Si è ucciso con il cianuro il vetraio ricercalo per il sequestro Vallino: è slato costretto?

Si è ucciso con il cianuro il vetraio ricercalo per il sequestro Vallino: è slato costretto? Trovato rantolante in un orto, è spirato prima dell'arrivo dei soccorsi Si è ucciso con il cianuro il vetraio ricercalo per il sequestro Vallino: è slato costretto? Stefano Di Blanda, proprietario della cascina-prigione, era scomparso il 4 giugno, quando la moglie, il cognato e altri due complici erano stati arrestati - Era colpito da prove schiaccianti : murata nella sua camera da letto c'era una parte del riscatto Oggi processo per direttissima ai quattro arrestati - Incontro fra giudici per ricercare possibili collegamenti con la mafia Improvvisa, drammatica svolta nelle indagini sui rapitori di Antonio Cagna Vallino. Ieri sera davanti a una baracca alla periferia di Venaria è stato trovato il corpo di Stefano Di Blanda, ex vetraio, proprietario del j cascinale dove 11 giovane aveva trascorso ì suoi ventotto giorni di prigionia. L'uomo, sul quale pesava un cumulo di prove senza possibilità di smentita, si è ucciso con il cianuro dopo aver tentato di togliersi la vita recidendosi le vene del polso con una lametta da barba. Ha lasciato un biglietto in cui si assume la responsabilità del sequestro. E' una morte tuttavia che suscita negl'inquirenti qualche perplessità. Il pubblico ministero dottor Pochettinci che conduce l'inchiesta ha affermato: « Non è da escludere che il Di Bianda sia stato indotto a togliersi la vita ». E' un dubbio inquietante che aggiunge nuovi enigmi all'intera vicenda. Stefano Di Blanda era i ricercato dal 4 giugno scorso, da quando cioè i carabinieri sco- j prirono sulla base delle testimonianze di Antonio Cagna Vallino la cascina di Venaria. All'inizio c'erano soltanto vaghi sospetti, I semplici indizi. Ma una perqui- ! sizione accurata permise di sco- : prire nascosta in una stalla, sot- I to ottanta centimetri di terriccio, 1 la botola che conduceva alla prigione dello studente. Era un soffocante cubicelo dove l'aria ar- I riva va a stento per mezzo di un ] tubo collegato con l'esterno. Cagna Vallino lo riconobbe senza difficoltà. La scoperta avvenne nel pomeriggio del 4 giugno. Stefano Di Blanda si era allontanato da al cune ore. Fu interrogata la mo glie Assunta Rimasti. Negò ma I la scoperta della cella costituiva una prova troppo grave. Fu ar- ' I ] restata e il cerchio via via si allargò. Colpiti da ordine di cattura sono finiti in carcere Calogero Ragusa, Vincenzo Rimasti, fratello della donna e Giuseppe Billeri. Sono tutti originari di Corleone. Sulla banda si è profilata cosi l'ombra della mafia tanto più che uno degli arrestati, il Billeri, è probabilmen I te figlioccio di Luciano Liggio. ' L'altro ieri a completare il cumulo delle prove è stato sco- perto nella parete della cascina di Venaria un pannello mobile e invisibile. Serviva a nascondere tre pistole, due cariche d'esplosivo al plastico, gioielli e una parte del denaro (7 milioni e 200 mila lire) pagato per il riscatto di Antonio Cagna Vallino. ] Prove più che sufficienti a giustificare un processo per « direttissima » nei confronti dei rei spcnsabili. La posizione del maggior indiziato, Stefano Di Blanda, appariva così senza via d'uscita. Sotto questo profilo trova una collocazione logica il suicidio dell'uomo, anche se, come abbiamo detto, il magistrato sospetta che dietro la morte dell'exvetraio ci possano essere risvolti ben più gravi e torbidi. La scoperta del corpo è avvenuta verso le 18 di ieri in un campo di Venaria, al fondo di via Primo Cinti. Sulla sinistra di questa strada che, proseguendo si trasforma in viottolo di campagna ci sono palazzi costruiti di recente, sulla destra una distesa di piccoli orti con baracche di legno dove i proprietari custodiscono gli attrezzi. Verso le 18 una donna, Rosa Frina abitante a Venaria in via Gabriele d'Annunzio, entra nel suo appezzamento. Deve racco- a I gliere un po' di verdura per la a o i o — cena. D'improvviso si ferma spa ventata. Nel pìccolo spiazzo antistante la baracca, giace il corpo di un uomo. Si avvicina, lo tocca, è rantolante. Ha una ferita al polso sinistro. L'uomo ha i vestiti sporchi, la barba lunga, gli occhiali da sole ;li sono scivolati dal viso. Rosa , Frina corre dal marito, Alfredo | Botta, che avverte i carabinieri. ] , n o o e | zo di carta e un tubetto con un a ; forte odore di mandorle amare, e | che ha contenuto cianuro. L'ipo- Giungono il cap. Lograno, il maresciallo Bindi, il brigadiere Giannattasio. Si fanno i primi accertamenti e non si tarda a dare un nome all'individuo: Stefano Di Blanda. Con il pubblico ministero dott. Pochettino e il cap. Formato arriva anche il prof. Tovo dell'istituto di medicina legale. La morte è avvenuta da poco, nell'intervallo tra il ritrovamento e l'arrivo dei carabinieri. Nella tasca dell'uomo si trovano una lametta da barba avvolta in un pez- . o e i a r . i i tesi di un suicidio sembra acquistare consistenza tanto più che accanto al corpo è rinvenuto un biglietto scritto in fretta. Dice: « Sono io il vero responsabile del sequestro. Quelli dentro sotto innocenti. Un bacio ad Assunta c a Carlo. Addio ». Assunta è la moglie arrestata dal magistrato dopo le prime indagini, Carlo è il figlio di dieci anni. La ricostruzione più plausibile appare questa: l'uomo, sfuggito ai carabinieri e rifugiatosi probabilmente poco lontano (i suoi - | abiti non sono molto bagnati i nonostante la pioggia) si rende conto che la sua posizione è irrimediabilmente compromessa. Allora decide di togliersi la vita, tentando di scagionare gli altri. Prima si recide il polso con una lametta, ma si provoca solo una ferita superficiale. Allora adotta il rimedio estremo e sicuro: le pastiglie di cianuro. La morte è molto rapida. Ma la ricostruzione non elimina ogni dubbio. Si può fare un'altra ipotesi carica di più oscuri significati: il Di Blanda cioè sarebbe stato costretto al suicidio (è facile immaginare con quali minacce verso i parenti o i figli) dall'«anonima sequestri » di cui faceva parte. Può apparire un'ipotesi romanzesca, ma gli inquirenti non la escludono a priori, è significativo quello che ha affermato il dott. Pochettino. Processo per direttissima oggi ai complici nel rapimento di Antonio Cagna Vallino, lo studente di Volpiano sequestrato il mese scorso e tenuto prigioniero in una cascina di Venaria: Calogero Ragusa, Giuseppe Billeri, Vincenzo Rimasti e la sorella Assunta, arrestati il 4 giugno, compariranno stamani davanti alla seconda sezione del tribunale presidente il dott. Lacquaniti. L'accusa è di sequestro a scopo di estor¬ sione con l'aggravante di aver messo in grave pericolo la vita dell'ostaggio, detenzione d'armi ed esplosivo. Le prove raccolte dai carabinieri (una parte del riscatto compresa) appaiono schiaccianti. Le imputazioni sono estremamente gravi se si pensa che per il solo reato di rapimento la legge prevede oggi condanne da 12 a 25 anni. Antonio Cagna Vallino ha deciso di costituirsi parte civile per risarcimento danni con il patrocinio dell'avv. Gabri. Ieri mattina è giunto a Torino da Milano il giudice Turane per incontrarsi con il magistrato che ha condotto le indagini sul sequestro, dott. Pochettino. Questo fatto (Turane indaga sul rapimento dell'industriale Giovanni Stucchi avvenuto il 14 ottobre dell'anno scorso e sulla banda che sequestrò Montelera) aveva fatto nascere l'ipotesi che i carcerieri di Cagna Vallino potessero essere responsabili anche del ratto milanese e fossero legati ai sequestratori del conte Rossi. In realtà sembra escluso il legame diretto: i due magistrati hanno discusso in generale sull'Anonima sequestri di cui i «corleonesi» di Venaria potrebbero essere uno dei bracci. Gli imputati, intanto, persistono nella loro tesi difensiva del «Nutla vidi, nulla so». Billeri, il figlioccio di Liggio, dice d'essere andato a far visita ai Di Blanda « qualche volta ». La sorella Assunta, che è moglie di Stefano Di Blanda, indicata dagli investigatori come la cuoca del commando, che ogni due giorni preparava il «rancio» al prigioniero, ripete alla monotonia: «Non sapevo neppure che esistesse una cella ». j i j I ! : I I 1 Stefano Di Blanda, suicida - La moglie Assunta è in carcere - I complici: Giuseppe Billeri e Calogero Ragusa