Oggi il Primo ministro israeliano parte per Washington di Giorgio Romano

Oggi il Primo ministro israeliano parte per Washington Oggi il Primo ministro israeliano parte per Washington Rabin: siamo pronti a trattare con l'Egitto, ma su basi nuove (Nostro servizio particolare) ITel Aviv, 9 giugno. |«Le proposte egiziane che !abbiamo ritenuto inaccettabi li nel mese di marzo e che allora hanno fatto fallire la missione Kissinger sono per noi inaccettabili anche nel mese di giugno. Ma se ci fosse stata un'evoluzione nell'atteggiamento dell'Egitto, il governo di Israele è pronto a riconsiderare la propria posizione». Questa è la più importante delle decisioni prese nel Consiglio dei ministri straordinario che si è protratto per sei ore e mezzo nel corso della notte e che ha diramato un comunicato riassuntivo questa mattina alle 4. Il primo ministro Rabin, che parte domani per Washington, è stato comunque autorizzato a negoziare, attraverso i buoni uffici degli Stati Uniti, un accordo interinale con l'Egitto, giudicato più opportuno di un accordo complessivo. Le prime reazioni sono positive, anche se ciascuna vede le cose dal proprio angolo visuale. Il capo dell'opposizione di destra, Menahem Begin, trova che la risoluzione è stata opportuna: «Sono contento — egli ha detto — che il governo resti fermo sulle sue posizioni e abbia deciso di respingere qualsiasi diktat da qualunque parte venga». Mentre altri esponenti vedono nella frase «se ci fosse stata un'evoluzione nell'atteggiamento egiziano» una scappatoia per accettare condizioni che si prevedono nella sostanza non diverse da quelle precedenti. Lord Caradon, il diplomatico inglese che era considerato il padre della risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza e che si trova attualmente in Israele, ha dichiarato questa mattina che «ì Paesi del Medio Oriente hanno forse per la prima e l'ultima volta l'occasione di arrivare a una pace globale». Egli pensa, tuttavia, che i palestinesi dei territori occupati debbano potersi dare una struttura politica perché sarebbe contraddittorio che altri parlassero in loro nome. L'atmosfera, dunque, sembra oggi favorevole all'inizio del negoziato, dopo che l'apertura del Canale e il ritiro degli israeliani hanno indicato una volontà di incoraggiare la trattativa. Ciò non significa che non esistano grandi difficoltà sul cammino. E' vero che Rabin e Sadat hanno espresso più volte, in diverse occasioni, la preferenza per la politica dei «piccoli passi», ma ciò non significa che gli ostacoli siano stati superati, anche per un accordo limitato: essi riguardano soprattutto i passi strategici e i campi petroliferi del Sinai, la durata della validità degli accordi interinali e gl'impegni politici dell'Egitto, la loro natura, come sarà precisata nel testo della convenzione e di fronte a chi sarà in obbligo di osservarli. Com'è abitudine, le conversazioni di Washington (e il comunicato del governo lo precisa) riguardano anche le relazioni bilaterali IsraeleUsa, comprese le diverse domande israeliane di aiuti economici e militari, nonché la natura di quella che si è chiamata «la revisione della politica americana nel Medio Oriente», le cui conclusioni sono state preannunciate per la fine di giugno o i primi di luglio. Non è improbabile che gli esponenti dei due Paesi affrontino anche, nelle diverse riunioni previste, la prospettiva di una soluzione globale del problema della regione (come indica il numero 4 dei le risoluzioni governative che Parla dell'opportunità di dar la precedenza all'accordo in terinale) e con questo l'introduzione di altri Paesi arabi nella discussione e la possibilità che si inserisca il problema palestinese. Anche Ginevra figura nell'agenda delle conversazioni, forse con l'intento di fissarne la data e i principali temi dell'ordine del giorno. L'editoriale del quotidiano del pomeriggio Maariv, commentando favorevolmente le decisioni del governo, affer- ma che e «un segno di forza e di abilita la resistenza alle pressioni che in questo caso coincide col più diffuso senti- mento della popolazione». Giorgio Romano

Persone citate: Aviv, Kissinger, Menahem Begin, Rabin, Sadat, Washington Rabin