Fischi anche a Helsinki di Giovanni Arpino

Fischi anche a Helsinki Fischi anche a Helsinki (Dal nostro Inviato speciale) Helsinki, 5 giugno. Abbiamo raccolto fischi anche ad Helsinki. Forse la materia prima più abbondante sui campi di calcio odierni, persino quando si gioca nel più sportivo Paese del mondo. Non è mancato Il solito ' virus » contestativo, con la tradizionale bottiglietta lanciata dalle gradinate ed un patetico tentativo di Invasione. Mettetela come volete, ma ad un certo punto il sottoscritto aveva voglia anche lui di gridare « Suomi », cioè Finlandia nella lingua indigena. Perché la nostra cosiddetta nazionale « dai piedi buoni » ha in varie fasi tremato di fronte ai finnici, che calcisticamente parlando sono nessuno. Perché il grado atletico dei nostri vecchi e nuovi ragazzi a giugno ripete la sua vergognosa nullità. Perché girare il mondo seguendo questo tipo di football è diventato un'Impresa al limite della tolleranza critica o sentimentale o semplicemente ragionevole. Finalmente il « C. U. » ha vinto una partita. E qualcuno sfodererà certo una famosa Interpretazione machiavellica cara alla nostra critica: cioè che quando giochi contro i deboli giochi male. E già. E quando si gioca contro i forti, che cosa abbiamo combinato? Gli azzurri hanno creato un numero di palloni-gol inferiore a quello costruito dai finlandesi. Gli stessi blancoceiesti del Paese dei mille laghi, che in scarpe bullonate ricordano dei modestissimi dopolavoristi pieni solo di salute e buona volontà, hanno insidiato la rete di Ioli con azioni più elaborate e generose dei nostri. Un certo signor Heiskanen, numero otto, biondo come una spiga, ha goduto di una libertà immensa, senza essere degnato d'uno sguardo da Cordova, Capello. Orlandini. Se avesse posseduto cognizioni mìnime di calcio nei suoi cento cross, la nazionale dei • piedi buoni » sarebbe uscita dallo stadio olimpico finlandese letteralmente distrutta da questo sconosciuto. Il nostro settore mediano ha latto francamente ridere. Il portiere finnico non ha dovuto parare che un solo pallone, le minacce dei » maestri mediterranei » erano polvere di zoccoli asinini, non il tritolo dei « bomber » necessari. Rocca e Gentile si aggiungevano alle ali infoltendo settori dove a un certo punto si assiepavano decine di stinchi. E il bel divo Antognoni, così lodato dal suo ' CU. »? Riserviamogli un trattamento adeguato nell'apposita pagella, per non infierire due volte. Che brutta serata di calcio, anche se splendida di luci e ap¬ pena fresca sotto il cielo ed i gabbiani del grande Nord. Per lunghi minuti abbiamo sperato che una minima scintilla uscisse dal camino azzurro. Macché. Neppure il fumo di un modesto focherello. Ma non prendiamocela solo con la squadra, stanca al termine della stagione, illusa di sé, che però presenta alcuni uomini degni di rispetto. E' nel solito manico che vanno cercate le solite colpe. La consistenza del nostro football è modesta, il talento calcistico di un ieri ormai lontano tarda a venir fuori, ma vi sono altri elementi da giudicare. Perché è chiaro che un disegno tattico ed un impiego ragionevole di tibie e cervelli non dipende dagli uomini, ma dalla persuasione che il « collettivo » deve recepire dentro di sé. E da chi? Ma dal «C. U.-. Questa squadra corrisponde anima e corpo all'attuale commissario. E' fiacca e tuttavia becera, è stanca e finge di godere salute, incattivisce sui deboli (vedi le « cartellate » distribuite da Bellugi e comparii e non esprime genio, neppure casualmente. Giusto un rigore poteva darle la vittoria con I dilettanti finlandesi. Siamo lontanissimi non solo dalla fisionomia dei « messicani », pur criticabili per testardaggine e avarizia tattica, ma persino dalla Nazionale che vin¬ se a Wembley. Siamo lontani da ciò che accadde e fu di esempio in passato e dal volto che dovremmo dipingere per l'avvenire. E' insomma una Nazionale priva di faccia, anche se qualcuno cercherà soltanto di giudicarla secondo le vuote midolla messe in mostra ad Helsinki. L'ultimo Interrogativo suona: ricominciare, ma da dove? Il » granduca » Franchi continua a promettere premi per vittorie striminzite, ma non decide nulla per l'avvenire, o comunque, deciderà con grave ritardo. Il " Cu », che non ho neppure più voglia di nominare, si diverte come ad un Carnevale: gli si regali una maschera e lo si spedisca all'asilo. Necessita un lavoro in profondità che nessuno ha il coraggio civile né sportivo di implantare. E intanto sul vuoto campo olimpico di Helsinki, dove accaddero memorabili imprese atletiche, volano i gabbiani, come cercando I lacerti di qualche decomposto cadavere. E' una scena surrealista ed anche macabra, se proprio la si riesce ad interpretare a dovere. Se, tornando a casa, trovo il solito tipo che mi viene incontro trillando: « Beato lei che viaggia », giuro che gli rispondo con un calcio, alla Bellugi. Giovanni Arpino

Persone citate: Antognoni, Bellugi, Capello, Cordova, Ioli, Orlandini, Rocca

Luoghi citati: Finlandia, Helsinki