può ancora dire quante ne siano state elette. Il pei aveva in lista più di 5000 candidate, alcune delle quali (come la scrittrice Lalla Romano, eletta a Milano) scelte tra personalità femminili note. Sono state elette 19 consigliere regionali, 6 consigliere comunali a Torino, 5 a Milano. 3 a Padova, 9 in Sicilia dove prima ce n'era una sola. Risultati ancora molto frammentari: « Ma si vede già che siamo andate oltre la faticosissima conquista del passato: una donna eletta in ogni lista per ragioni di rappresentanza, quasi come un simbolo ». dicono le dirigenti della commissione femminile comunista. Le donne costituivano nelle liste del psi il 10'-'o circa dei candidati nei Comuni piccoli e medi: « Nelle grandi città o alle Regioni abbiamo capito che avremmo avuto poche possibilità di arrivare, data la durezza della competizione: così abbiamo puntato sui centri minori », dicono alla commissione femminile, « oppure sui consigli provinciali: sono meno importanti, è vero, ma la politica è arte del possibile, conviene sempre porsi obiettivi realistici ». Tra le candidate non vi erano don- ne particolarmente famose • (« madreterne non ce ne sono, e non ne servono più»), non si sa ancora quante siano state elette. I conti delle donne vittoriose si potranno fare tra qualche giorno, e c'è da augurarsi che non risultino confermati certi bilanci parziali. A Firenze, le candidate erano complessivamente (di tutti i partiti e in tutte le liste, per il Comune, la Provincia e la Regione) novantatré. Le elette sono nove. Nelle sedi dei grandi partiti, intanto, in riunioni pensose e a volte tempestose, le dirigenti femminili tentano di analizzare e studiare il voto delle donne, di trarne insegnamenti e conseguenze. Di fronte alle proprie perdite elettorali, le democristiane fanno l'autocritica? No: « La de è consapevole dei problemi che ancora devono essere risolti e non li ha taciuti neppure nel corso della campagna elettorale, ma ritiene, anche nelle condizioni di difficoltà in cui spesso si è trovata, di aver decisamente operato per realizzare una nuova condizione di vita per la donna italiana ». Le dirigenti femminili della sinistra paiono concordemente sicure che il voto delle donne sia stato determinante nel nuovo orientamento dell'elettorato. « In queste elezioni », dice Luciana Castellina, probabilmente l'unica donna eletta nelle liste del pdup, « il voto delle donne era quello più mobile, e proprio dalle donne, le cui scelte erano state più subalterne, veniva la massima disponibilità al mutamento... ». Negli ultimi anni, dice, sono entrati in crisi tutti quegli elementi socioculturali che condizionavano in passato il voto femminile: « Si è ridotta l'influenza della Chiesa, e anche la Chiesa s'è fatta diversa: sono sempre meno le donne che per votare seguono le istruzioni del parroco, e sempre meno parroci danno certi suggerimenti elettorali. Si sono attenuati alcuni pregiudizi e timori politici: sono sempre meno le donne che hanno paura dei comunisti, e i comunisti sono sempre meno temibili. Si è quasi perduta, nella dissoluzione della famiglia patriarcale, l'autorità maritale, il prestigio del capofamiglia: sono sempre meno le donne che votano come vuole il marito. In molti casi, all'influenza de! marito si è sostituita quella dei figli: migliaia di donne hanno scoperto la politica attraverso i figli studenti, che immettevano in famiglia non ordini coniugali, ma argomenti di discussione, temi di dibattito, la rivelazione di criteri morali e modi di vita diversi ». Il referendum La fine del voto femminile inteso come massa di suffragi a disposizione della democrazia cristiana, il distacco delle donne dal moderatismo, non è una novità di questa consultazione elettorale, dice Enrica Lucarelli, della direzione del partito socialista: « Il fenomeno si era già manifestato con i risultati del referendum sul divorzio: il momento di rottura è stato quello ». Se allora « il divorzio vinse per il voto delle donne », adesso, dicono le dirigenti socialiste, le donne hanno deciso la svolta a sinistra. La campagna elettorale, sostengono, ha rivelato il loro nuovo desiderio di partecipazione: « I comizi erano sempre affollati di donne. Il cambiamento risultava più clamoroso nei piccoli centri: anche nei paesi sperduti le donne "escono di casa", è assai diminuita la reticenza e resistenza femminile a fare politica, a prendere posizioni politiche in pubblico. Le barriere tra città e paese cadono: questo è fondamentale, per le donne. La sensibilità politica cresce pure in ambienti sinora quasi impermeabili: in ministeri, uffici statali, banche, tra le insegnanti e le impiegate soprattutto giovani ». Da cosa deriverebbe, secondo le dirigenti socialiste, l'orientamento a sinistra delle elettrici? « Le donne hanno preso coscienza, scontrandosi con una realtà troppo diversa dalle enunciazioni ufficiali. E' stato detto loro: siete uguali agli uomini. Invece hanno constatato di non essere uguali nel lavoro, né nella famiglia, né nella società ». Enrica Lucarelli ritiene che il pei abbia avuto tra le donne particolare successo, e ne fornisce un'interpretazione particolare: « I comunisti hanno riproposto, in maniera nuova, valori tradizionali: la moralità, la serietà, soprattutto la propria coesione di partito saldo; hanno offerto, anche alla televisione, un'immagine di sé rassicurante e ordinata, una impressione di sicurezza da figura paterna ». Meno portate alle ipotesi psicologiche, le dirigenti co. muniste attribuiscono il proprio successo (« Il voto al pei è ormai su livelli paritari: per noi votano tante donne quanti uomini ») a concreti motivi sociali: la sconfitta dell'ignoranza femminile attraverso la scolarizzazione; i dibattiti e le elezioni per i decreti delegati « che hanno fatto partecipare migliaia di madri casalinghe alla vita politica collettiva»; il maturare nella società dei temi dell'emancipazione femminile; e soprattutto l'urto sempre più duro con la realtà quotidiana della disoccupazione dei figli, dell'aumento dei prezzi, delle difficoltà a sopravvivere. « Se le donne diventano rosse », dice Anita Pasquali, « è in seguito a un lungo processo. Sino a un certo periodo, votarono per i partiti conservatori. Nelle elezioni del 1963, la democrazia cristiana perdette il 4,08"'o dei suoi suffragi, il partito comunista guadagnò il 2,58%, circa un milione di voti: erano le conseguenze del trapasso dell'Italia da società rurale a società industriale, dell'ingresso di tante donne e ragazze in fabbrica, delle modificazioni introdotte nel costume dal boom economico. Le altre tappe che segnano il mutare del voto femminile sono l'esplosione della battaglia per le riforme nel 1968, il decisivo distacco dalla de nella civile rivendicazione del divorzio nel 1974. L'ondata viene da molto lontano ». E magari va molto lontano? « Naturale ». Ma quale considerazione rende i comunisti così certi, nell'assenza di dati, del fatto che le donne abbiano tanto contribuito alla loro affermazione? « Quando un progresso elettorale risulta omogeneo come in questa occasione o nel 1963, è chiaro che le donne ne sono responsabili quanto gli uomini ». Avranno ragione loro, oppure le dirigenti democristiane che garantiscono la propria relativa « tenuta » tra le elettrici? Sono comunque discorsi vecchi, ed è probabilmente l'ultima volta che si fanno. La prossima volta, probabilmente, anche i partiti accetteranno di non considerare più il voto delle donne peculiare, diverso da quello degli uomini. La prossima volta, speriamo, i perché delle scelte risulteranno simili per uomini e donne: dato che sono ormai simili l'educazione, il livello culturale, i modi di vita, la maturità e gli interessi politici. La prossima volta resterà magari solo lo Stato a far distinzioni, a distribuire certificati elettorali eterosessuali e bitonali, verdi per le donne, neri per gli uomini: mentre la società si convincerà finalmente che il voto non ha sesso. Lietta Tornabuoni Sparito nella guerra spagnola

Persone citate: Anita Pasquali, Enrica Lucarelli, Lalla Romano, Luciana Castellina

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Padova, Roma, Sicilia, Torino