In meno di un giorno scoperta la prigione

In meno di un giorno scoperta la prigione In meno di un giorno scoperta la prigione (Dal nostro inviato speciale) Canelli, 5 giugno. E' durata venti ore la prigionia di Vittorio Vallarino Gancia, 43 anni, direttore generale dell'omonima azienda di Canelli, sequestrato ieri pomeriggio da un commando di presunte Brigate rosse. Questa mattina alle 11,30 una pattuglia di carabinieri di Acqui, in servizio di perlustrazione nei cascinali immersi nel verde delle colline del Monferrato, si è imbattuta nel covo dei brigatisti. Dopo il tragico scontro a fuoco, sfondata la porta della cascina-rifugio, i carabinieri hanno trovato in una cella buia, scavata nel muro, l'industriale Vittorio Vallarino Gancia: illeso, stordito dall'eco della sparatoria avvenuta sull'aia, a pochi metri dalla sua prigione. Due brigatisti che erano insieme con la ragazza, sono fuggiti a piedi, abbandonando le auto sulle quali avevano tentato di aprirsi un varco tra i carabinieri. Le indagini condotte dal procuratore della Repubblica di Acqui, dott. Da Tovo, sono in pieno sviluppo. A tarda sera non era ancora stata identificata con certezza la ragazza uccisa, che aveva documenti falsi intestati I a una certa Vera Perini e che pare, due anni fa, aveva acquistato la cascina presentandosi col nome di Marta Caruso, professoressa di origine padovana. Gli investigatori — generale Alberto Dalla Chiesa, capo dell'antiterrorismo Criscuoio, vice questore Montesano — sospettano che possa essere Margherita Cagol, la moglie di Renato Curcio, il capo brigatista evaso poco tempo fa dal carcere di Casale. Ma potrebbe anche trattarsi di Laura Allegri, un'altra esponente di punta del gruppo pseudo-rivoluzionario, originaria di Lodi; o anche di un'altra giovane, appartenente alla « comune » di Lodi, importante covo delle Brigate rosse. Ecco la cronaca di queste venti ore drammatiche. Mercoledì pomeriggio poco prima delle 15 il dott. Vallarino Gancia lascia la sua villa — la Camillina, di Canelli — per raggiungere la ditta di cui è titolare, in corso Libertà. Percorre duecento metri, vede delle transenne in mezzo alla strada, crede che ci siano dei lavori in corso, rallenta. In quel momento un furgone Volskwagen rosso lo stringe sul bordo della via, costringendolo a fermarsi. E' un attimo: due o tre banditi mascherati circondano l'« Alfetta » dell'industriale. « Mi hanno puntato una pistola alla nuca — racconta l'industriale — e infilato in testa una pancera di lana. Mi hanno costretto a sedermi sul sedile accanto, mentre un bandito si metteva alla guida dell' "Alfetta" e partiva a tutta velocità ». Una breve corsa fino a Calamandrana, cinque chilometri da Canelli, di qui l'ostaggio viene trasbordato su un'altra macchina. Inizia un percorso tortuoso, lungo le strade che si snodano, in salita e in di-1 scesa, tra la campagna. Due ore dopo il commando arriva ad Arzello, un paesino a dieci chilometri da Acqui. Qui si inerpica lungo un tratture che sale sulla sommità di una collinetta dove, in frazione Franzana, c'è la cascina Spiotta, detta Belvedere, acquistata dalla sedicente Marta Caruso (o Vera Perini), la donna dei brigatisti. Vittorio Vallarino Gancia, ammanettato, viene rinchiuso nella cella già preparata dal commando. Steso sul pagliericcio, si prepara a trascorrere una lunga prigionìa. Ma non è così: la tragedia, e la liberazione, sono già nell'aria. Facciamo un passo indietro. Mercoledì alle 13,30, a Canelli, un giovane — Massimo Maraschi, 25 anni, di Lodi, sospettato di appartenere alle Brigate rosse — viaggia scpsscmcStivsvQitdctrFsgsgvepvitdrsdnd su una « 124 » verde. Ha documenti falsi, targa falsa, una pistola carica in tasca. Si scontra con la « 500 » di Cesarino Tarditi, 18 anni. Pochi danni alla carrozzeria, ma il giovane Maraschi si comporta in modo strano. Scende, si avvicina al Tarditi: « Le do 70 mila lire per il risarcimento, ho fretta, devo andare». Il suo atteggiamento insospettisce il ragazzo, che avvisa lo zio, Oreste, idraulico. Questi telefona ai carabinieri i quali, dopo un rapido controllo, accertano che la targa della « 124 » verde è falsificata, cioè è uguale ad una targa di un'altra macchina, regolarmente in circolazione. Fanno un posto di blocco, sorprendono il sedicente brigatista. Maraschi è fermato, si ribella ai carabinieri, fugge. Verrà catturato più tardi, verso le 17 in un cantiere edile. E' inzuppato d'acqua perché nella fuga ha attraversato una roggia. Portato in caserma a Canelli, si rifiuta di rispondere alle domande del colonnello Losco; pare dichiari soltanto: « Mi considero prigioniero di guerra ». Al nucleo antiterroristico di Torino il Maraschi è sconosciuto, ma la magistratura di Milano e la squadra politica di Lodi io conoscono bene. E' arrestato per detenzione abusiva di arma, falso, resistenza. Questa mattina, il procuratore della Repubblica di Asti, dott. Parlatore, in una conferenza stampa spiega la dinamica del sequestro e i sospetti, assai vaghi, sull'eventuale rapporto tra il rapimento e l'arresto del Maraschi. Si accerta intanto che il giovane brigatista fa parte della comune di Casalpusterlengo e sarebbe fidanzato con una certa Laura Allegri. La conferenza stampa è appena terminata, gli investigatori si concedono qualche minuto di riposo. Ma è una tregua breve. Poco dopo arriva la notizia degli spari. Che cosa era successo? Una pattuglia di carabinieri composta dal tenente Umberto Rocca, dal maresciallo Rosario Cottati, dall'appuntato Giovanni D'Alfonso e dall'autista Pietro Barberis sta perlustrando le colline di Arzello, a pochi chilometri da Acqui. Pare che un contadino abbia telefonato in caserma: « Attorno alla cascina Spiotta c'è uno strano via vai: una "128" bianca e una "127" arancione targate Torino, girano con fare sospetto. Venite un po' a vedere ». La pattuglia sale su una « 127 » militare, raggiunge la frazione Franzana. Sono le undici e quaranta: esplodono bombe a mano, crepitano pi stole. Tre carabinieri cadono feriti, una brigatista è uccisa sul colpo, due complici — uno, si dice, sarebbe il Curcio — fuggono nei campi abbandonando la « 128 » e la « 127 » crivellate di proiettili. Chi è la morta? Una ragazza dai capelli rossi, media statura, maglioncino di lana bianca, jeans, scarpe di tela rossa. Riversa nell'erba, composta, sembra dormire. Ha finto di arrendersi ai carabinieri, mentre il complice alzava le mani e un altro sfilava dalla tasca una bomba a mano e la lanciava contro i militari. Chi è l'uccisa? Forse Laura Allegri, fidanzata del Maraschi; forse la moglie del Curcio, Margherita Cagol, forse Marzia Lelli, diciannove anni, che ha fatto parte del commando che tentò la rapina allo zuccherificio di Argelato (Bologna), durante la quale è stato assassinato il brigadiere Lombardini. La magistratura, i carabinieri, la polizia perlustrano la cascina « maledetta » dove Vallarino Gancia è trattenuto prigioniero. Trovano materiale « molto interessante »: un vero e proprio arsenale di armi, pistole, bombe, munizioni, manifesti, documenti, e la lettera che i banditi avevano già fatto scrivere all'industriale con la richiesta del riscatto: un miliardo. Doveva pervenire ad un avvocato di Torino, che l'avrebbe recapitata all'intermediario dei Gancia. Sergio Ronchetti