Alain Delon, il fascino dell'orgoglio

Alain Delon, il fascino dell'orgoglio Alain Delon, il fascino dell'orgoglio "In che cosa credo? La vita mi ha insegnato a credere in me" - "Sono uno degli ultimi animali mitologici sopravvissuti" (Dal nostro inviato speciale) Nizza, maggio. Un giardino con palmizi, un palazzotto Belle Epoque con Mercurio e Cibele Cornucopica ai due lati della marmorea scalinata, a Nizza. Si gira Lo zingaro, tratto da un romanzo di Joseph Giovanni che ne cura anche la regìa, con Alain Delon coproduttore e nel personaggio romantico e sciagurato di un gitano. Da tre giorni si filma la prima scena di Delon in tenuta zingaresca, stivaletti a punta, capelli impomatati, balletti neri. Una sequenza rapida e poco impegnativa per l'attore che trascorre le ore tra un ciak e l'altro sulla pieghevole sotto un pino: solo, scuro in volto, scostante, dietro lo scudo di un giornale. Tra mito e mestiere Da tre giorni a pochi metri di distanza, ignorati e ignorandolo (.uper carità, ci hanno avvertiti, che non prenda cappello sentendosi osservato»), attendiamo che si decida a concederci il raro privilegio di un'udienza. L'aria nel giardino profuma di pino, il sole è carezzevole, la situazione amena. Chiacchierando di Delon con questo e con quello aspettiamo che scenda dal suo piedestallo... e finalmente gli siamo accanto, sotto lo stesso albero che gli fa da baldacchino. — Signor Delon, lei è un mito, un mostro sacro che affascina la gente. Non è scomodo, in un'epoca dissacran te, dover restare sempre su un trono? Toccato risponde: «Solo un imbecille non ne sarebbe disturbato. Pero non diventerebbe mai un mito. C'è il prò e il contro in tutto. Io ho scelto questo mestiere. E per un attore, essere un mito è una consacrazione ». (Sulle spine, più gentile). « Cerchi di capire. Io sono uno degli ultimi animali mitologici sopravvissuti al nostro tempo. Non posso dire in pubblico ciò che mi pesa e ciò che di me non vale il mito... Se vedo migliaia di persone affollarsi intorno a me, penso: per chi, per quest'uomo? Quando Einstein camminava sui Champs Elysées nessuno si fermava. E' sproporzionato. Ma per la gente anche un mito ha un valore e forse anch'io dò qualcosa. Perciò quello che, della mia vita, eventualmente mi pesa non conta. Non si può pretendere di avere tutto (rimontando in sella). Mi chieda piuttosto se mi piacerebbe essere un altro. Ebbene no, mi piaccio e sto bene come sono. E se Dio mi proponesse: tutto ricomincia, gli risponderei: voglio essere ancora io ». L'ultimo ippogrifo, per il mondo. Ma sotto la maschera, chi è Alain Delon? Un suo coproduttore così ce lo aveva descritto: « E' il risultato di molte stratificazioni. Per l'uomo comune rappresenta il transfert della bellezza, del fascino misterioso e ambiguo, tra l'angelo e il demone. Di questo personaggio in parte costruito, Delon è il demiurgo e la vittima, imprigionato nel suo cliché. Ma dentro al cerchio magico c'è un ragazzo che è nato in un bassofondo, che ha fatto il garzone macellaio, che è cresciuto tra mille difficoltà, senza mezzi e nella frana della sua famiglia. Un giovane col complesso dell'infanzia che dice: "Non potrò mai perdonare ai miei genitori di avermi messo un fucile in mano quando avevo sedici anni per andare in Indocina". Un reduce che è tornato dalla guerra con una durezza in più. In questa struttura difficile è esplosa, con la celebrità e la ricchezza, la personalità forte, aggressiva, di un uomo che non può star fermo, maniaco dei viaggi (raggiunge un suo cavallo ovunque nel mondo corra), che fonda un'industria di voli charter e un impero cinematografico, dirigendoli personalmente, che vorrebbe avere cento vite, che inventa sempre nuove cose per occupare la sua eccezionale intelligenza. Un uomo che si è fatto da sé, che legge, segue, sa tutto: che qualunque cosa intraprenda non sbaglia mai, che fa l'attore per accidente ma riuscirebbe ugualmente bene in mille altre cose, che dice: "Mi sono formato sulla strada" con l'orgoglio con cui altri vantano Oxford o Harvard. E che ha sempre. i7i ogni sua attività, una vocazione naturale di caio ». Per convincerci dell'insolito ritratto di Delon, il nostro informatore aveva aggiunto: « Noti come tutto fila ordinato e senza chiasso su questo set, sotto l'occhio non distratto di Delon coproduttore: orari staccati, silenzio, efficienza. Il cinema di Delon è un'industria seria ». Il "set" come corte Interrompemmo. — A noi questo set hn fatto l'impressione di una corte feudale. «Mais oui», sorrise: «Il cerimoniale fa parte del mito dell'attore Delon, che è il capolavoro pubblicitario dell'industriale Delon! ». Riprendiamo l'intervista all'attore: — La sua vita romanzesca è nota a tutti, ma lei come essere umano è un mistero. Vorremmo sondarlo un po', lei permette? Per esempio, in che cosa crede, signor Delon? « Se mistero c'è in me, non sono io ad alimentarlo ma coloro che lo risentono. Tuttavia domandi pure, se la diverte. In che cosa credo? La vita mi ha insegnato a credere in me. Al mondo esisto io e questa è la mia fede. Ma per non sembrare egoista aggiungo: in me e in pochi altri esseri intorno a me. Quanto a Dìo, ho smesso di credergli a vent'anni. Tutto è cambiato nel momento in cui ho capito che la terra è rotonda, infinitesima nell'immenso universo e mi è apparsa la nostra nullità. Mi sono rinchiuso in me stesso ». — Ne ha sofferto? « Sì, moltissimo ». — Ne soffre ancora? « Sì, è uno strappo che non si rimargina ». — Che cosa ama, signor Delon? « E' una domanda da salotto. Che cosa vuole che le risponda: che amo il cioccolato, la carità, l'amicizia, ì sentimenti? Oggi amo la vita, domani la odio. Amo una donna e poi non la amo più. Come si fa u rispondere? ». — Pensa al domani? « Al dopodomani. Non in senso professionale perché del futuro dell'attore non mi importa, ma nel senso privato. Penso alla mia terza età. al futuro di mio figlio ». — Pensa al passato? « No, guardo sempre avanti. Del passato tengo quello che mi piace, i buoni ricordi. Il resto lo cancello ». — Ha delle paure? «Sì. ma non per me. Le mie paure sono in funzione di quella che io chiamo la mia famiglia, che non è necessariamente del sangue. Un'uni¬ ca cosa mi spaventa personalmente, la minorazione fisica. Non la morte dopo una breve sera, ma la vecchiaia handicappata, la sedia a rotelle, la malattia. Sono pronto a morire ma in piedi ». Gioco di società — Che cosa non farebbe mai? « Un'altra domanda da gioco di società. Che cosa devo risponderle: tradire un amico, uccidere mio figlio, sputare su mia madre? Ci sono mille cose che se le facessi non potrei più guardarmi allo specchio. Ecco la risposta: non farei mai nulla di cui dovessi poi vergognarmi ». E' quasi mezzogiorno, l'ora in cui tutto si ferma sul set. Tra poco l'intera troupe compreso Delon raggiungerà attraverso il giardino un salone spoglio per consumare in silenzio il pasto di cui già si diffondono gli effluvi dalla cucina-roulotte. Il più riservato degli attori del cinema, di cui non si ricorda tra le rare interviste che abbia mai parlato di sé, ha risposto con inattesa pazienza e cortesia (in italiano, che parla in modo perfetto ) a tutte le domande, anche se un paio di volte abbiamo temuto che ci piantasse in asso. Ad una comparsa che ha fatto tanti film con lui avevamo chiesto: « Che cosa fa Delon quando si arrabbia? » Sorridendo aveva risposto: « Gli succede spesso ma non fa mai scenate. Si chiude in se stesso e fa in modo che non gli si parli». Ci punge di fargli una domanda che con nove probabilità su dieci sarà male accolta. Corriamo il rischio... — Signor Delon, lei ama vestirsi di tutto punto con cravatta e gilet. Predilige so¬ brie automobili nere. Non dà quasi mai interviste. Spesso si atteggia a duro. Si aggiunga il mito in cui si rifugia, il divismo con cui si difende... Non saranno tutte muraglie di una torre che lei si costruisce intorno per nascondere una fragilità? « In francese c'è una battuta che dice: perché vedi mezzogiorno quando sono le due? Ci sono migliaia di automobili nere in Francia ed 10 stamattiìia sono venuto al lavoro in jeans. Lei vuol fare della psicoanalisi ma, mi perdoni, è lei stessa da psicanalizzare. L'auto nera, il gilet... ; che importanza hanno? PerI che vuole vedere cose dove | non c'è niente? (Dopo im si| lenzio) Ancora altre doman| de? ». — Una sola: che cosa ha j capito, lei che ha così inten- samente vissuto, della vita? « Questa è una domanda ] seria. Le rispondo: delle voii te mi sembra di avere capiI to tutto, delle volte nulla. Di una cosa soltanto sono sicuro sempre: un uomo si crea il I suo ambiente, ha delle perso| ne accanto, ma nasce e muore solo. Nella vita non c'è altra certezza, oltre al morire, che questa: la solitudine in cui si compie, dal primo giorno all'ultimo, il destino dell'uomo». — Ho finito, signor Delon. Però lei rimane un mistero. S'illumina in uno di quei suoi rari sorrisi che gli sciolgono il ghiaccio degli occhi (e gli fanno perdonare le mitologiche sgarberie). E mentre si allontana allegro sotto 11 sole, salutandoci dice: « Non se ne faccia un problema. Io sono soltanto un uomo di non facili rapporti... ma con naturalezza e senza falsità ». Laura Bergagna

Luoghi citati: Francia, Indocina, Nizza, Oxford