Liberati tutti gli ostaggi i detenuti si sono arresi di Ennio Caretto

Liberati tutti gli ostaggi i detenuti si sono arresi Conclusa la rivolta nel carcere di Augusta Liberati tutti gli ostaggi i detenuti si sono arresi Sfiorata più volte, nelle 36 ore, la tragedia - La vita delle guardie catturate è rimasta in pericolo per tutta la giornata - Drammatici colloqui dei rivoltosi con i parenti - Poi, ad uno ad uno, gli ostaggi sono stati rilasciati - Giunta in aereo da Torino per "mediare" Giuliana Cabrini, segretaria di una lega per i detenuti Sempre gravi le condizioni dell'appuntato ferito (Dal nostro inviato speciale) Augusta, 2 giugno. Stanotte, nel castello svevo, dopo trentasei ore drammatiche e insonni, guardie e detenuti riposano. La duplice rivolta scoppiata ieri si è conclusa oggi al tramonto, senza un nuovo spargimento di sangue. I carcerati rivoltosi hanno lasciato liberi i sette ostaggi e si sono consegnati ai carabinieri. Al calar delle tenebre, nel caldo ancora soffocante, gli ultimi di loro sono stati trasferiti ad altre prigioni. Se l'appuntato Giuseppe Mericio, ferito gravemente a coltellate, sopravviverà, come è probabile, la vicenda potrà dirsi risolta nel migliore dei modi. Ma più volte, nel corso della giornata, essa ha sfiorato la tragedia. Solo la pazienza e l'umanità di alcuni degli stessi detenuti, di una giovane torinese, Giuliana Cabrini, che si batte per la riforma carceraria, e di un gruppo di pubblici funzionari hanno evitato l'eccidio. In un momento in cui l'ondata di criminalità e di terrorismo politico, spesso confondendosi in trame oscure, sconvolge l'Italia, l'episodio di Augusta non dev'essere strumentalizzato a fini elettorali. Stasera sono entrato nel penitenziario, ne ho percorso i bracci, ne ho visto le celle, spaventosi cubicoli di un metro e mezzo per tre, ho parlato con gli uomini che non hanno speranza di uscirne prima del 1980, 1990, 2000. Non mi è parso che l'esplosione di violenza di ieri sia stata preparata dal di fuori, che rappresenti un anello della catena del Nap, delle Brigate rosse o dell'eversione di destra. Sebbene alcuni dei rivoltosi si professino extraparlamentari, la loro protesta è stata, innanzitutto, sociale. Troppe prigioni italiane sono un inferno, che solo la riforma, e non la severità della legge, pos- j sono cambiare. Il dramma di Augusta, una | antica città di mare dominata dal castello di Federico II dal 1905 trasformato in pri- \ gione, è cominciato verso le 19 di ieri. Nell'assolata domenica, davanti al peniten-1 ziario, nei giardini pubblici, la gente passeggiava pigramente. Delle 76 guardie la maggioranza era in libera uscita, i 326 detenuti rientravano a poco a poco nelle celle. D'improvviso, la prima rivolta. Quattro carcerati, Giuseppe Ibbà, Giuseppe Lazzarino, Carlo Caponero e Marcello Salerno, tutti condannati, per omicidio, a pene varianti dai 20 anni di detenzione all'ergastolo, balzano sull'appuntato Antonino Carlozzo, gli puntano alla gola acuminate sbarre di ferro e rudimentali coltelli, lo costringono a scortarli fino al portone d'uscita. Le guardie si accorgono del tentativo di fuga e rifiutano di aprire. I quattro, disperati, prendono un secondo ostaggio. Salvatore Rinaldi, e si rinchiudono in una cella. E' scattato l'allarme, carabinieri e soldati stanno già accorrendo dal difuori. Altri due carcerati, Giuseppe San¬ I sone, 27 anni, da Vittoria, in provincia di Ragusa, e Gianfranco Mayer, di 29, da Cogollo del Cengio, in provincia di Vicenza, offrono la loro mediazione. Viene respinta da entrambe le parti. I due cambiano, allora, atteggiamento. Nella confusione, sei tra appuntati e guardie sono rimasti rinchiusi nei cortili, insieme con Roberto Maurini, di 36 anni, da Teramo, e con Michele La Criola, di 23, da Bari, li sopraffanno. Li trascinano nel braccio più lontano, al secondo piano, li costringono a spogliarsi, li legano e li imbavagliano. I sei ostaggi sono gli appuntati Giuseppe Mericio, Gaetano Padri, Salvatore La Bianca, tutti sui 45 anni, con almeno un ventennio di servizio ciascuno, e tre giovani guardie, Carmelo Paci, Antonio Artieri e Giovanni Novella. E' subito chiaro che versano in pericolo di morte. Mentre sui camminamenti si accendono le fotoelettriche e compaiono le forze dell'ordine coi fucili mitragliatori, le bombe lacrimogene e le maschere a gas, Giuseppe Sansone chiede infatti la libertà « pena l'uccisione di un ostaggio ogni ora ». La tremenda minaccia viene messa in atto all'una precisa dopo mezzanotte: Giuseppe Mericio, ferito da tre coltellate, una delle quali gli ha leso il polmone destro, è lasciato sanguinante su un pianerottolo delle scale; per soccorrerlo i ca- Ennio Caretto (Continua a pag. 2 in settima colonna) Siracusa. Angela Foresti sviene all'ingresso del carcere prima di andare a parlare con il figlio Giuseppe Sansone. A destra la compagna di Sansone con il bimbo di 11 giorni