Il regista parla dei suoi prossimi lavori

Il regista parla dei suoi prossimi lavori Il regista parla dei suoi prossimi lavori Da D'Annunzio al Gesù i progetti di Zeffirelli "La città morta" con Sarah Ferrati andrà in scena a Gardone Riviera - "La vita di Gesù" per la tv dopo il rifiuto di Hoffman (Nostro servizio particolare) Roma, 11 giugno. «Credo fermamente che in teatro Gabriele d'Annunzio possa ottenere presso i giovani, lo stesso successo che sta ottenendo da cinque o sei anni in libreria. Questa convinzione la esprimo non tanto da attrice, quanto da mamma che vive a contatto di una figlia poco più che ventenne. Oggi D'Annunzio è uno degli autori preferiti dai giovani, e quando dico giovani comprendo anche quelli che sfoggiano blue-jean stinti e pieni di patacche», ha detto Sarah Ferrati che tra un mese sarà la protagonista di una nuova edizione de «La città morta» messa in scena da Franco Zeffirelli. Questa ripresa teatrale si colloca nel quadro della «riscoperta di D'Annunzio» a cui si assiste già da qualche tempo, sia in sede critica, che commerciale. Anche il cinema attinge ai romanzi di Gabriele d'Annunzio: si annunciano per i prossimi mesi tre film «su soggetti dannunziani». Mentre i visitatori del museo del Vittoriale aumentano di giorno in giorno. La prima di La citta morta è in programma a Gardone Riviera il 9-10 luglio e vedrà impegnati, accanto a Sarah Ferrati, Ilaria Occhini, Renato De Carmine, Giuseppe Pambieri e Franco Mazzoni. La città morta è un testo teatrale che Zeffirelli definisce il più bello scritto per il teatro da D'Annunzio e che riemerge da un passato di polemiche clamorose. Fu Eleonora Duse a chiedere al poeta fiumano di scrivere una tragedia per lei. A quei tempi non era ancora esplosa la grande passione «D'AnnunzioDuse» e l'attrice proclamava suoi autori preferiti Ibsen e Sofocle. Alla richiesta D'Annunzio rispose appunto scrivendo La città morta, ma invece di affidarla alla Duse la mandò a Parigi e Sarah Bernardt. In Francia nel 1898 il lavoro teatrale ebbe subito successo. Venne immediatamente ripreso in Italia dalla compagnia Ermete Zacconi-Eleonora Duse, da noi la rappresentazione fece gridare allo scandalo. Era la prima volta che veniva portata in palcoscenico la storia di un incesto. La città morta fu anche condannata dalla Chiesa e questo atteggiamento sorprende Franco Zeffirelli il quale nella conferenza stampa di questa mattine ha sostenuto che: «La vicenda è dì una tale castità da far nascere il dubbio che i censori di allora non l'avessero letta attentamente». La tragedia di Gabriele d'Annunzio suscitò differenti reazioni anche tra i critici laici tanto che venne poi rivista dallo stesso autore e edulcorata nei passaggi più duri. Nel 1901 al teatro La Pergola di Firenze La città morta venne riproposta da Zacconi e dalla Duse in un'edizione più blanda che è stata poi replicata negli anni successivi. Adesso, invece, Zeffirelli, la restituisce alle scene nella stesura originale. Concluso l'allestimento dello spettacolo del «Vittoriale», il regista toscano tornerà alla preparazione della Vita di Gesù per la televisione. A chi gli ha chiesto questa mattina anticipazioni su questo programma (negli ultimi mesi sembrava fosse stato accantonato) Zeffirelli ha risposto che su questa produzione televisiva c'è stato più di un ripensamento, sia di carattere artistico che in ordine alla coproduzione internazionale. «Ma adesso — ha precisato il regista — 77077 c'è più possibilità di indugiare. Le riprese devono cominciare il 15 settembre e devono finire entro il 30 aprile del 1976 perché a quella data io sono già impegnato per la realizzazione cinematografica di ima commedia shakespeariana». Per la parte del protagonista c'è da segnalare la rinuncia di Dustin Hoffman. L'attore americano non vuole lavorare per la televisione perché ritiene non sia giunto ancora per lui il momento «di chiudere la carriera». Se Zeffirelli avesse realizzato la Vita di Gesù per il cinema Hoffman avrebbe firmato subito. «Bisogna mettersi nella psicologia degli attori americani — ha aggiunto Zeffirelli — se si vuol capire il perché di questo rifiuto. La televisione, per un interprete affermato come Hoffman, significa la fine della carriera; infatti sui teleschermi americani passano molti attori che il cinema oggi ha messo da parte. Da noi, certo, è diverso». Ernesto Baldo

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