Molte incognite dal voto rurale

Molte incognite dal voto rurale Molte incognite dal voto rurale A chi andranno i circa dicci milioni di voli delle campagne italiane (agricoltori, familiari, operai-contadini)? Sino a pochi anni fa non sarebbe stato difficile rispondere, oggi l'interrogativo è irto di incognite. Per l'ideologia cui si richiama, per le forze economiche che la sostengono, per i principi religiosi che la ispirano, la de è il partito che più d'ogni altro affonda le sue radici nel mondo rurale. 1 due gruppi politici a base prevalentemente operaia (pei e psi), anche se influenzano strati abbastanza vasti di braccianti e salariati, raccolgono insieme meno preferenze della de. Del resto, il pei c il psi hanno un grosso torlo. Per troppo tempo, contrapponendo la società urbana a quella rurale, hanno preslato scarsa attenzione ai problemi degli agricoltori, considerandoli quasi « nemici degli operai »: per il loro presunto scarso senso sociale e sindacale, ma soprattutto per la difficoltà di riunirli in « masse di manovra » (bastano cinque minuti per organizzare un comizio in fabbrica, ma ci vogliono giorni per radunare poche decine di agricoltori). Gli altri partiti a base nazionale (socialdemocratici, repubblicani, liberali, missini) non si spartiscono complessivamente più d'un quinto di tutti i voti delle campagne. I rimanenti quattro quinti sono sempre andati a de, pei e psi, con la fetta più grossa (oltre la metà) accaparrata dal partito cattolico. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 la democrazia cristiana ottenne il 48,48 per cento come media nazionale, ma il plebiscito delle campagne fu ben più vasto: il 55,4 per cento nei comuni sino a tremila abitanti, addirittura il 58 per cento nei centri inferiori ai mille abitanti. L'esplosione Da allora, di elezione in elezione, il partilo cattolico ha diminuito lievemente la sua presa, senza tuttavia perdere il predominio nelle campagne. Ma negli ultimi anni, successivi alle consultazioni regionali del 1970. e a quelle politiche del 1972. qualcosa c cambiato. Scadimento dell'agricoltura nel quadro dell'economia nazionale, disfunzioni della Cec, mancanza d'una politica agraria nazionale: tulli questi fattori hanno manifestalo insieme il loro peso negativo quando, nel 1975, alle anomalie di fondo s'è aggiunta la crisi energetica. L'impennata dei prezzi delle materie prime ha fallo saltare i bilanci di migliaia di aziende agricole, si son chiusi stalle e allevamenti, si son ridotte alcune colture non più redditizie. La fuga in città, che ancora una volta avrebbe potuto rappresentare una valvola di sfogo per molti agricoltori, è stala bloccala dalla difficoltà delle industrie: le fabbriche non potevano più assorbire la manodopera esuberante delle campagne. L'esplosione di queste crisi a catena ha coinvolto quell'organizzazione che, di fallo, per trentanni ha guidalo la politica agraria italiana: la Coldirclli. Dalle province si son levale crescenti voci di dissenso verso la « bonomiana », accusala da molti suoi stessi dirigenti di aver svolto soprattutto una politica clientelare e assistenziale. Alle proteste sono seguite parecchie defezioni e Bonomi non ha potuto fare a meno di convocare una « conferenza » dei quadri dirigenti per valutare l'esatta misura del dissenso interno. A Montecatini, dove s'è svolta l'assemblea, abbiamo sentilo contro la Coldirclli parole di fuoco, pronunciale dai delegati provinciali e dai rappresentanti dei giovani coltivatori, i quali chiedevano di « non correre più in parallelo con la de ». Gli ex coltivatori Di questi fermenti nel sindacalo cattolico hanno approfittalo le due altre grandi organizzazioni agricole: l'Alleanza Contadini (socialcomunista) e la Confagricollura. che ormai non è più. come un lempo, simbolo degli agrari, poiché raccoglie nelle sue file soltanto imprenditori agricoli, e tra i più preparali. Ma mentre l'Alleanza ha destato perplessità per i suoi tentativi di realizzare compromessi locali con il sindacato democristiano, la Confagricollura s'è guadagnala consensi mantenendo immutata la sua politica di sindacalo autonomo da qualsiasi partilo. E in questa campagna elettorale il suo impegno è slato soprattutto « per un voto laico », da concedere a repubblicani, liberali, socialdemocratici, socialisti. Un'altra incognita nel volo delle campagne è rappresentala dall'esodo, uh fenomeno senza precedenti nella storia d'Italia. In seguilo all'abbandono della terra alla ricerca d'un lavoro meno precario e faticoso, gli agricoltori — e quindi i coltivatori diretti simpatizzanti per la de — si sono dimezzati negli ultimi vent'anni. C'è poi quella deformazione dell'esodo che è il lavoro parilime: il contadino-operaio che lavora in città, ma che conserva la sua casa al paese, dove ha la residenza e vota. Il fenomeno, in alcune regioni fortemente industrializzate, presenta aspetti patologici. Quasi un terzo delle 210 mila aziende agricole piemontesi sono a pari-lime, in tutta Italia la cifra raggiunge, o forse supera, il milione. A chi daranno il voto questi ex coltivatori che non hanno più bisogno della Coldirctti per avere la mutua, né del sussidio per tirare avanti quando il raccolto è distrullo? Fino a che punto avranno influito sulle loro idee politiche, o sulla loro apoliticità, le lolle sindacali, il contano con i compagni della città, l'impano con un lavoro sicuro ma spesso alienante? Come si vede, innumerevoli sono le incognite del voto rurale. Ma è probabile che gli agricoltori siano ormai abbaslanza maturi per saper distinguere con sicurezza chi li corteggia sotto le elezioni da chi segue i loro problemi giorno dopo giorno. Livio Borato

Persone citate: Bonomi

Luoghi citati: Italia, Montecatini