Primavalle: oggi la sentenza il p.m. ha chiesto l'ergastolo di Fabrizio Carbone

Primavalle: oggi la sentenza il p.m. ha chiesto l'ergastolo Si conclude il processo in assise a Roma Primavalle: oggi la sentenza il p.m. ha chiesto l'ergastolo Tre gli imputati (due latitanti) - Sono accusati del rogo che provocò la morte di due figli di un dirigente msi - La difesa ha proposto l'assoluzione: "Gli imputati sono estranei ai fatti" Roma, 4 giugno. Siamo all'ultimo atto: il processo per il rogo che uccise Virgilio e Stefano, i figli del segretario missino di Primavalle, Mario Mattei, entrerà domani nella sua fase più drammatica. Il presidente della terza corte d'assise, Giovanni Salemi, il giudice a latere e i sei componenti della giuria popolare (tre uomini e tre donne) si ritireranno in camera di consiglio per la sentenza. Davanti ai loro occhi scorrerà un dibattimento lunghissimo annotato sui verbali d'udienza. Potranno riascoltare al registratore le voci degli avvocati della difesa e dell'accusa, dei testimoni (più di cento) e dell'unico imputato presente in aula. Achille Lollo, che assieme a Manlio Grillo e Marino Glavo contumaci (tutti e tre militanti del gruppo extraparlamentare «Potere operaio») deve rispondere del reato di strage. La richiesta del pubblico ministero, del 20 maggio scorso, è l'ergastolo. La parte civile ha chiesto ai giudici popolari «giustizia piena» e «una condanna esemplare». La difesa ha controbattuto affermando l'estraneità degli imputati ai fatti ed esigendo l'assoluzione. Un compito, quello della corte d'assise, difficile. Un processo indiziario che non si basa su prove certe può risultare favorevole agli imputati. La difesa non ha avuto altro da fare che smontare, pezzo per pezzo, il mosaico di deduzioni che avevano portato il giudice istruttore alle conclusioni dell'istruttoria. Gli avvocati di Lollo, Clavo e Grillo hanno messo in evidenza tutti i «misteri» del processo: anomalie verificatesi durante le indagini; verbali risultati (anche per ammissione del pubblico ministero) falsi e testimoni reticenti. Ma non sono bastate quasi cinquanta udienze a incanalare il dibattimento nella direzione più vicina agli interessi della giustizia. Perché? Lo hanno detto tutti e lo ha sottolineato più volte il presidente Salemi. Le indagini furono condotte frettolosamente; le perizie non tennero conto di riscontri obiettivi. La difesa degli imputati ha attaccato a lungo il pubblico ministero perché l'istruttoria guardò subito e solo «a sinistra», non tenendo conto delle lotte e delle faide che c'erano (lo hanno detto e ripetuto in aula alcuni testi) tra i missini di Primavalle. Il processo di Primavalle s'iniziò il 24 febbraio. In aula falli il tentativo del msi di entrare direttamente nel dibattimento. Fu respinta la richiesta di costituirsi parte civile presentata da Giorgio Almirante. Fuori dell'aula cominciarono le provocazioni degli squadristi romani, mobilitati per impedire agli extraparlamentari di sedere fra il pubblico. Scontri e tensione sfociarono nei disordini di via Ottaviano: a colpi di pistola, davanti alla sede del msi, fu ucciso il neofascista greco Mikis Mandakas. Dell'episodio è accusato un giovane dell'ultrasinistra. Prendendo lo spunto dal crimine, i fascisti per tre giorni presidiarono diverse piazze di Roma; picchiarono e insultarono passanti, La tensione finì di colpo e le udienze si svolsero regolarmente. Il 22 marzo primo colpo di scena: Anna Schiaoncin, «la fascista», accusa i missini del quartiere, piange e sviene; dice di essere minacciata, ma non vuole far nomi; né può spiegare, coi fatti, perché è convinta della responsabilità di alcuni del msi nell'attentato alla casa di Mattei. Il 12 aprile uno dei giudici popolari rinuncia: è messo in difficoltà da testimoni oculari che lo hanno visto prendere iniziative non dovute durante il sopralluogo a Primavalle. Si passa poi all'esame dei «corpi di reato» e delle perizie: un altro giudice popolare scopre, incorporati nella tanica di benzina che servì agli autori dell'attentato, frammenti di vetri diversi, fili di ferro, un cavo e un fiocco di fibra. Tutte cose che, se l'incendio fosse veramente scoppiato sul pianerottolo, non si sarebbero appiccicate ad un contenitore in liquefazione. Viene rimessa in discussione la tesi dell'accusa. Gli avvocati della difesa fanno notare le omissioni e le lacune del lavoro dei periti d'ufficio. Il 20 maggio il pubblico ministero, Domenico Sica, fa le sue richieste: ergastolo per Lollo, Clavo e Grillo. Assoluzione per insufficienza di prove per lo spazzino Aldo Speranza, imputato di concorso in attentati minori, e per Angelino Lampis, il superteste missino «profeta» di tutto quanto avvenne nel quartiere. Fabrizio Carbone

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