Faticato più del previsto l'europeo di basket

Faticato più del previsto l'europeo di basket Faticato più del previsto l'europeo di basket L'oro della Jugoslavia Ancora una volta determinante Cosic mentre all'Urss non è bastato un grande Sergei Belov - Troppo sofferto il terzo posto degli azzurri: il c. t. Primo non è senza colpe (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, 16 giugno. Cresimir Cosic in giacca di velluto azzurro, pantaloni beige, occhiali con lenti piuttosto spesse: Sergei Belov con doppiopetto blu e cravatta giallo-nera e sorriso mondano. Così i due si sono presentati a ritirare il premio per i migliori giocatori dei campionati europei di basket nel caotico banchetto notturno subito dopo la finalissima che la Jugoslavia ha vinto sull'Urss con sei punti di margine (90-84) e una bella dose di paura perché all'ultimo minuto di gioco i russi si sono portati a due punti e la grande festa dei padroni di casa rischiava di rovinarsi proprio in extremis. Attorno ai tavoli del self-service, dove i poveri mortali dotati dalla natura di centimetri nella misura che si suole definire media sostenevano battaglie impari con le ma-1 xi-braccia dei giganti subito incom-1 benti su piatti e tartine e salse, | Cosic e Belov erano i più festeggiati, i più intervistati, così come in campo erano risultati i più applauditi. Cosic, il cestista-predicatore, seguace e propagandista della chiesa mormone, ha ripetuto una delle sue tipiche recenti prestazioni: I canestri giusti al momento giusto, con tanti rimbalzi, senza strafare, senza forzare troppo il tono agonistico (perché lui vuole giocare in maniera « pura ») ma con un timbro atletico sempre notevole come gli consentono i suoi metri 2,11 di statura che lo portano a » stoppare » e a segnare sotto i due canestri contro qualsiasi avversario. Ha realizzato sedici punti, meno del suo compagno tli squadra Kicanovic (22) che si è definitivamente dimostrato campione tirando fuori dalla sua straripante vitalità anche il canestro più delicato, a 35 secondo dalla fine: ma Cosic è stato il perno, come sempre, di questa Jugoslavia che può ruotare tanti giocatori tenendo sempre le marce alte, che forse poteva schierare in questi europei due formazioni, una « A » e una « B » con identiche probabilità di arrivare alla finalissima e magari alla medaglia d'oro. Sergei Belov si è trovato quasi da solo per lunghi tratti della partita a competere con i campioni d'Europa: scarso aiuto potevano dargli i « lunghi ». con un Alexander Belov molto impigrito e poco allenato, non troppi canestri ha realizzato il cannoniere Salnikov (17 punti) ultimo prodotto un po' monotono di quella rozza fabbrica da canestri che è la scuola sovietica. E allora Belov prendeva il pallone e inventava basket come solo i campionissimi sanno fare, andava a cercare il tiro pure in condizioni proibitive, con un avversario attaccato alle braccia, e quasi sempre otteneva un canestro come premio a queste sue esibizioni. Alto metri 1,90, con gambe corte rispetto al tronco che gli consentono più agevoli cambi di direzione e di velocità, Sergei ha uno stile da antologia, da autentico americano nato per caso in Siberia trentuno anni fa. Lo ha dimostrato pure nella finalissima segnando 29 punti, riportando sotto la squadra ogni volta che la Jugoslavia tentava l'allungo: a metà ripresa il trainer Kondrashine se lo è pure dimenticato troppo a lungo in panchina, alla fine Sergei si è limitato a commentare che tutti gli allenatori sono un po' matti. A lui, campione di caratura mondiale, forse non importa nemmeno troppo il risultato anche se dice che in caso di vittoria sarebbe salito di grado. Da capitano a colonnello, nelle file di quell'Armata che sicuramente non lo ha mai visto in divisa ufficiale con stellette e berretto perché lui serve l'esercito in calzoncini e maglietta, buttando il pallone dentro un cesto. Equilibrio — La finalissima è risultata più incerta del previsto, con gli jugoslavi in leggera difficoltà psicologica e tattica nell'ultima tappa della loro marcia trionfale. Dopo aver corso a briglia sciolta su una specie di prateria senza ostacoli sino all'appuntamento conclusivo si sono trovati a scalare una specie di sesto grado, con i russi che li costringevano ad un basket meno frenetico e le complicazioni create dall'attesa di tutta una nazione che pretendeva questo successo. Molti giocatori jugoslavi non hanno dormito ieri notte, col pensiero fisso alla finale: e l'allenatore Nevose! ci aveva parlato nei giorni scorsi, con suggestiva immagine, di una « strega d'oro » che gli frullava nei pensieri ossessionandolo con II traguardo della medaglia più bella da raggiungere a tutti i costi. Meritatisslmo comunque il successo degli slavi anche se i russi possono lamentarsi per qualche « spintarella » non trascurabile data dagli arbitri ai padroni di casa, secondo tradizione. Meritato anche come affermazione di una scuola, che ha trovato la giusta fusione tra forza e agilità e pratica una pallacanestro spettacolare oltre che redditizia, ricorrendo senza paura al più giovani: così il ricambio viene facile, anche in queste finali abbiamo visto i ventenni Delibasic e Zizic fare la loro parte tutti i giorni senza imbarazzi né propri né dell'allenatore. Noi italiani, invece, abbiamo portato qui Rennato Villalta, ventanni, metri 2,02, gran protagonista in campionato, rivale non inferiore a Zizic nelle competizioni internazionali junlores e lo abbiamo tenuto a sbadigliare in panchina, impiegandolo esattamente per cinque minuti contro l'Olanda. Cinque minuti in sette partite, cioè su un totale possibile di 280 minuti di gioco. Bronzo — La medaglia di bronzo rappresentava per noi l'obiettivo prefissato, il minimo indispensabile per non sfigurare. Lo abbiamo raggiunto, ma con troppe fatiche, troppe delusioni e pure con l'aiuto determinante di un risultato indiretto, la vittoria della Spagna sulla Cecoslovacchia che ha compensato la nostra sconfitta con i cechi e ha messo gli iberici al nostro fianco nella classifica finale, a quota 4 punti. La medaglia è andata all'Italia come vincitrice del confronto diretto, insomma abbiamo strappato un verdetto ai ] punti. Dunque possiamo essere soddisfatti ma non proprio felici. E ' hanno trovato conferma, sul cam! po, i punti deboli di questa nazionale che non riesce a rinnovarsi, : a trovare nuovi motivi di entusiasmo e di carica, una nazionale esperta ma pure usurata, con un allenatore che sta commettendo , forse lo stesso sbaglio di chi lo ha preceduto. Paratore, e rischia I quindi di arrivare alle Olimpiadi j di Montreal con giocatori ai quaI li si è tanto affezionato da non notarne neppure l'inevitabile logorio dovuto all'età e alla carriera. Giocatori che magari non hanno più motivazioni sufficienti per battersi sempre al massimo, ad alto livello. E per fortuna abbiamo portato in Jugoslavia Recalcatl, risultato il migliore dei nostri, Il più costante. Uno che volevamo lasciare a casa. Antonio Tavarozzi Belgrado. Kicanovic conclude a canestro nella finalissima tra Jugoslavia e Urss, vanamente ostacolato dai nazionali sovietici Edesko e Alexander Belov (Tel. United Press)