Trattative per un "contratto,, internazionale di Gianni Zandano

Trattative per un "contratto,, internazionale Trattative per un "contratto,, internazionale L'invito francese al ritorno del sistema delle parità fisse L'invito rivolto da Giscard d'Estaing ai Paesi industrializzati perché ritornino ad Un sistema di parità fisse delle monete richiama l'attenzione del mondo occidentale su uno dei nodi fondamentali della riforma del sistema monetario internazionale: un problema di fatto archivialo dopo lo sconvolgimento nei rapporti commerciali e finanziari mondiali seguito alla crisi petrolifera del '73-74, ma la cui soluzione appare più che mai urgente se si intende mettere fine all'atmosfera di crisi clic perdura nelle relazioni monetarie internazionali. Dopo il crollo del vecchio ordine di Bretton Woods, definitivamente sepolto dalla decisione americana dell'agosto 1971 di recidere il cordone ombelicale tra il dollaro c l'oro, non si può dire che le trattative in tema di regime dei cambi abbiano registralo progressi sostanziali. L'unico serio tentativo di difesa del sistema delle parità fisse risale al dicembre 1971: negli accordi smithsoniani veniva ristabilito — dopo un generale riallineamcnto dei tassi di cambio — il ritorno alle parità fisse, con un simultaneo allargamento delle fasce di oscillazione dall'I per cento al 2,25 per cento. Successivamente, margini di fluttuazione più ristretti sembrarono necessari tra i Paesi della Cce, per gestire la politica agricola del Mercato comune e spianare la strada all'unificazione monetaria europea: nasceva così l'idea del «serpente monetario europeo», nel quale le monete dei Paesi Cee restavano strettamente collegate tra di loro, mentre il serpente nel suo insieme poteva oscillare nei confronti di altre monete entro i margini più ampi stabiliti dagli accordi smithsoniani. Ma questo assetto monetario ha rivelato ben presto la sua natura precaria e non definitiva. Nel giugno 1972 la Gran Bretagna, piuttosto che difendere la parità smithsoniana dalla pesante ondata speculativa che aveva investito la sterlina, è uscita dal serpente monetario, lasciando fluttuare la piopria moneta. Nel gennaio 1973, con le riserve in progressiva diminuzione e un deficit per conto capitale sempre più ampio, la Banca d'Italia istituì il doppio mercato dei cambi (lira finanziaria fluttuante), del resto già adottato in Francia ed in Belgio. Si trattò di una decisione tempestiva: il 14 febbraio Nixon annunciò una ulteriore svalutazione del dollaro, con ciò seppellendo nella sostanza gli accordi di Washington del dicembre 1971. Ancora una volta gli Usa, grazie alla complicità di una speculazione monetaria internazionale massic eia ed agguerrita, hanno avuto successo nel perseguimento dell'obbiettivo di un assetto vantaggioso nei lassi di cambio, alla ricerca di un sostanziale miglioramento nella bilancia dei pagamenti, che rimane l'obiettivo di fondo del Tesoro americano. Il riallineamento nei tassi di cambio che ne seguì segnò praticamente l'inizio di un periodo di eccezionale turbolenza nei rapporti monetari internazionali. Le autorità monetarie italiane decisero la fluttuazione (guidata) della lira commerciale: per evitare il rischio di essere penalizzata da una sensibile rivaluta zionc, anche la lira abbandonò il serpente europeo. Si scatenò una nuova ondata speculativa, con epicentro sui mercati monetari tedeschi. La strategia con cui l'Europa rispose al nuovo marasma monetario non fu delle più confortanti. Le monete «forti» fluttuarono liberamente .lei confronti del dollaro, restando strettamente collegate tra di loro. Le monete comunitarie «deboli» restarono fuori del serpente, con il solo generico impegno di rientrarvi non appena possibile. Il mondo si avviò così a vivere in un regime di cambi fluttuanti, anche se con fluttuazione «amministrata» dalle autorità monetarie. Contrariamente alle attese di molti economisti ed operatori, il regime di cambi fluttuanti non ebbe le conseguenze disastrose paventate, in termini di sconvolgimento del commercio internazionale e di allentamento dei vincoli delle politiche economiche interne. Ma si registrò e si registra pur sempre un maggior grado di incertezza nelle transazioni internazionali, anche a causa dell'inesistenza (od inefficienza) dei mercati a termine. Le speranze di un ritorno ad un assetto più stabile delle relazioni monetarie intemazionali furono presto deluse: il «Comilato dei venti», incaricato di elaborare le lince fondamentali del nuovo «contratto» monetario internazionale, non giunse a soluzioni accettabili per tutti i Paesi membri del Fmi, e l'assemblea di Nairobi non potè che prendere atto del persistere di un di¬ saccordo di fondo: un disaccor-, do che contrappose gli Stati Uniti ad altri Paesi, in particolare la Francia. Per gli Stati Uniti, il ricorso alla fluttuazione dei (assi di cambio dovrebbe essere accettato nell'assetto definitivo del sistema. Per la Francia, il funzionamento ordinalo degli scambi e dei pagamenti internazionali dovrebbe essere basalo su parila fisse, anche se soggetto a più frequenti correzioni. In lai senso va inleso il recente invito del Presidente della Repubblica francese. Ma vi è un ulteriore ostacolo che va rimosso perché l'invito di Giscard d'Estaing possa essere accolto: un accordo che escluda gli Stali Unili ha scarse probabilità di successo, perché un regime di parità (relativamente) fisse richiede l'impegno degli Usa a sostenere il dollaro; ed è fin troppo noto che gli Stali Uniti hanno di fatto mostrato un atteggiamento di indifferenza verso l'andamento del corso del dollaro nei mercati dei cambi, probabilmente nella convinzio¬ ne che un indebolimento della loro moneta può avere effetti benefici sulla bilancia dei pagamenti, senza riflettersi troppo sui prezzi interni, considerata la relativa esiguità del commercio eslero in rapporto alle dimensioni del prodotto nazionale lordo. La conclusione non può che essere una: ogni modifica permanente e duratura nel regime dei cambi richiede un accordo globale, che coinvolga ed impegni lutti i principali Paesi e contempli la soluzione degli altri nodi fondamentali della riforma del sistema monetario internazionale: il ruolo dell'oro, quello dei dirilli speciali di prelievo, il processo di aggiuslamento e così via. E' in questo quadro che può trovare più agevolmente una soluzione il problema del regime approprialo di cambi esteri. In primo luogo, il meccanismo dovrebbe essere in grado di conciliare la stabilità del cambio nel periodo breve (per dare modo agli operatori con l'estero di condurre le loro operazioni in un clima di ragionevole certezza) con la flessibilità nel perio¬ do lungo (per permettere gli adattamenti reciproci nelle strutture dei prezzi, redditi e costi resi indispensabili dalle difformi evoluzioni nella situazione economica dei vari Paesi). Se si ritengono necessari cambi più sensibili alle genuine forze economiche di lungo periodo, il grado di flessibilità non dovrebbe però essere tale da pregiudicare la possibilità di prevedere con un limitalo margine di incertezza M futuro eorso dei tassi, una caratteristica che rappresentava il grande vantaggio del sistema di Bretton Woods. In secondo luogo, il nuovo congegno dovrebbe possedere — rispetto alle macchinose procedure previste in passato per la modifica delle parità — una maggiore automaticità, senza però privare del tutto i governi nazionali del potere di influenzare in certa misura le transazioni internazionali. Ma temiamo che la strada da percorrere per arrivare a soluzioni definitive sia ancora lunga c difficile. Gianni Zandano

Persone citate: Giscard D'estaing, Nixon, Woods