Oberto-Minucci, confronto diretto di Adalberto Minucci

Oberto-Minucci, confronto diretto Tribuna elettorale tra i leaders della Regione Oberto-Minucci, confronto diretto Un bilancio del primi cinque anni di esperienza regionale: « La Stampa > lo ha chiesto al capilista del duo maggiori partiti in lizza per le elezioni di domenica prossima, Gianni Oberto (de), presidente della giunta regionale, e Adalberto Mlnuccl. segretario regionale del pel. Ecco l'analisi emersa da questo confronto al vertice. MINUCCI — Una valutazione di ciò che hanno rappresentato le Regioni e — In particolare — la Regione Piemonte in questi primi 5 anni deve partire dalla situazione di malessere e di inefficienza che paralizza l'amministrazione dello Stato. Su questo tema recentemente ci sono state denunce drammatiche, autorevoli e per noi insospettabili. Quelle del ministro Visentin!, per esempio (l'apparato tributario non riesce a esigere le tasse), quella del presidente della Confindustria (ha detto che l'amministrazione dello Stato è ridotta a un ammasso di rottami inservibili), ma anche quella dei giornali, a cominciare da La Stampa. A mio avviso, i governi, e quindi la de, hanno riversato questa inefficienza prima sui Comuni e sulle Province, ora anche sulle Regioni, che pure hanno capacità superiori agli enti locali tradizionali per mutare la gestione politica e amministrativa dello Stato. Sotto questo profilo ritengo positivi il varo e le prime esperienze regionali. Il guaio è che lo Stato ha fatto di tutto per impedire alle Regioni di assumere il ruolo che la Costituzione loro assegna. C'è stato e c'è ancora un ritardo nel decentrare i poteri alle Regioni. Una difesa cocciuta da parte del centralismo burocratico delle proprie antiche prerogative. Anche nell'elaborazione delle leggi nazionali da parte della maggioranza governativa — per esempio — c'è sempre stata una sottovalutazione, addirittura una negazione del ruolo delle Regioni. La recente legge per l'edilizia agevolata e convenzionata passa i fondi dello Stato agli istituti di credito, ignorando le Regioni. Ancora: frequentemente, i commissari di gogerno bocciano le leggi regionali più significative. Per la Regione Piemonte esistono casi clamorosi. Bastano alcuni confronti di cifre per dimostrare questa politica contraria alle autonomie locali: nel '46, lo Stato passava a Province e Comuni il 18 per cento delle entrate tributarie: nel '54, questa percentuale è scesa al 14,9; nel I 75 è diventata pari al 15. Cioè , soltanto lo 0,1 per cento in più j rispetto vent'anni fa. ma molto ! meno che nel '46, quando le Reglonl non c'erano. Di fronte a | questo atteggiamento esistono due | possibilità: far leva sul potere politico, che permetta alle Regioni di costituire nuove istituzioni de- I mocratiche e invertire la politica I statale con una dimostrazione di ; efficienza e di volontà politica; ! oppure, adagiarsi e accettare questo rapporto fra Regione e Stato. Così, a mio avviso, ha fatto anche la Regione Piemonte. Ha accettato la seconda soluzione. Anziché muoversi come elemento innovatore, si è mossa sulla vecchia strada, quella dell'inefficienza. pervenire a risolvere alcuni problemi e restare anche nella realtà di quelli che non sono risolti, mi pare che questo significhi innovare. Parlerei di innovazione notevole, che non trova collocazione nelle norme della Costituzione, ma nello statuto regionale. Pertanto, in materia di mediazione nei problemi del lavoro, la Regione vive la sua vita autonoma. Mi sembra che lo si debba sottolineare anche perché l'attività svolta è stata apprezzata. Ma anche gli interventi in campo economico permettono di lare un quadro della situazione. Sono oltre 563 i miliardi Indirizzati per lo sviluppo del Piemonte. Mi sembra che non sia una cifra da poco. Le somme stanziate per i vari settori (agricoltura, industria, artigianato, commercio, turismo, trasporti, lavori pubblici, sono moltiplicatrici perché rappresentate da contributi in conto capitale e in conto interesse. Pertanto, l'impegno finanziario provocato da ogni singolo stanziamento è maggiore alla cifra comalessìva. La nostra situazione è difficile. Non siamo più al Piemonte di Cavour, ma a un Piemonte che si sostanzia nella realtà di cifre della popolazione. Il SO per cento degli abitanti di Torino, della cintura immediata e di altri centri discosti è rappresentato da immigrati. La realtà della situazione piemontese nel settore, per esempio, della scuola, degli ospedali, dell'agricoltura, nel momento occupazionale, è complessa per questo fenomeno dell'insediamento di migliaia di persone venute al Nord. E qui occorre ricordare il significato dell'incontro con le Regioni del Sud a cui hanno partecipato sindacati e Confindustria. D'accordo, ci sono fermenti e insoddisfazione. Ma abbiamo seminato e i buoni frutti saranno prossimi. Quattro crisi MINUCCI — Avrei qualche dubbio nell'attribuire ogni responsabilità del malessere attuale a un lontano retroterra storico, fascista o prefascista. Nell'analisi del presidente Oberto c'è un elemento di verità, ma è indubbio che lo Stato d'oggi nasce anche da una rottura col passato, rappresentata dalla Resistenza e dalla Costituzione repubblicana. L'Inefficienza odierna ha origini peculiari, che vanno individuate nel sistema di potere della de. Un sistema che sempre più si è venuto esplicando attraverso una ragnatela di grandi e piccole clientele, di parassitismi, di sperperi, di scandali. Questo sistema ha sempre costituito un fatto negativo, ma oggi diviene intollerabile in rapporto alla crisi economica del Paese. Da ogni parte si riconosce ormai che per uscire dalla crisi occorre passare da uno sviluppo economico di tipo selvaggio, come quello del ventennio trascorso, basato sul predominio dei profitti e delle speculazioni private, a uno sviluppo di tipo programmatico, coordinato e guidato dalle istituzioni democratiche, in primo luogo dalle Regioni. Una effettiva programmazione è però impossibile se vi sono istituzioni condannate alla paralisi da un sistema di potere clientelare. Ecco allora il nodo in cui si colloca il problema della Regione. Il presidente Oberto non può negare che in questi 5 anni la de ha cambiato tre volte la maggioranza; vi sono state 4 crisi che hanno paralizzato l'attività della Regione per mesi e ciò mentre la crisi economica rendeva più indispensabile un governo efficiente. Le giunte sono cadute per dissidi interni alle maggioranze, soprattutto per lotte di potere nella de. La scena della maggioranza è stata dominata da uno dei maggiori esponenti della de, il conte Calieri, Il quale pretendeva — violando la legge sulle incompatibilità — di essere contemporaneamente presidente della Regione e della Cassa di Risparmio, membro dei consigli di amministrazione di altri enti economici e finanziari. Questa situazione ha ostacolato l'attività della Regione. Ma torniamo alla crisi econor.ica. Il Piemonte è forse la regione che ne subisce i contraccolpi più gravi: 230 mila operai in cassa integrazione, occupazione femminile dimezzata in pochi anni, migliaia di giovani — anche diplomati o laureati — vivono come un dramma la ricerca del primo impiego. L'agricoltura è sull'orlo del collasso; la stretta creditizia e quella fiscale hanno creato un disagio insopportabile per i piccoli imprenditori, gli artigiani e i commercianti: grandi e medie aziende (Montefibre, Pirelli ecc.) minacciano ulteriori riduzioni dell'occupazione. Di fronte a questa situazione, primo dovere della Regione Piemonte doveva essere quello di elaborare e cominciare a realizzare un piano organico di sviluppo capace di offrire un quadro di riferimento a tutte le categorie produttive. Questo non è stato fatto malgrado le pressioni dell'opposizione comunista, dei sindacati, di vasti settori della comunità regionale. Siccome pianificare significa scegliere, la de non è in grado di fare scelte per timore di scontentare questa o quella clientela. La giunta regionale ha preferito la vecchia politica dei provvedimenti frammentari. Alcune leggi importanti per l'edilizia, l'agricoltura e il centro di calcolo sono state presentate alla fine della legislatura e respinte dal governo. Ciò significa che decine e decine dei miliardi citati dal presidente Oberto non possono essere spesi. Qui c'è una duplice responsabilità della de: una del governo regionale, l'altra del governo centrale. La politica degli interventi a pioggia per l'agricoltura è stata particolarmente dannosa. Per questo settore occorre un programma organico, sono necessarie scelte rigorose. Gli interventi a pioggia servono solo a una politica clientelare. Il presidente Oberto sa che alcuni consiglieri de hanno inviato ad agricoltori piemontesi lettere in carta intestata della Regione vantandosi di aver fatto cadere qualche centinaio di biglietti da mille. OBERTO — Ouando piove, piove un po' dappertutto, lo leggo attentamente i resoconti delle sedute consiliari della Toscana e dell'Emilia Romagna e leggo che i consiglieri de, là in minoranza. addebitano alla maggioranza comunista e socialista una gestione a pioggia. Dirci che questo, più che rispondere a uno spirilo poco apprezzabile di costume, è la conseguenza di un'insufficienza finanziaria della Regione. In quanto al piano organico di sviluppo debbo dire che se non esiste in termini dì legge è stato apprestalo nelle linee di carattere generale approvato dal Consiglio. Le "sorelle,, Ma mi si consenta una precisazione. Non intendo dire che lo Stato d'oggi possa riferirsi in qualche modo, come matrice, allo Stato liberale, prefascista e fascista. Ouesto Stato nasce da una Costituzione, che è in buona sostanza un compromesso. Vi sono confluiti diversi modi di pensare. Il legislatore regionale farebbe bene a rileggersi gli atti della Costituente per vedere quanto sia stato difficile elaborare princìpi in base ai quali so- no stati costituiti i fondamenti dello Stato. Di uno Stato pluralistico nella realtà concreta delle cose. I problemi della Sicilia sono diversi da quelli del Piemonte, e così via. Esiste, cioè, una esigenza pluralistica della visione societaria. Quindi, lo Stato nasce certamente da una rottura, ma anche da un compromesso costituzionale. Ha trovato difficoltà per sopravvivere, quindi senza avere avuto la possibilità di radicare gli elementi di uno Stato nuovo. E tuttavia ha avuto affermazioni apprezzabilissime. De Gasperì avrebbe potuto costituire un governo emarginando altre componenti partitiche e politiche. Invece ha voluto abbattere lo steccato e richiedere la partecipazione pluralistica a livello governativo. E anche la funzione delie minoranze, fra cui quella numericamente più importante, il pei, sono sempre state accettate in un dialogo non soltanto di opportunità. Ciò si è verificato anche a livello regionale. Vorrei chiedere al dott. Minucci di fare un'analisi più profonda della situazione per vedere se non siano state le condizioni obiettive del Piemonte a essere in definitiva alla base delle crisi che si sono verificate. Nessuno è più rammaricato di me quando una legge torna indietro nonostante i dibattiti e la fatica che è costata per ottenere un voto largamente rappresentativo. Sono state rinviate le leggi per l'agricoltura, l'informatica e altre. Ma non sono state bocciate. Sono tornate indietro con l'Indicazione di errori tecnici. Le difficoltà per la Regione di legiferare sono ancora molte. Comunque devo dire che il Piemonte è stato la prima regione in grado di legiferare. Veniamo alla critica del potere. Le cosiddette erogazioni a pioggia addebitate alla de piemontese vanno addebitate anche alle formazioni politiche che reggono i governi regionali toscano, emiliano e umbro. Ci viene fatta colpa di non aver creato il piano organico di sviluppo; si continua a ribadire che la Regione Piemonte ha residui passivi per 113 miliardi. E' vero, ma quel denaro non è spendibile a causa della situazione che nell'ultimo anno e mezzo ha messo in crisi l'ente locale. Ouesto non può portare avanti i lavori, mancando la possibilità di ricorrere al credito. Cosi i fondi destinati a finanziare leggi per l'agricoltura e l'edilizia restano accumulati in tesoreria. Ma siamo franchi e leali: le tre sorelle prime della classe — Umbria, Toscana ed Emilia Romagna — hanno anch'esse residui passivi: nell'ordine 24 miliardi, 72 e 92. Avv. Gianni Oberto (de), presidente della Regione Dott. Adalberto Minucci capogruppo pei in Regione