Calabria: profonde piaghe della "Regione nata male"

Calabria: profonde piaghe della "Regione nata male"Calabria: profonde piaghe della "Regione nata male" L'ardua costruzione dell'intelaiatura organizzativa in città diverse - Diffìcile la via dell'unità fra le tre province "troppo gelose" - Il problema più grave: l'occupazione (Dal nostro inviato speciale) Reggio Calabria, 10 giugno. L'oratore socialista si sbraccia davanti al microfono, scandisce le parole: « Abbiamo fatto la Calabria, dobbiamo fare ì calabresi». Ricorda agli elettori reggini che «la Regione è nata male, ha avuto all'inizio i suoi momenti più difficili». Rifa la storia della furiosa lotta per il capoluogo, che durò più di un anno e si concluse con un compromesso. Il famoso «pacchetto Colombo», governo alla «capitale» Catanzaro, Consiglio a Reggio, riuscì a scontentare tutti. La rivolta ha lasciato dietro di sé uno strascico di rancori non sopiti, che trovano un'eco ancora viva nelle piazze. Alla Regione \ si guarda^ da Reggio, Cosenza, I Catanzaro (le tre Calabrie reali, gelose ciascuna del suo ipotetico primato) come ad un'entità astratta. Che cosa ha significato il quinquennio regionale appena concluso per una terra che è un Sud nel Sud, con la depressione più accentuata di tutto il Mezzogiorno? Trecentomila disoccupati, ottocentomila emigrati, su due milioni di abitanti; servizi sociali e blica sanitari da Terzo Mondo, il penultimo posto in Italia per la mortalità infantile (oltre il 33 per cento). Si potrebbe continuare l'elenco. Queste cifre danno il senso dei guasti prodotti dai mali antichi del sottosviluppo e da quelli nuovi: inflazione, crisi recessiva, stasi della piccola e media industria. Si aggiungano lo spreco delle risorse, la carenza di programmazione, l'abuso della politica clientelare, le spinte particolaristiche legate alle faide di campanile e dei clan politici di sottogoverno. La Calabria — si fa notare, dati alla mano — è ancorata a un destino d'improduttività. Il reddito complessivo è di 1500 miliardi, di cui 658 costituiti dal terziario e dalla pubamministrazione, 350 dalle rimesse degli emigrati e dall'assistenza previdenziale, solo 508 dall'agricoltura e dall'industria (e in questa voce è compreso il settore edilizio). Sulla Regione s'erano nutrite molte speranze nel '70. Che bilancio di legislatura se ne può trarre oggi? Il vicepresidente della Giunta, il socialista Saverio Alvaro, manciniano, mi ripete la cronistoria dell'esordio contrastato, «nel fuoco della rivolta strumentalizzata dal msi». Fu ardua perfino la costruzione dell'intelaiatura ori ganizzativa, con le presidenze, i consiglieri, gli apparati «itineranti», sempre in moto fra Catanzaro e Reggio e viceversa. I lavori dell'assemblea ne hanno risentito: in cinque anni 248 sedute e un consuntivo di leggi non esaltante. Alvaro continua: «Tra i fatti straordinari devo ricordare l'alluvione del 72-72, il terremoto del '74. le disasti'ose mareggiate. Tutto questo, a parte la rivolta di Reggio, ci ha portato via tempo. Ma poi si è lavorato varando parecchi provvedimenti legislativi qualificanti, come la legge sulle coste per la salvaguardia del paesaggio e, proprio alla fine, la delega ai Comuni per i lavori pubblici. Abbiamo cercato con tutta la nostra azione di creare i presupposti per il decollo economico della Calabria». Tra l'altro, la Giunta ha messo a punto in extremis un «canovaccio per lo sviluppo socio-economico della regione», non ancora preso in esame dal Consiglio. Quali sono i progetti? Ecco i più importanti: completamento della rete stradale e autostradale, raddoppio della ferrovia, un porto a Salina (stabilimento della Liquichimica, ad alta specializzazione), un altro a Sibari, l'approntamento del porto di Gioia Tauro, dove sorgerà il quinto centro siderurgico, l'aeroporto intercontinentale di S. Eufemia Lamezia (in aggiunta a quelli di Reggio e Isola Capo Rizzuto), l'aggregazione di altre cinquesei facoltà tecniche (agraria, statistica, lingue orientali) al nucleo di architettura esistente a Reggio. E' insufficiente — si dice — l'università tecnologica di Cosenza, che non può essere l'ateneo di tutta la Calabria. Da Reggio oggi mi¬ gliaia di studenti sono costretti a recarsi a Messina. Il Consiglio uscito dalle elezioni del '70 era così composto: de 17 (su 40 seggi), psi 6, psdi 2, pri 1, pei 10, psiup 1, pli 1, msi 2. Con la rivolta di Reggio la de perde 3 consi glieri, in disaccordo sulla questione del capoluogo. Solo uno in seguito rientrò nel partito. Il psi ha potuto contare, invece, oltre che sulle sue forze, anche su due consi glieri d'acquisto, portando il totale a 8. La Giunta, bicolore dc-psi, ha avuto una guida esperta nel professor Antonio Guarasci, della sinistra de, fino alla sua morte in un indiente automobilistico nell'ottobre scorso. Nell'ultimo periodo ha retto la presidenza l'avvocato Aldo Ferrara, già capo della Provincia di Catanzaro. Capolista per la de è ora un giornalista di 36 anni, fanfaniano, Lodovico Ligato. Dichiara: «Nell'interesse della Calabria punteremo sulle azioni concrete». Sembra respingere, in prospettiva, una continuazione dell'apertura verso l'opposizione comunista, un quarto delle forze assembleari. Tommaso Rossi, capolista per il pei, giudica positivamente la prima fase del quinquennio terminato: «La Regione ha rotto col passato, ha stabilito un rapporto con la Calabria reale, pur muovendosi tra difficoltà. Noi comunisti ci siamo affermati come protagonisti». Nella seconda fase, invece, «c'è stato un riflusso, con un ritorno alla vecchia prassi politica: rottura del rapporto con noi e cedimento sui contenuti; si è fatto un uso tradizionale, clientelare delle risorse, in un'angusta visione municipalistica, complicata dall'incomunicabilità fra le tre province». Che cosa cambierà il 15 giugno? «Ci attendiamo — dice il segretario regionale della Cgil, Sergio Zavattieri, socialista — un voto che batta il clientelismo. In Calabria il tessuto democratico è debole, precario; l'istituto regionale deve rafforzarsi. Le grosse scelte dei pi-ossimi cinque anni saranno l'agricoltura, l'industria. La Regione dovrà affrontare in modo deciso il problema più grave: l'occupazione». Per il socialdemocratico Mallamaci, prima di tutto il resto, c'è l'unità della Calabria: «Solo così potremo ridimensionare la destra e l'eversione». Il capolista liberale professor Lupoi è pessimista: «La crisi è morale, di costtime. Penso alle assunzioni indiscriminate fatte sotto le elezioni da vari enti minori, come ad esempio, gli ospedali, con destinazione filiale il "comando", alla Regione. Sono tanti che non sanno neppure dove sedersi. Come si fa a parlare di cambiamenti?». Le previsioni elettorali devono tener conto dei risultati del '72. Dopo i moti di Reggio, in questa circoscrizione i missini (che non avevano ottenuto nessun consigliere regionale a Reggio, prendendone uno a Cosenza e uno a Catanzaro), passarono da 19 mila voti a 62 mila. In tutta la Calabria raddoppiarono i suffragi. Da 63 mila a 122 mila. Ora sperano di arrivare a 3-4 consiglieri. La de, in fase di recupero, punta su 15-16 seggi, i socialisti si augurano l'aumento da 6 a 7 seggi; il psdi e pri sono ottimisti; i comunisti inseguono l'undicesimo posto in Consiglio. L'ago della bilancia, comunque, rimane ancora Reggio, con il suo peso di rabbia e di delusione. Antonio De Vito