Il Concorde a 2200 km all'ora vince la scommessa dell'aria di Alfredo Venturi

Il Concorde a 2200 km all'ora vince la scommessa dell'aria Prova generale sulla rotta Parigi-Dakar Il Concorde a 2200 km all'ora vince la scommessa dell'aria (Nostro servizio particolare) Parigi, 29 maggio. Volare sul Concorde a velo-cita mach 2 e oltre, qualcosa come 2200 chilometri l'ora. proiettati nel cielo fino a 19 mila metri di quota, potrebbe sembrare un'esperienza da io-gliere il fiato. Invece non lo è affatto: non fosse per il pannello digitale che segnala in rosso quella pazzesca velocità, per la leggera e costante inclinazione della cabina che denuncia la parabola che stiamo percorrendo, per le pacate informazioni dei tecnici di bordo («in questo momento la temperatura dell'aria esterna è di meno sessanta, quella dell'apparecchio, sempre esterna naturalmente, di più cento»), l'impressione di volo sarebbe assolutamente normale. Nonnaie il rumore, normale la climatizzazione delle cabine, normale il sorriso delle hostess e il loro accurato servizio. Siamo sul Concorde di se- rte numero 3 destinato all'Air France, testimoni direttameli-te coinvolti del primo fra i voli di resistenza prescritti dai regolamenti aerei internazìonali per il rilascio del cer tificato di navigabilità. I voli di resistenza, che riproducono tutte le condizioni del vero e proprio servizio commerciale, rappresentano una tappa intermedia fra i lunghi collaudi tecnici e l'entrata in linea dell'apparecchio, prevista per il gennaio '76 sulle rotte Parigi Dakar - Rio (Air France), e Londra - Bahrein ^British Airways;. A bordo di questo Concorde, per un volo Parigi-DakarParigi, c'è un gruppo di giornalisti internazionali, c'è il segretario ai trasporti Marcel Cavaillé, e ci sono i massimi dirigenti dell'Aerospaziale e di Air France. C'è un pilota dell'Aerospaziale, il comandante, e ci sono due piloti di Air France: dicono che questo sii personico si lascia guidare con facilità. Durante un col laudo, un pilota spense di col- Mezz'ora dopo un bruciante decollo da Roissy, dove il Concorde ci aspettava con po ima coppia di 7notori men tre volava a mach 2: non accadde niente, l'aereo semplicemente rallentò. quel suo naso curiosamente piegato verso terra, quasi a voler indagare sull'elemento estraneo, sorvoliamo Nantes e sbuchiamo sull'Atlantico. E' il momento chiave: finora il sorvolo delle zone abitate ha imposto la velocità subsonica, i quattro motori Olympus hanno marciato con un lieve ronzio, quasi seccati d'essere disturbati per così poco, per andare a meno di mille chilometri l'ora. Adesso, fra mare e cielo, si possono allentare le briglie. Il pilota comanda un meccanismo che trasferisce il carbu rante dai serbatoi anteriori a quelli di coda: spostatosi il baricentro, l'aereo punta il naso verso l'alto. Poi i motori vengono scatenati, si agisce sul meccanismo di post-combustione che riutilizza i gas di scarico. L'accelerazione transonica incolla ì passeggeri allo schienale: le cifre sul pannello digitale scorrono rapidamente. Eccoci a mach 1: qui non succede proprio niente, ma se laggiù c'è qualche pescatore bretone al lavoro deve sentire il rumore di tuono della barriera sonica sbriciolata. Il machmetro continua la sua marcia: uno e dieci, uno e venti, uno e cinquanta, mentre il Concorde vola verso Capo Finisterre. S'arriva a mach 2, e si brinda per festeggiare la nostra nuova qualità di passeggeri bisonici. A questo punto siamo in velocità di crociera, e il viaggio è senza storia. Un'ora e mezzo dopo il decollo si sorvola Madera. Siamo al culmine della parabola, a quasi venti chilometri dal suolo. A differenza dagli apparecchi subsonici, che percorrono una rotta rettilinea, o per meglio dire concentrica rispetto alla curvatura terrestre, il Concorde percorre infatti una curva. Dopo la fase subsonica, «rettilinea», l'aereo viene lanciato come un sasso la cui traiettoria, sapientemente predisposta da una complessa strumentazione, finirà esattamente nel punto in cui dovrà riprendersi la navigazione subsonica. II vetro del finestrino, più piccolo del normale, è caldo, denuncia un riflesso della tremenda temperatura esterna. E' tale infatti la velocità che, nonostante la rarefazione deiVaria e il gelo di queste altitudini, le superfici esterne dell'apparecchio raggiungono e superano i cento gradi. Non fosse per quella lega d'allumìnio che è uno dei maggiori successi dei costruttori anglofrancesi del Concorde, rischieremmo di andare arrosto. Ormai siamo vicini alle co- ste senegalesi: bisogna rientrare nella routine subsonica. Si torna sotto il mach 1, i motori ronzano tranquilli, si sorvola Dakar, si punta sull'aeroporto. Si atterra a poco meno di trecento chilometri all'ora, sulla pista tracciata fra le sterpaglie riarse dalla stagione secca. Il Concorde vuol vedere dove mette i piedi, e ha di nuovo piegato il naso verso terra. Sorretto dal cuscino d'aria che le grandi ali a delta comprimono contro il suolo, si posa dolcemente sul cemento. Sono passate due ore e 46 minuti dal decollo, poco dopo, al ritorno nella notte, faremo ancora meglio: due ore e 40 per più di 4600 chilometri. Ma ormai siamo abituati a considerare ordinaria amministrazione l'accelerazione transonica, il mach 2. Arriveremo, fra l'Atlantico e un cielo pieno di stelle, a toccare mach 2,07, ma ci dicono che il Concorde ha raggiunto il 2,12. Finalmente il bell'apparecchio riposa sulla pista di Roissy, ha vinto, come dice Cavaillé, un'ardita scommessa tecnica. Adesso deve vincere quella commerciale, e il discorso si fa più complesso: questo costoso prodotto di una tecnica raffinata è anche un oggetto utile? I francesi ne sembrano convinti, e confidano che l'anno prossimo, quando cominceranno i voli regolari, nessuna grande compagnia potrà fare a meno di un aereo destinato, dice un pilota, a conservare una prorompente giovinezza fino al Duemila. Alfredo Venturi

Persone citate: Madera

Luoghi citati: Bahrein, Dakar, Londra, Parigi