La donna che lavora in casa chiede soltanto la giustizia
La donna che lavora in casa chiede soltanto la giustizia RISPONDE GIULIETTA MASINA La donna che lavora in casa chiede soltanto la giustizia In una lettera inviata allo Specchio dei Tempi, una gentile signora si rivolge a me per una risposta pubblicata il 9 aprile: « Anch'io, e con me credo tante mie connazionali, provo un senso di rivolta verso I nostri legislatori i quali, tra i 206 articoli del nuovo diritto di famiglia, non ne hanno approvato neanche uno che garantisse, nei riguardi della donna casalinga, un riconoscimento al lavoro che svolgiamo per tenere in piedi l'azienda familiare ». « Lei ha detto giustamente che dove la donna casalinga non è aiutata dalla Colf, si autorizzi a versare i contributi per se stessa». Ho trascritto, soltanto l'inizio e | la conclusione della signora Maddalena Baio, di Savona: e non perché il resto della lettera fosse immeritevole di essere resa pubblica. Il fatto è che la mia rubrica ha poco spazio, e quindi sono costretta a sintetizzare al massimo. La signora Baio d'altronde converrà con me che la sua polemica sulle mogli » dei nostri onorevoli » (che, come ella scrive, se « si trovassero nella condizione di dover personalmente, senza aiuto, svolgere tutto il lavoro che una casalinga compie, non solo si sarebbe già ottenuta l'autorizzazione a versare i contributi previdenziali, ma ci verrebbe concesso anche lo stipendio ») è più una ritorsione che un argomento. Ciò sia detto per obiettività, e non quale mia difesa d'ufficio per le suddette signore. Discutiamo insieme, invece, la realtà così com'è, meschina, incapace di tenere il passo con quella volontà politica delle riforme che gli attivisti dei partiti sbandierano perfino quando nei loro circoli ricreativi giocano a briscola. Il problema italiano vero, a mio giudizio, consiste nel discutere sempre le massime questioni, dimenticando le piccole, quelle che assicurerebbero una vita migliore a milioni di persone. E tra tanti milioni di persone, mettiamoci le casalinghe, le donne che, invecchiando, saranno costrette a » pesare » (è la irriconoscente espressione dei giovani allorché hanno, avranno una famiglia propria) sui bilanci dei figli. Un provvedimento legislativo che renda obbligatoria l'assicurazione malattia e vecchiaia per le donne di casa non è più procrastinabile. Se le quote fossero versate, anche minime, fin dai primi giorni del matrimonio, arrivata nell'età della stanchezza e della solitudine, la donna che ha lavorato da giovane e da adulta per una comunità spesso ingenerosa e impaziente com'è quella familiare, potrebbe ritenersi al sicuro delle vicissitudini che troppo spesso straziano la vecchiaia. Oltre tutto, la decurtazione della pensione del marito, ove questi premoia, è ingiustizia da eliminare. Premore la moglie, al marito tolgono gli assegni familiari: poche lire. Premore il marito, Il taglio minimo è del trenta per cento. Per I nostri legislatori, la donna evidentemente o consuma poco oppure non merita di vivere, ma soltanto di sopravvivere. Il famoso concetto di parità tra uomo e donna allora è veramente un'astrazione quando non è inganno. Per me, signora Baio, il femminismo è « anche » questo: proteggere la donna e il suo status economico dalle sorprese della vita. Allorché mi imbatto, è la parola, contro queste ingiustizie, di riflesso scopro quanto sia persistente l'indifferenza maschile (ma pure femminile) per il mio sesso; e me ne addoloro, e mi indigno con i figli che, potendo, non fanno. Una signora mi ha scritto: Lei è autorevole. Ne rido ancora. Qui non è autorevole nessuno, e tanto meno chi invoca giustizia. Cordialmente sua, Maddalena, Giulietta Masina
Persone citate: Baio, Giulietta Masina, Maddalena Baio
Luoghi citati: Savona
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