Tre fermi, forse la pista buona?

Tre fermi, forse la pista buona? Tre fermi, forse la pista buona? Ora ci si pongono molti perché. Perché è morto Mario Ceretto, perché i banditi lianno scelto la pericolosa strada d'un tentativo di cremazione e d'una sepoltura notturna a pochi passi da un gruppo di case. C'è un cadavere straziato e da questo corpo gli inquirenti attraverso gli esami necroscopici tentano di estrarre una traccia mentre i periti vagliano con esami chimici i pochi oggetti trovati nella tomba scavata tra i solchi. E, nello stesso tempo, si ìruga nel passato prossimo e remoto di quest'uomo venuto dalla gavetta: un impietoso ma necessario processo che coinvolge vita privata e di lavoro, conoscenti, amici ed eventuali nemici. Gli inquirenti fanno due ipotesi: 1) Ceretta è stato ucciso forse involontariamente dai suoi rapitori che poi se ne sono disfatti. 2) E' rimasto vittima di una vendetta che aveva come fine ultimo e preciso la sua morte. Per rispondere a queste domande si ripercorrono i pochi giorni trascorsi dal sequestro, avvenuto la notte fra giovedì e venerdì, tentando dì scoprire soprattutto nei « tempi » il comportamento dei banditi e. quindi, i loro moventi. Delle due ipotesi che hanno resistito al vaglio degli investigatori — rapimento o vendetta — prendiamo in considerazione per ora l'ultima: forse la meno attendibile alla luce dei risultati necroscopici, ma non ancora da escludere completamente. A puntellare questa supposizione l'attività e lo stesso luogo ove si svolgeva il lavoro della vittima: Cuorgnè, zona in cui da anni si combatte contro la speculazione edilizia con il risultato di trovarsi spesso di fronte un muro dì gomma. Più d'uno nel Canavese parla apertamente di mafia, di « racket delle braccia », In questo quadro e fra questa gente si esplica il lavoro di Mario Ceretio, proprietario di due fornaci. E quando si ha un'attività collaterale all'edilizia in una zona come Cuorgnè è difficile fare affari senza pestare i piedi a qualcuno di quelli che tirano le fila del « lavoro nero ». Tanto più con il carattere autoritario d'un uomo che si spezza ma non si piega. Qualcuno ha notato: « Il cadavere è stato bruciato in più parti: questo è Io stampo del tipico delitto mafioso i). Ma l'ipotesi d'una vendetta personale mostra in parecchi punti la corda. L'« Organizzazione » decìde d'uccidere? Ordina un attento esame delle abitudini della vittima designata, individua il momento propizio, incarica un sicario, che colpisce e non si preoccupa certo di portare via un prigioniero o un cadavere. E perché, in questo caso, tre o quattro colpi di manganello e non più semplicemente una revolverata? Perché il trasporto ad Orbassano ad un'ora d'auto da Cuorgnè? Una serie di domande che potrebbe proseguire. Rimane l'ipotesi del rapimento, per dirla nel gergo della malavita quella d'un « infortunio su! lavoro ». E' ancora l'autopsia ad avvalorare questa supposizione: « Ceretto è stato colpito al capo subito dopo il ratto con un corpo contundente grosso e senza asperità. Da questo trauma cranico, la morte ». Uno sfollagente? Un tubo? I rapitori, la notte del 22 maggio si trovano fra le braccia non un prezioso ostaggio ma un cadavere. Tutto questo, nel « covo » predisposto per tenere un prigioniero. Che, particolare che non può sfuggire a chi ricordi i sequesti del piccolo Garls, di Renato Lavagna e di Emilia Bosco, si trova nelle vicinanze di Orbassano: la zona Sud della città, il triangolo che compare puntuale ogni volta che a Torino sì parli di rapimenti. Torniamo a Mario Ceretto. Il tragitto da Cuorgnè alla zona di Orbassano ha richiesto tempo. L'industriale è stato aggredito alle 3, ora sono almeno le i-i e mezzo. Albeggia. Impossibile disfarsi d'un cadavere, bisogna aspettare. Ma, dicono gli esperti della scientifica, esiste il problema del « rigor mortìs » che comincia a manifestarsi 2-i ore dopo il decesso, diventa totale entro le 2i, ed è anticipato in caso di morte violenta. Quando torna il buio, il corpo è ormai completamente rigido. Doppiamente ingombrante, perché ora non può più essere ripiegato nel bagagliaio dì un'auto. Non può essere trasportato molto lontano. Bisogna disfarsene lì, sul posto. Il commando scava nella terra smossa, getta il cadavere, ricopre. Pensano forse: « Un rapimento andato male, ma un delitto che nessuno potrà mai scoprire ». Il macabro segreto dura in realtà solo pochi giorni. Ora c'è un uomo ucciso e straziato che accusa. Una risposta chiarificatrice po- \ Irebbe forse venire dagli interrogatori dei tre uomini «fermati» per collaborare alle indagini. Fra gli inquirenti c'è una certa soddisfazione: si pensa che la soluzione sia vicina. Sembra che le assicelle bruciacchiate rinvenute accanto al cadavere siano uguali a quelle di una catasta che si trova nel cortile della cascina dove risiede il Caggegi. Inoltre sarebbe stato trovato un testimone che nei giorni scorsi ha notato un falò o un principio d'incendio vicino alla casa. Sempre fra gli indizi vi sarebbero alcuni frammenti di stoffa bruciacchiata ritrovati nel cortile della cascina. I tre «fermati» sono stati trasferiti nelle caserme di Nichelino, Trofarello e Moncalieri per evitare che abbiano contatti fra di loro.

Persone citate: Ceretta, Ceretto, Mario Ceretio, Mario Ceretto, Renato Lavagna