La tredicenne ha rivelato alla madre "L'ho ucciso io è stata una disgrazia,, di Remo Lugli

La tredicenne ha rivelato alla madre "L'ho ucciso io è stata una disgrazia,, Finalmente la verità sul ragazzo ucciso nell'astigiano La tredicenne ha rivelato alla madre "L'ho ucciso io è stata una disgrazia,, Il ragazzo avrebbe preso una carabina che c'era in casa: lei avrebbe cercato di togliergliela e sarebbe partito il colpo - Subito dopo avrebbe cercato di cancellare tutto trascinando l'amico ormai morto in un prato - I genitori della vittima non credono all'incidente; sospettano che ci sia la complicità di altre persone (Dal nostro inviato speciale) Asti. 5 giugno. E' stata lei, Stella Magnone, la ragazzina di 13 anni, a uccidere con un colpo di carabina cai. 22 il suo amico Antonio Melfi, di 14 anni, che era andato a trovarla a casa sua, a Valmaggiore. Un omicidio accidentale, almeno così sembra. Ma la verità, se questa è veramente la verità, è uscita con una fatica emorne. Questa biondina dagli occhi chiari e dall'aspetto candido si è rivelata una mentitrice ferratissima. Dalla sera di martedì a questa mattina ha saputo tenere in scacco il sostituto procuratore della Repubblica dott. Armato e tutti i carabinieri che si alternavano ad interrogarla. Ha inventato e sostenuto accanitamente tante bugie, tutto un castello: e questo può essere anche comprensibile, data l'età. Ciò che invece appare veramente sorprendente per i suoi 13 anni, è tutto quello che lei ha fatto, materialmente, per cancellare l'omicidio colposo, per far credere che si trattasse di una disgrazia causata da altri, per allontanare il cadavere del ragazzo il più possibile dalla sua casa. Come certi elementi già ieri facevano sospettare, è stata Stella che ha portato il corpo di Antonio lungo un sentiero erboso, una ottantina di metri dalla cascina. Vediamo gli ultimi sviluppi della vicenda a partire da ieri sera. Dopo essere svenuta due volte sotto la pressione delle domande del capitano Madonia, comandante la compagnia carabinieri di Asti e dei suoi uomini, Stella ha incominciato a fare qualche ammissione. Antonio non era caduto per la strada, lei non lo aveva trascinato verso la casa per soccorrerlo: era stato colpito da un proiettile partito da una pistola che egli steso teneva in tasca. «L'arma io l'ho gettata in un jossato» ha detto. Erano le 22 e i carabinieri, calzati gii stivaloni di gomma, si sono messi a cercare nell'acqua la pistola. Anche la madre partecipava alla ricerca. «Un po' più in là — ogni tanto diceva la ragazzina, gettando nell'acqua un sassolino o un fiore strappato tra l'erba —. Ecco, da Quella parte». Tutti frugavano nella melma, le braccia infangate fin oltre ì gomiti, 1 acqua che di tanto in tanto tracimava oltre il bordo degli stivali e li allagava. Tardi, quando già non ci si vedeva più, l'operazione è stata sospesa per essere ripresa questa mattina. Racconta la mamma, Angela: «Stanotte, quando siamo rimaste sole, ho a lungo pregato la bambina perché si decidesse a dire la verità e finalmente si è aperta, m'ha confessato come erano andate veramente le cose. Così, stamattina alle 7, l'ho caricata sulla Vespa e ci siamo presentate alla caserma dei carabinieri di Asti dove lei ha ripetuto la confessione». Ecco, dunque, come si sarebbero svolti i fatti. Antonio Melfi arriva sull'aia della cascina poco dopo le 3 di martedì pomeriggio. Lo vede don Francesco Quirico, l'altro inquilino della casa, l'unico che sia presente. Stella poco dopo torna dai campi dove è stata a rigirare il fieno. Lo fa entrare, lei sale in camera sua, lui la segue. Nella stanza ci sono poche e povere cose: un armadio, un letto che per piedi ha quattro pile di mattoni, una stufa. Nel cassetto di fondo dell'armadio c'è una carabina cai. 22 a cannocchiale, una delle tre armi di Romano Magnone, il papà di Stella, che in questo periodo è ricoverato al Cottolengo per mal di cuore. Le altre due armi sono un fucile da caccia e un flobert. Della presenza di questa cai. 22 la madre di Stella non aveva parlato; ora dice: «Non mi pareva che ci fosse in casa un'arma simile, l'avevo vista da queste parti qualche volta, ma credevo fosse di mio cognato». Stella, a un tratto, secondo il suo racconto, sente alle spalle l'amico che dice: «Com'è bella»; si gira e lo vede che tiene in mano la carabina estratta dal cassetto. Lui è rannicchiato a terra, lei, in piedi, gliela vuole strappare via, l'afferra per l'impugnatura, tira e a un certo punto la canna viene ad essere rivolta verso la spalla destra del ragazzo, dall'alto verso il basso. Parte il colpo. Antonio si accascia sul pavimento con appena un gemito. Lei lo trascina in un'altra stanza di passaggio, che dà sul pianerottolo della scala. «Qui gli ho messo una mano sul cuore — racconta Stella —; batteva piano piano, poi s'è fermato. Allora ho subito pensato di portarlo lontano. L'ho preso sotto le ascelle, l'ho trascinato giù per le scale, ho attraversato l'aia. poi il prato e ancora mi sono spinta avanti sul sentiero er- j boso. Ogni tanto mi fermavo. \ , ero stanchissima, la bocca seccQ a metà dello stradello noti ce l'ho fatta più ed ho ri nunciato. Sono tornata a ca- jsa, ho nascosto la carabina jnella soffitta, ho asciugato il jsangue con un asciugamano \che poi ho nascosto in un for- \nello, ho lavato le macchie, e sono corsa, gridando, a chiamare il prete, che era dietro la casa, per dirgli che il ragazzo era morto stilla strada e io che se prima ì carabinieri pensavano che il ragazzo fos se stato colpito mentre era nel cortile e lei era alla fine stra del primo piano, intenti l'avevo trascinato verso la ca-. scina». Sono state trovate macchie , di sangue nella stanza ed è j quindi probabile che le cose < siano davvero andate cosi, an-1 magan a sparare per gioco contro il muro di quel gabi- netto dal quale ieri sono stati I estratti due proiettili calibro 22. La parte del racconto che ' lascia più perplessi è quella del dopo lo sparo. La scala della cascina è molto ripida, composta di quindici gradini: come può aver fatto la ragaz zina a portar giù un corpo inanimato del peso di circa quaranta chili? Ma lei insiste: «Non mi ha aiutato nessuno, Antonio era venuto a trovarmi da solo». D'altra parte, anche don Quirico, come si è detto, afferma di aver visto aggirarsi nell'aia, intorno alle 15, il ragaz- zo solo. Il prete è preoccupa¬ to: «Non andrà mica a finire che sospetterete di me?» dice con i carabinieri, che chiacchierano con lui nel cortile, in attesa che il magistrato rediga il verbale della confessione definitiva. Lo tranquillizzano, nessuno ha dei sospetti su di lui. La tragica vicenda, se non emergeranno fatti nuovi, si chiude così, con un non luogo a procedere contro Stella, naturalmente, data la sua età minore. Il «giallo» aveva assunto tinte fosche soprattutto quando si era rilevato, attraverso i biglietti trovati in casa di Antonio, che egli aveva due spasimanti, Stella e Giovanna, gelose l'una dell'altra (e Stella anche audace in certe sue espressioni relative al tema sessuale). Il povero ragazzo è morto per un fatto accidentale. Ma i genitori che lo piangono nella chiesa di Castell'Alfero, dove la salma è stata portata stasera, in attesa dei funerali, non credono all'incidente, sospettano che ci siano complicità di altri. «Qualcuno deve pagare», ripetono. Remo Lugli Asti. Stella Magnone, 13 anni. Per due giorni è riuscita a sostenere la tesi della disgrazia

Persone citate: Antonio Melfi, Francesco Quirico, Madonia, Romano Magnone, Stella Magnone, Tardi

Luoghi citati: Asti, Stella