Un monito per l'ippica italiana di Elvio Rossi
Un monito per l'ippica italiana Dopo le vittorie all'estero delle nostre scuderie Un monito per l'ippica italiana Bolkonski e Grundy insegnano che i cavalli non sono macchine ed i loro impegni vanno dosati - Le chances di Mannsfeld Bolkonski ha vinto martedì ad Ascct le • St-James's Palace Stakes »: è stato il quinto successo italiano in Inghilterra in questa stagione. Mai nella storia della nostra ippica c'è stato un momento di cosi eccezionale riuscita in terra inglese, dove i successi contano soprattutto per l'enorme valore commerciale che raggiungono i cavalli che li conseguono. Ed altri importanti traguardi faranno ancora salire il valore commerciale di Bolkonski e di Grundy: e non soltanto il loro. Per Grundy Infatti non sembrano che ci siano rivali degni il 28 giugno al Curragh (Dublino, ippicamente Inghilterra ed Irlanda sono una sola cosa) nel Derby irlandese, il terzo per la Scuderia Viltàdini dopo aver fallito la possibilità del trio a Parigi, quando Patch fu battuto di un niente da Val de l'Or ne nel Derby francese. Per Bolkonski il « Royal Meeting » di luglio offrirà alcune ottime occasioni che ora la Scuderia D'Alessio sta valutando. Ma II 5 luglio ci sarà una corsa che più di ogni altra assume importanza per l'Ippica italiana. Teatro l'ippodromo di Sandown Park dove le « Benson and Hedges Eclipse Stakes » (40 mila sterline. 2000 metri) vedranno In pista Mannsfeld, della Razza Dormello Olgiata. L'attesa per Mannsfeld è maggiore perché il quattro anni non soltanto porta colori italiani come Bolkonski e Grundy: non è soltanto allenato in Italia come Bolkonski: Mannsfeld è cavallo italiano anche di nascita e di origine, esponente più pieno quindi della nostra ippica. La quale — ha rilevato sabato scorso il presidente dell'Unire, Guido Berardelli — ■ attraversa un momento magico come raramente nella sua storia ». E ciò è senza dubbio vero, anche se soltanto 24 ore dopo quelle parole, il Gran Premio di Milano vedeva sul traguardo un tedesco, Star Appeal, precedere un importato dall'Inghilterra, Duke of Marmalade. Senza dubbio qualcosa sta cambiando. Vittadini e D'Alessio hanno saputo attingere vertici a cui sembrava impossibile sperare da quando Tesio, 21 anni fa era morto. Essi hanno saputo comprare all'estero il giusto materiale e valorizzarlo con grosse imprese, sempre all'estero. Ma la scuola inglese a cui hanno affidato i loro cavalli (Grundy nelle scuderie di Walwyn, Bolkonski in quelle di Cecil) ci ha mostrato un sistema di impiego e sfruttamento del cavalli che in Italia nessuno vuol seguire. Salvo Hide con il materiale della «Dormello-Olgiata: ma Hide è un inglese trapiantato in casa nostra, che ha conservato I sistemi del suo Paese. Osserviamo soltanto un particolare: Grundy rientra dal riposo invernale in aprile, corre le « Duemila Ghinee » a Newmarket dopo quasi un mese: accetta di andare a vincere l'analoga prova irlandese dopo tre settimane, e soltanto perché l'impegno è considerato tacile: dopo quasi altre tre settimane vince il Derby inglese; correrà quello irlandese soltanto 26 giorni dopo l'impegno di Epsom. Bolkonski « rientra » Ih aprile, corre e vince su Grundy le • Duemila Ghinee » In maggio, ritorna in pista (martedì ad Ascot) dopo oltre un mese: per il prossimo impegno si parla di luglio. E ancora: Mannsfeld « rientra » a Roma verso metà maggio; a fine mese vince sulla stessa pista l'importante Gran Premio Presidente della Repubblica; ora non correrà fino al 5 luglio. Del resto Tesio diceva che un cavallo può al massimo una volta sopportare due impegni vicini: ma che normalmente deve far trascorrere un periodo abbastanza lungo (intorno alle tre settimane) Ira una corsa e l'altra Sono esempi che i nostri proprietari dovrebbero tener presenti. Invece in tutti c'è la smania di correre, correre, senza ricordarsi che 1! cavallo non è una macchina, ma un organismo che brucia in una corsa enormi quantità di energie: riadoperarlo senza permettergli di riacquistare l'integrità delle forze vuol dire bruciarlo e, nemmeno tanto alla lunga, perderlo per sempre. Ma non sono soltanto I proprietari a sbagliare. Lo stesso Jockey Club italiano ha colpe non di poco conto, quando prevede 15 giorni Ira il Premio Parioli (le nostre • Duemila Ghinee •) ed il Derby; tre settimane fra il Derby ed il Gran Premio d'Italia, due settimane fra Gran Premio d'Italia e Gran Premio di Milano. Ed inoltre offrendo nel frattempo alcune altre corse di elevato livello in cui possono essere impiegati gli stessi cavalli del massimo ciclo. Arrivano cosi le sconfitte come quella di domenica ad opera di Star Ap- | peal e soprattutto ci si trova alla I vigilia dell'estate con il materia' le spremuto. Nel momento cioè in cui all'estero ci sono il Grand Prix de Saint-Cloud (Francia), il • meeting » di Ascot e soprattutto ci si prepara al - vertice » mondiale della prima domenica di ottobre a Parigi, Il Grand Prix de l'Are de Triomphe. Che noi non vinciamo dal 1961, anno di Molvedo e che chissà quando potremo vincere con un cavallo allenato in Italia o usato con i sistemi ita- "anl Elvio Rossi
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